A Roma gli “Stati generali del Vending” organizzati da Confida: l’obbligo della memorizzazione elettronica e trasmissione telematica dei corrispettivi che scatterà il primo aprile prossimo è già costato 45 milioni alle aziende. Il presidente Lazzari: “Vogliamo un fisco trasparente ma che sia sostenibile”.
Sono 45 i milioni di euro che il settore della Distribuzione Automatica di cibi e bevande, il cosiddetto vending, sta spendendo per adeguarsi all’obbligo della memorizzazione elettronica e trasmissione telematica dei corrispettivi introdotto dal decreto legislativo 127/2015 che scatterà dal primo aprile 2016. La cifra, resa nota da Confida in occasione delgli “Stati generali del Vending” organizzati a Roma presso la sede nazionale di Confcommercio, dipende dal cambio di gettoniere, dispositivi cashless (le cosiddette “chiavette”), acquisto e aggiornamento di software, acquisto di palmari e smartphone di cui le aziende del settore si devono dotare per poter essere pronte a inviare i dati all’Agenzia delle Entrate. “Il settore si è comportato in maniera molto responsabile – ha spiegato il presidente di Confida, Piero Angelo Lazzari – e si sta adeguando all’obbligo di legge. Ciò non toglie che si tratta un provvedimento la cui attuazione ricade pesantemente sulle spalle delle nostre aziende. L’adeguamento a questa normativa comporta costi economici e ‘ore uomo’ che avrebbero potuto essere utilizzate più proficuamente per lo sviluppo e l’innovazione con la conseguenza di far crescere l’occupazione”.
I 45 milioni ricadono peraltro prevalentemente sulle pmi del settore, che rappresentano l’80% delle aziende. La riforma, peraltro, interviene in un momento di rallentamento del mercato e in generale dei consumi alimentari “Il mercato del vending che lo scorso anno cresceva del +3,4% – ha continuato il presidente di Confida- quest’anno subisce una frenata e registra una leggera perdita del -0,1%. D’altronde questo riflette la situazione generale in cui versano in consumi alimentari nel nostro Paese che secondo i dati Istat hanno segnato un calo di circa l’1%”. Per il settore inoltre non è stata prevista alcuna agevolazione fiscale che in genere viene accompagnata a una misura di tale portata come capitò negli anni Novanta con l’introduzione dei registratori di cassa per i negozi quando fu erogato un credito d’imposta prorogato anche negli anni successivi. “Mi rendo interprete della profonda preoccupazione delle imprese del settore – ha proseguito Lazzari – per invocare un criterio di equità e riaffermare quanto sia necessario stabilire un rapporto di fiducia tra imprese e Amministrazione fiscale sulla base del riconoscimento di un reale sostegno. Per questo abbiamo presentato proposte emendative al disegno di Legge di Bilancio 2017 per una estensione dell’iper-ammortamento al 250% per l’acquisto delle apparecchiature e software necessari. Sarebbe un’autentica una boccata d’ossigeno per il settore”.
Ma non è finita qui. Perché L’Agenzia delle Entrate, come anticipato nel provvedimento del 30 giugno 2016 considera questo adeguamento solo una “fase transitoria” che dovrebbe terminare il 31 dicembre 2022 per poi passare ad una fase a regime mediante nuove e aggiuntive applicazioni e procedure. Soluzioni, che secondo le indiscrezioni trapelate, costerebbe al settore dieci volte tanto. “Abbiamo calcolato un costo di circa 400 milioni di euro per il settore, un drenaggio finanziario incomprensibile ed insopportabile che porterebbe immediatamente il nostro settore a collassare con immediate e drammatiche ripercussioni occupazionali per i 30 mila addetti”, ha precisato il presidente di Confida. E’ per questo che nel corso del convegno Confida ha chiesto con forza che “si verifichino i risultati dei primi anni di sperimentazione. Se i dati riscontrati saranno in linea con le attese dell’Amministrazione Finanziaria, allora vorrà dire che le soluzioni in vigore dal primo aprile prossimo saranno da ritenersi sufficientemente adeguate e rispondenti ai criteri di trasparenza e certezza su cui si fonda la riforma fiscale”. e a proposito di fisco Lazzazri ha chiesto che “anche nei confronti del nostro settore si usi la stessa flessibilità che è stata adottata per le altre categorie. Il nostro settore rischia il default senza credito d’imposta ne agevolazioni fiscali”.
“Il vending è un eccellenza del Made in Italy. Il nostro settore conta 300 operatori e 35 mila addetti e concorre in modo importante alla crescita del Pil in questo Paese”. “Noi vogliamo dare – ha concluso lazzari – grande disponibilità per un fisco trasparente ma sostenibile.Il nostro settore rischia il default senza credito d’imposta ne agevolazioni fiscali