Spetta il risarcimento del danno esistenziale da ritardo al minore con disabilità e ai genitori in caso di mancata predisposizione del c.d. “progetto individuale di vita” da parte del Comune.
Ecco la nota dell’Avvocato Renzo Cavadi alla Sentenza del TAR. della Calabria del 5 ottobre 2023 n. 748.
Va riconosciuto il risarcimento del danno non patrimoniale patito tanto dai genitori quanto dalla minore disabile, quale conseguenza diretta e immediata della mancata evasione dell’istanza tendente alla predisposizione in favore di quest’ultima, riconosciuta portatrice di handicap in situazione di gravità, ex art. 3 comma 3 l. n. 104 del 1992, del cd. progetto individuale di vita di cui all’art. 14 legge n. 328 del 2000, che ciascun Comune di riferimento deve predisporre, d’intesa con le aziende unità sanitarie locali, nell’ambito delle risorse all’uopo rese disponibili, su richiesta dell’interessato.
Difatti nel caso di violazione dei diritti del minore disabile costituzionalmente garantiti e protetti può farsi luogo al risarcimento del danno esistenziale, che è individuabile negli effetti che la diminuzione (anche temporanea) delle ore di assistenza ha sullo sviluppo del disabile in situazione di gravità, in considerazione dell’interruzione del processo di promozione dei suoi bisogni di cura, di istruzione e di partecipazione a fasi di vita “normale“, e quantificabile in via equitativa, trattandosi di nocumenti di natura non economica, ai sensi degli artt. 1226 e 2056 cc.
Sulla base di tali considerazioni, Il TAR CALABRIA, con un’importante pronunzia del 5 ottobre 2023 n. 748, (Est. R. Mazzulla), si è soffermato su una questione di grande interesse per la tutela dei diritti dei soggetti “deboli”, ammettendo la possibilità del risarcimento del danno non patrimoniale a beneficio del minore disabile grave e dei propri genitori, quale conseguenza della mancata evasione dell’istanza tendente all’attivazione da parte dell’Ente locale, del c.d. “Progetto Individuale” d’assistenza per le persone disabili, che ogni Comune ex lege, deve predisporre d’intesa con le unità sanitarie locali, naturalmente nell’ambito delle risorse disponibili.
- Il fatto da cui è scaturito il contenzioso
- Il successivo ricorso al TAR CALABRIA e la prima decisione non definitiva del collegio sul mancato obbligo di provvedere da parte dell’amministrazione comunale
- Il contestuale rinvio processuale per la trattazione sulla domanda di risarcimento dei danni
- La decisione definitiva dei giudici amministrativi
- Considerazioni finali
- Note
Il fatto da cui è scaturito il contenzioso
I genitori di una minore affetta da disabilità grave ai sensi all’art. 3 della legge 5 febbraio 1992, inviavano in data 17 febbraio 2022 formale richiesta tramite PEC indirizzata all’amministrazione comunale affinchè l’Ente locale, si attivasse, in collaborazione con la ASL, per la predisposizione del “Progetto Individuale per la persona disabile” a beneficio della richiedente.
Nonostante l’invio formale della predetta istanza, a causa anche del silenzio serbato da parte dell’amministrazione comunale, la stessa rimaneva priva di riscontro.
Il successivo ricorso al TAR CALABRIA e la prima decisione non definitiva del collegio sul mancato obbligo di provvedere da parte dell’amministrazione comunale
I genitori della minore affetta da patologia grave, ritenendosi lesi nei loro diritti in relazione al mancato riscontro da parte dell’Ente locale, decidevano di ricorrere in giudizio di fronte al TAR CALABRIA, chiedendo in via preliminare, di accertare processualmente ex art 31 e 117 cpa, l’illegittimità del silenzio mostrato dal Comune, in relazione all’obbligo dell’amministrazione di provvedere.
In subordine, i ricorrenti chiedevano l’accertamento giurisdizionale del diritto al risarcimento dei danni patiti dagli stessi oltre che dalla minore, in conseguenza del ritardo dell’amministrazione comunale nell’evasione dell’istanza inoltrata in data invocando in particolare il disposto di cui all’art. 2 bis, commi 1 ed 1 bis L. n. 241/90.
Tale forma di inerzia da parte dell’Ente locale, veniva giudicata illegittima da parte del TAR CALABRIA attraverso una prima sentenza non definitiva (n. 110 del 23 Gennaio 2023).
Più precisamente gli stessi giudici amministrativi, accogliendo tramite rito camerale, la prima delle due domande, ordinavano all’amministrazione comunale di pronunziarsi sull’istanza presentata dai genitori attraverso un provvedimento espresso, da rendersi naturalmente entro il termine di 30 giorni dalla notificazione della sentenza.
Il contestuale rinvio processuale per la trattazione sulla domanda di risarcimento dei danni
Nel contempo però, ai sensi dell’art. 117 comma 6 c.p.a., il Collegio amministrativo rinviava il processo, con udienza fissata al 14 giugno 2023, per la trattazione separata dell’ulteriore domanda risarcitoria proposta da parte ricorrente per i motivi di cui sopra, nei confronti della stessa amministrazione comunale.
Ciò premesso, ai fini della comprensione dell’articolata motivazione della successiva decisione adottata dal Collegio Amministrativo in relazione alle doglianze sollevate da parte ricorrente, è doveroso rilevare come il Comune non si sia costituito benchè fosse ritualmente evocato in giudizio.
E inoltre non si è neanche costituita l’ASL, peraltro anche lei invocata in giudizio, come primo soggetto referente coinvolto nella predisposizione e nella stesura del progetto individuale di assistenza alla minore disabile, per come previsto dal nostro ordinamento all’art. 14 della legge n. 328/2000.
La decisione definitiva dei giudici amministrativi
Per i giudici del TAR CALABRIA, la soluzione da adottare per dirimere il caso di specie, deve preliminarmente passare, dal prendere posizione intorno alla questione concernente la richiesta di accertamento del diritto al risarcimento danni da “semplice ritardo”, avanzata nei confronti dell’amministrazione comunale, la quale in questo caso, non può trovare accoglimento.
Il Collegio Amministrativo a tal proposito, è deciso nel richiamare precedente giurisprudenza ampiamente convergente sul punto secondo la quale, la richiesta di accertamento del diritto al risarcimento dei danni da cd. “ritardo mero”, ex art. 2 bis comma 1 bis, “non può essere accolta, giacché non risulta che i ricorrenti, a fronte dell’inerzia dell’amministrazione comunale, abbiano preliminarmente fatto ricorso al potere sostitutivo di cui all’art. 2 comma 9 bis l. n. 241/90, quale condizione legittimante la risarcibilità del danno in parola” (T.A.R. Sicilia, sez. II, 16/01/2023, n.128).
Ciò premesso, i giudici amministrativi non hanno invece dubbi nell’ammettere senza condizioni, la richiesta risarcitoria sotto forma di danno non patrimoniale, (sofferto tanto dal minore disabile quanto dai genitori), da configurarsi quale effetto diretto ed immediato “della mancata evasione dell’istanza tendente alla predisposizione in favore di quest’ultima, riconosciuta portatrice di “handicap in situazione di gravità”, ex art. 3 comma 3 L. n. 104/92, per come documentato in atti, del cd. progetto individuale di vita di cui all’art. 14 L. n. 328/2000”.
Ciò premesso, per dare un senso alla richiesta di risarcimento danni non patrimoniali invocati in giudizio, per gli stessi giudici del TAR CALABRIA, ai fini della risoluzione della controversia sottoposta all’attenzione del Collegio Amministrativo, occorre inevitabilmente passare a esaminare la natura giuridica, la ratio e la disciplina del c.d. progetto individuale di vita e di assistenza previsto dal nostro ordinamento.
In particolare i giudici amministrativi precisano che trattasi di uno strumento avente come oggetto “un progetto finalizzato alla piena integrazione delle persone disabili di cui all’art. 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, nell’ambito della vita familiare e sociale, nonché nei percorsi dell’istruzione scolastica o professionale e del lavoro” che, ed è questo un aspetto fondamentale “ciascun Comune di riferimento deve predisporre, nell’ambito delle risorse all’uopo rese disponibili, su richiesta dell’interessato”.
Ebbene tale progetto è disciplinato dall’articolo 14 comma 1 della legge n. 328 del 28 novembre 2000 (Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali), e viene attivato da ogni Ente locale, il quale provvede in collaborazione con l’azienda sanitaria locale alla predisposizione della stesura dello stesso. Tale progetto ai sensi del comma 2 del citato articolo comprende “oltre alla valutazione diagnostico-funzionale o al Profilo di funzionamento, le prestazioni di cura e di riabilitazione a carico del Servizio sanitario nazionale, il Piano educativo individualizzato a cura delle istituzioni scolastiche, i servizi alla persona a cui provvede il comune in forma diretta o accreditata, con particolare riferimento al recupero e all’integrazione sociale, nonché le misure economiche necessarie per il superamento di condizioni di povertà, emarginazione ed esclusione sociale. Nel progetto individuale sono definiti le potenzialità e gli eventuali sostegni per il nucleo familiare”.
Naturalmente considerato che nel caso di specie, si discute di un evidente danno da ritardo legato alla mancata attivazione degli obblighi di provvedere da parte dell’amministrazione comunale, l’occasione per il TAR CALABRIA, è propizia per ricordare come il risarcimento richiesto in sede giurisdizionale, così come del resto confermato da consolidata giurisprudenza amministrativa (Cons. St., IV, 8 marzo 2021, n. 1923; T.A.R. Lazio, Roma, sez. III, 11/05/2022, n. 5892), può essere riconosciuto e concesso soltanto nel caso in cui “ venga dimostrata la spettanza del bene della vita ovvero che si dimostri che, con ragionevole probabilità, l’Amministrazione dovrà accogliere l’istanza del privato, sulla quale non ha provveduto, accordandogli così il bene della vita con essa richiesto”.
Ebbene nel caso in oggetto, la dimostrazione della fondamentale e imprescindibile spettanza del bene della vita si ricava “non solo dall’ampia documentazione medica versata agli atti del giudizio” ma anche e soprattutto “dall’accertamento giurisdizionale, di natura cautelare, già operato dal Tribunale di Reggio Calabria, sezione lavoro, che, con l’ordinanza del 17.01.2019, in atti, ha condannato l’Azienda Sanitaria a provvedere, direttamente o indirettamente, in favore del minore, all’erogazione di 20 ore settimanali di terapia con metodo ABA ovvero, in subordine, a sostenere l’onere economico di tale terapia con diritto di rivalsa dei ricorrenti”.
Ciò premesso, come specificato nelle doglianze sollevate dalla parte ricorrente, la mancata evasione da parte dell’amministrazione comunale del più ampio progetto di individuale di vita (di cui peraltro il trattamento riabilitativo a cura del Servizio Sanitario Nazionale, rappresenta una parte fondamentale e integrante ai sensi dell’articolo 14 della legge 328 del 2000), “ha certamente creato disarmonie ed inefficienze, così quanto meno aggravando lo stato di prostrazione psico-fisica in cui normalmente versa anche il più “attrezzato” genitore di un bimbo disabile”.
Tutto questo assume un eco di risonanza ancora più forte, se solo si considera “la pervicace inerzia dell’amministrazione comunale a fronte dell’istanza di attivazione del progetto (risalente ai mesi di febbraio del 2022), protrattasi anche in epoca successiva alla definizione del rito silenzio, tanto da necessitare la nomina del Commissario ad acta, nella persona del Prefetto”. Ebbene tali circostanze, concernenti il cd. an debeatur, rientrano inevitabilmente “tra i cd. fatti di comune esperienza che, come tali, devono ritenersi provati in via presuntiva ed indiziaria, ex art. 2729 c.c.”.
Di fatto in tale circostanza i giudici amministrativi, ritengono di non discostarsi da un consolidato orientamento giurisprudenziale, su cui la Sezione si era già espressa in passato attraverso la sentenza n. 16 del 14 gennaio 2013 [1]. Tale pronunzia del resto, sostiene che “nel caso di violazione dei diritti del minore disabile costituzionalmente garantiti e protetti può farsi luogo al risarcimento del danno esistenziale, che è individuabile negli effetti che la diminuzione (anche temporanea) delle ore di assistenza ha sullo sviluppo del disabile in situazione di gravità, in considerazione dell’interruzione del processo di promozione dei suoi bisogni di cura, di istruzione e di partecipazione a fasi di vita “normale”.
Continuano i giudici amministrativi: “il danno di tipo esistenziale è inteso come ogni pregiudizio (di natura non meramente emotiva e interiore, ma oggettivamente accertabile) provocato sul fare a-reddituale del soggetto, che alteri le sue abitudini e gli assetti relazionali propri, inducendolo a scelte di vita diverse quanto all’espressione e realizzazione della sua personalità nel mondo esterno” Va precisato che, proprio tale forma ed accezione di danno esistenziale, per come elaborato in dottrina e interpretato da parte della giurisprudenza, viene utilizzata, per i soggetti “la cui esistenza non è in partenza minata da disabilità psico-fisiche, e rispetto ai quali, dunque, il pregiudizio è più immediatamente percepibile, passandosi da una situazione originaria di pienezza ad una di limitazione.”
Nel caso poi ancora più particolare concernente i soggetti minori e disabili gravi, come quello della fattispecie sottoposta all’attenzione del TAR CALABRIA, per il Collegio Amministrativo, la definizione di pregiudizio (e soprattutto la sua necessità probatoria, cui è legata a doppio filo la conseguente risarcibilità), “deve dunque tenere conto del fatto che esso incide su esistenze, le cui abitudini ed i cui assetti si presentano già gravemente compressi e portatrici di condizioni di forte sofferenza”. Il comportamento ritenuto lesivo non è, quindi, meramente limitativo ed impeditivo di una pur meritevole aspirazione di vita, ma è un comportamento negligente che omette di rimuovere, in una situazione che per di più per il soggetto è anche di assolvimento di un obbligo (nella specie quello scolastico), quei limiti incolpevoli da cui il destinatario, soggetto particolarmente debole in quanto disabile e pure minore d’età, è gravato”.
In un contesto del genere, assume rilievo assoluto lo strumento processuale delle c.d. presunzioni semplici [2]. Attraverso tali meccanismi procedurali, ogni giudice infatti “può sopperire alla carenza di prova, ma non anche al mancato esercizio dell’onere di allegazione, concernente sia l’oggetto della domanda (o dell’eccezione) che le circostanze in fatto su cui la stessa si fonda. È evidente, infatti, che trattandosi di un pregiudizio relativo ad un bene immateriale, la prova per presunzioni è non solo ammissibile, ma è invero la prova principale” (T.A.R. Calabria, sez. I, 30/12/2017, n. 990; 13/01/2016, n.39; T.A.R. Sicilia, sez. I, 21/11/2016, n. 2679; 22/04/2016, n.975; T.A.R. Campania, sez. IV, 25 settembre 2012, n. 3936).
In relazione poi alla circostanza che la mancata attivazione dell’amministrazione, (finalizzata all’evasione della richiesta avanzata al Comune per la tutela del minore disabile), abbia determinato direttamente e con immediatezza “nocumenti non patrimoniali a carico della sfera giuridica della minore, che fin qui non ha potuto beneficiare del progetto di vita in discussione, è altrettanto evincibile, sempre in via presuntiva, da tutte le circostanze di fatto summenzionate”.
Infine, ammessa la possibilità della richiesta di risarcimento del danno non patrimoniale (sotto forma di danno esistenziale), per il Collegio Amministrativo, rimane soltanto da perimetrare quantitativamente il nocumento subito e vedere quale giusta somma spetta dunque alla parte ricorrente. Ebbene in tal senso i giudici del TAR CALABRIA, convengono con l’idea che, trattandosi di nocumenti di natura non economica, gli stessi secondo giurisprudenza costante (Cass. Civ. Sez. IV, 13 aprile 2022 n. 11930), possono essere quantificati secondo il combinato disposto dagli articoli 1126 e 2056 c.c. “legittimanti la liquidazione degli stessi in via equitativa”.
La quantificazione del danno segue dunque concretamente il disagio patito dalla minore e dai propri genitori, per avere atteso invano il mancato riscontro dell’amministrazione comunale, con riferimento alla precisa richiesta di attivazione da parte dell’Ente locale del c.d. Progetto Individuale di vita per come previsto dall’articolo 14 della legge n. 328/2000.
La domanda di parte ricorrente è dunque perfettamente fondata e il ricorso deve essere accolto. Come conseguenza della decisione adottata, per il TAR CALABRIA va condannata l’amministrazione locale la cui inattività rectius il proprio silenzio, era già stato dichiarato peraltro illegittimo, giusta precedente sentenza n. 110 del 23 gennaio 2023 da parte dello stesso Tribunale Amministrativo.
Considerazioni finali
La decisione adottata dai giudici del TAR CALABRIA conferma un certo trend giurisprudenziale rappresentativo di una nuova stagione per il diritto amministrativo.
Si tratta di una visione dinamica e poliedrica, collegata a una lettura in chiave moderna dei diritti fondamentali della Carta Costituzionale, anche alla luce del ruolo sempre più penetrante esercitato dai principi del diritto unoniale, orientati da un lato, a salvaguardare la tutela della persona in generale e dall’altro, a mettere inevitabilmente sempre più in primo piano, la protezione dei diritti dei soggetti deboli riconosciuti dal nostro ordinamento.
Secondo il Collegio Amministrativo in particolare, nel caso di violazione dei diritti del minore disabile (costituzionalmente garantiti e protetti), tra cui spicca la mancata predisposizione per quest’ultimo del progetto individuale sopra delineato, spetta il diritto al risarcimento del danno non patrimoniale, sotto forma di danno esistenziale, che si traduce negli effetti legati allo sviluppo del minore in situazione di gravità a seguito della diminuzione (anche temporanea) delle ore di assistenza da parte dello Stato.
I Giudici del TAR CALABRIA, non possono fare a meno di notare, stigmatizzando l’inerzia della P.A., come tale diritto risarcitorio è la naturale conseguenza, dell’interruzione del processo di sviluppo e promozione dei bisogni di cura, assistenza, istruzione e di partecipazione a fasi di vita “normale” del minore disabile.
Nella visione dei giudici amministrativi si ricava che Il danno di tipo esistenziale, infatti, va inteso come ogni pregiudizio (provocato nella sfera non patrimoniale del soggetto), che sconvolga le sue abitudini e alteri le proprie dinamiche di tipo relazionale con il mondo esterno, obbligandolo a inevitabili scelte di vita differenti, con particolare riferimento alla realizzazione dello sviluppo della propria personalità nel contesto sociale.
Note
(1) La predetta decisione aveva ad oggetto un caso di mancata assegnazione a soggetti minori gravi di assistenti specializzati. Va segnalato come siffatta pronunzia, ricalca a sua volta, un noto precedente giurisprudenziale amministrativo applicabile sul punto ed in particolare la sentenza del T.A.R. Palermo n. 1842 del 13 ottobre 2011.
(2) Dispone il comma 1 dell’articolo 2729 c.c. che “le presunzioni semplici per come indicate non stabilite dalla legge sono lasciate alla prudenza del giudice, il quale non deve ammettere che presunzioni gravi, precise e concordanti. Il successivo comma 2 afferma che: “Le presunzioni non si possono ammettere nei casi in cui la legge esclude la prova per testimoni”.