Con riferimento a un’operazione di scissione societaria, la ripartizione del valore fiscalmente riconosciuto della partecipazione originariamente detenuta nella società scissa (articolo 173, comma 3, del Tuir) dovrà rispettare, in capo a ciascun socio, la proporzione esistente tra il valore effettivo delle partecipazioni ricevute in ciascuna società beneficiaria e della partecipazione che, eventualmente, residua nella stessa società scissa, rispetto al valore effettivo della partecipazione detenuta da ciascun socio nella società scissa prima dell’operazione stessa.
Questa, in breve sintesi, la conclusione dell’Agenzia delle Entrate nella risoluzione n. 52/E del 26 maggio 2015.
Con la risoluzione in esame, l’Agenzia delle Entrate si è pronunciata sulla corretta interpretazione del comma 3 dell’articolo 173 del Tuir, ai sensi del quale “Il cambio delle partecipazioni originarie non costituisce né realizzo né distribuzione di plusvalenze o di minusvalenze né conseguimento di ricavi per i soci della società scissa, fatta salva l’applicazione, in caso di conguaglio, dell’articolo 47, comma 7, e, ricorrendone le condizioni, degli articoli 58 e 87” dello stesso Tuir.
Il menzionato comma sancisce il principio di neutralità fiscale della scissione, oltre che in capo alle società partecipanti alla medesima, anche in capo ai soci della società scissa, statuendo che la sostituzione delle partecipazioni nella società scissa con le partecipazioni nella/e società beneficiaria/e della scissione, non genera materia imponibile, né costi fiscalmente deducibili, in capo ai soci (fatta salva l’ipotesi di conguagli in denaro, che concorreranno alla determinazione del reddito imponibile del soggetto percettore a seconda della natura del soggetto medesimo). Di conseguenza, per ciascun socio, la somma dei valori fiscali delle partecipazioni ricevute in cambio nella/e società beneficiaria/e – nonché dell’eventuale partecipazione residua nella società scissa – dovrà coincidere, necessariamente, con il valore fiscalmente riconosciuto delle partecipazioni rispettivamente detenute dai medesimi soci nella società scissa prima dell’operazione di scissione.
Il caso prospettato
Il caso prospettato riguarda un’operazione di scissione inversa di una società per azioni, che svolge attività di holding, detenendo partecipazioni in differenti società operative, partecipata a sua volta da quattro società semplici (tra cui l’istante) riconducibili, complessivamente e in parti eguali, a tre diversi nuclei familiari. Le società beneficiarie della scissione sono tre società a responsabilità limitata, tutte controllate dalla società scissa.
Per effetto della suddetta operazione straordinaria, la società scissa ha assegnato le partecipazioni detenute nelle società beneficiarie alle società beneficiarie stesse; le partecipazioni nelle società beneficiarie sono state, poi, attribuite, con riparto in parte non proporzionale, ai soci della società scissa in cambio delle partecipazioni originariamente detenute in quest’ultima. Più in particolare, in base a quanto stabilito nel progetto di scissione, la totalità delle partecipazioni attribuite da due delle tre società beneficiarie per effetto della scissione sono state assegnate, con riparto non proporzionale, esclusivamente a tre dei soci della società scissa, mentre la totalità delle partecipazioni attribuite dalla restante società beneficiaria sono state assegnate, con riparto proporzionale, a tutti i soci della società scissa in proporzione alla percentuale di partecipazione dagli stessi detenuta nella medesima prima della scissione.
A fronte del riparto non proporzionale delle partecipazioni nelle suddette società beneficiarie, al fine di mantenere invariato, per ciascun socio, il valore economico complessivo delle partecipazioni acquisite per effetto della scissione rispetto al valore economico della partecipazione nella società scissa detenuta prima dell’operazione medesima, le azioni precedentemente detenute nella società scissa sono state oggetto di riassegnazione fra i propri soci; in particolare, è stato ridotto il numero di azioni della società scissa detenute dai soci assegnatari – con riparto non proporzionale – delle partecipazioni in due delle tre società beneficiarie, ed è stato incrementato il numero di azioni detenute dal socio che non è stato assegnatario delle anzidette partecipazioni.
L’istante ha interpellato l’Amministrazione finanziaria ritenendo che, con riferimento al caso concreto prospettato, sussistano obiettive condizioni di incertezza sulla corretta interpretazione della disposizione sopra menzionata; tale lacuna non sarebbe stata colmata neanche con la risposta al quesito 7.2.3 contenuta nella circolare n. 98/2000, in quanto la medesima si basava sul presupposto che la scissione avvenisse con assegnazione proporzionale delle partecipazioni nelle società beneficiarie.
Il contribuente ritiene che, nella propria fattispecie, il valore fiscale delle partecipazioni nelle società beneficiarie a esso assegnate per effetto della scissione, nonché il valore della partecipazione residua nella società scissa, debbano essere determinati ripartendo il costo fiscale originario in proporzione a come si è ripartito, ai fini del rapporto di cambio, il valore effettivo ante scissione del patrimonio netto della società scissa tra la stessa società scissa e le società beneficiarie.
Inoltre, osserva l’istante in via generale, la suddivisione del costo della partecipazione originaria nella società scissa secondo un criterio di rigida proporzionalità rispetto a come si è ripartito il patrimonio netto contabile della stessa può portare a risultati palesemente non corretti dal punto di vista economico e non coerenti con la neutralità della scissione, in quanto vi sono, normalmente, significative differenze fra i valori contabili e quelli effettivi degli elementi patrimoniali oggetto di scissione.
Infine, l’istante ricorda che il medesimo principio è previsto, a livello normativo, per quanto attiene alle scissioni intracomunitarie, stante il disposto di cui all’articolo 2, comma 5, del Dlgs 544/1992, trasfuso nell’articolo 179, comma 4, del Tuir. Detta norma prevede, infatti, che il valore fiscale delle azioni o quote date in cambio in attuazione delle predette operazioni si ripartisce “tra tutte in proporzione dei valori alle stesse attribuiti ai fini della determinazione del rapporto di cambio”.
Il parere dell’Agenzia
L’Agenzia delle Entrate, preliminarmente, evidenzia come il dato normativo non fornisca alcuna indicazione in merito al criterio da utilizzare per la ripartizione del costo fiscale originario tra le partecipazioni assegnate nella/e società beneficiaria/e e la partecipazione che, eventualmente, residua nella società scissa.
Tuttavia, nella relazione illustrativa all’articolo 1 del Dlgs 543/1992 (con il quale era stata, in origine, introdotta la disciplina fiscale delle scissioni societarie di cui all’articolo 123-bis del previgente Tuir, trasfuso poi, con talune modifiche, nell’attuale articolo 173), il legislatore tributario ha affermato che “il valore fiscalmente riconosciuto della partecipazione originaria si trasferisce sull’insieme di quelle ricevute in cambio e della eventuale quota non sostituita della partecipazione originaria, ripartendosi tra tutte in proporzione dei valori alle stesse attribuibili ai fini della determinazione del rapporto di cambio”.
Le indicazioni fornite dal legislatore nella suddetta relazione conducono, pertanto, l’Agenzia delle Entrate a sostenere che, ai fini della ripartizione del costo fiscale delle partecipazioni originariamente detenute nella società scissa, occorra fare riferimento alla suddivisione del valore effettivo del patrimonio netto della società scissa tra le società partecipanti alla scissione e a come la predetta suddivisione si rifletta sul valore effettivo delle partecipazioni attribuite e/o rimaste a ciascun socio per effetto della scissione medesima. In particolare, con riferimento a ciascun socio, la suddivisione del valore fiscalmente riconosciuto della partecipazione originariamente detenuta nella società scissa dovrà rispettare la proporzione esistente tra il valore effettivo delle partecipazioni ricevute in ciascuna società beneficiaria – e della partecipazione che, eventualmente, residua nella stessa società scissa – rispetto al valore effettivo della partecipazione detenuta da ciascun socio nella società scissa prima dell’operazione di scissione stessa (che, salve le ipotesi di concambio sperequato, coinciderà con il valore effettivo complessivo delle partecipazioni attribuite e/o rimaste per effetto del concambio delle partecipazioni originarie).
Ad esempio, si supponga che un socio A detenga una partecipazione in una società X, il cui valore economico sia pari a 100, e che, a seguito di un’operazione di scissione parziale non proporzionale, riceva una partecipazione nella società beneficiaria Y di nuova costituzione, il cui valore economico sia pari a 80, residuando, in capo al medesimo socio A, una partecipazione nella società scissa X, il cui valore economico risulta, per differenza, pari a 20; a questo punto, il valore fiscale della partecipazione originariamente detenuta dal socio A nella società scissa X, in base alla metodologia sopra evidenziata, dovrà essere attribuito, per l’80%, alla partecipazione ricevuta nella società beneficiaria Y e, per il restante 20%, alla partecipazione che residua nella società scissa X, a prescindere dalla percentuale di partecipazione al capitale sociale attribuita al socio A, rispettivamente, nella società scissa e nella società beneficiaria per effetto della scissione medesima.
Infine, l’Agenzia delle Entrate precisa che il suddetto criterio deve essere applicato anche alle ipotesi di scissione proporzionale, superando le istruzioni precedentemente fornite con la circolare 98/2000 (paragrafo 7.2.3) che avevano indicato, quale metodo di ripartizione del costo fiscale originario delle partecipazioni nella società scissa, quello proporzionale rispetto “al valore netto contabile del patrimonio trasferito alle beneficiarie e di quello eventualmente rimasto nella scissa”.