Pubblichiamo la lettera di Francesco Managò, Comandante della Polizia Municipale di Palmi (RC), indirizzata al conduttore televisivo Carlo Conti, per segnalare il mancato riconoscimento dell’impegno profuso dalla categoria nelle zone terremotate.
Qui di seguito il testo della lettera, pubblicata anche sul profilo Facebook del Comandante. Riportato anche il commento introduttivo del post pubblicato sulla piattaforma social.
Seppur ormai privo di voce e di forza di volontà nel portare avanti battaglie che ritengo perse in partenza, non mi sono potuto trattenere dallo scrivere una mail a Carlo Conti, che premetto di stimare molto come professionista, per essersi dimenticato completamente della nostra categoria. E’ una novità? Non lo è affatto, dovremmo esserci abituati, eppure ci indigniamo ancora come scemi. Il contatto, che è quello dello studio legale che ritengo curi le sue pubbliche relazioni, l’ho ricavato dal suo web site. Non sarà neanche letta questa mail, ma non ce l’ho fatta a non esternargli il mio disappunto.
Questo è il testo:
Preg.mo avvocato,
appuro dal sito web ufficiale di Carlo Conti che il suo studio gestisce i contatti per suo conto e, immagino, le pubbliche relazioni. Mi piacerebbe far presente a Carlo, che stimo oltremodo come professionista serio, sensibile e attento, che tra le centinaia di persone che lavorano diuturnamente nelle zone terremotate vi sono decine di uomini e donne appartenenti ai Corpi di Polizia Locale di tutta Italia che, nel momento del bisogno, sono partiti volontariamente per prestare il loro aiuto e che svolgono, da mesi, funzioni di Protezione Civile e di vigilanza anti-sciacallaggio.
L’iniziativa di tributare, nella prima puntata del Festival, un riconoscimento ai vigili del fuoco, al soccorso alpino, alla Guardia di Finanza, alla Croce Rossa per l’evento terribile di Rigopiano è stata lodevole e degna di ammirazione. Il conseguente ringraziamento anche ai Carabinieri ed alla Polizia di Stato, non presenti in studio, per le attività da essi prestate nelle aree terremotate e per il contributo nella gestione quotidiana della sicurezza è stato altrettanto lodevole, ma mi permetto di esternare, nella qualità di Comandante di un Corpo di Polizia Locale e di Commissario della Delegazione Calabria dell’Associazione Nazionale Comandanti e Ufficiali di Polizia Locale, il mio rammarico per aver ricevuto un’ulteriore mortificazione per la mia categoria, già abbondantemente umiliata da provvedimenti normativi che la penalizzano e la mortificano.
Noi siamo quelli meno visibili, siamo solo quelli “che fanno le multe”…. ma quando svolgiamo importanti operazioni di polizia giudiziaria non ne parla nessuno, quando col nostro sudore garantiamo alla collettività città vivibili e ordinate non ne parla nessuno, quando prestiamo soccorso alle nostre popolazioni non ne parla nessuno. Parlare bene della Polizia Locale evidentemente non è ritenuto vantaggioso, vi sarà qualche fatwa che non conosco. Noi certamente non stiamo sui palcoscenici, stiamo per strada a lavorare giorno e notte per far si che altri possano salirci. Noi siamo accanto agli altri colleghi delle forze di polizia statali nel garantire sicurezza, mettiamo le mani nel fango e tra le macerie assieme a loro, condividiamo le stesse tende e le stesse mense, ma non siamo uguali agli occhi dei media, non lo siamo agli occhi dello stesso Stato che ci ostiniamo a servire come quei cani che vengono maltrattati, ma che restano sempre fedeli al loro padrone.
Qualcuno dovrebbe spiegare alle centinaia di familiari dei nostri caduti in servizio, il cui elenco cresce annualmente, che le vite dei loro cari non valevano quanto quelle di altri colleghi, perchè in uno Stato dove la disuguaglianza sociale assume contorni sempre più tragici, anche la vita dei suoi servitori ha un diverso valore in base al colore dell’uniforme che indossa quando cade nell’adempimento del dovere. Si, perchè i familiari del collega Savarino, travolto, trascinato e ucciso da un SUV che tentava di fermare a Milano, non hanno alcun diritto a indennizzo, perchè egli non era un vero poliziotto, era un surrogato al quale si chiedeva di fare il poliziotto, al quale la legge imponeva di fare il poliziotto, al quale la coscienza ed il senso del dovere dicevano di fare il poliziotto, ma al quale lo Stato non vuole riconosce NULLA, per non scontentare qualcuno!!!!
Ma cosa ce lo diciamo a fare, ormai ci siamo tristemente abituati ad essere dimenticati, se non addirittura oltraggiati e aggrediti dalle uniche immagini che si fanno passare quando si parla di Polizia Locale, ovvero il vigile in mutande che timbra il cartellino. Mai che si contrapponga a quella ignobile immagine quella della striscia di sangue sull’asfalto lasciata da qualche collega ucciso, che magari era convinto che fare il proprio dovere valesse qualcosa!
Grazie per l’attenzione.