rispetto-degli-altri-rispetto-delle-regoleSpesso si fa confusione ritenendo che il rispetto delle regole equivale al rispetto degli altri. Ma cosa succede quando le regole sono fatte da chi non ha rispetto degli altri?

Quando si perde il controllo del governo democratico, è facile che questo accada, specialmente quando un governo è ufficialmente democratico, ma di fatto è una oligarchia controllata a sua voltada un governo sovraordinato, come lo può essere l’Europa e da un deep state a cui dare e non dare la responsabilità a seconda dei casi.

Quando oltretutto tutto questo è strutturato a piramide, significa che se per puro caso al vertice abbiamo qualche psicopatico ben istruito, perché sono quelli che di solito possono fare carriera nel nostro sistema occidentale, la frittata è fatta.

Non bisogna considerare le persone psicopatiche, quelle classiche da manicomio, gestiti con la camicia di forza, ma anzi, persone che a volte sono affascinanti e possono essere buoni attori che usano bugie e distorsioni per tenere in piedi le relazioni senza alcun obiettivo, oltre al piacere di ingannare o danneggiare gli altri.

Le persone con disturbo antisociale di personalità non si prendono cura di nessuno se non di sé stesse e possono essere in grado di comprendere le emozioni degli altri, ma non soffrono di vergogna o senso di colpa per il dolore che potrebbero causare, invece, usano la loro conoscenza delle debolezze degli altri per ottenere favori o per manipolare un risultato.

L’aggravante è che i tratti della personalità antisociale sembrano essere altamente ereditabili. I ricercatori hanno anche trovato alcune risposte fisiologiche che possono verificarsi più frequentemente nelle persone con disturbo antisociale di personalità.

Quindi, è facile che una famiglia potente, possa avere una certa continuità psicopatica nella gestione del potere negli anni.

Disturbo antisociale di personalità (DAP)

Il disturbo antisociale di personalità (DAP), in passato denominato psicopatia e sociopatia, è un disturbo di personalità caratterizzato principalmente da inosservanza e violazione dei diritti degli altri, comportamento antisociale, deficit di empatia e di rimorso, emozioni nascoste, egocentrismo e inganno.

Per definizione, le persone con questo disturbo non seguono le norme della società, ossia delle regole sociali definite naturali (da non confondere dalle regole dettate da norme), sono ingannevoli e intimidatorie nelle relazioni e non tengono conto dei diritti degli altri.

Le persone con questo tipo di personalità inoltre possono facilmente prendere parte ad attività criminali, e qualora lo facciano, non proveranno rimorso per le loro azioni dannose.

Le attività criminali, fatte da persone di potere sovragovernative, non sono il furto di auto, la rapinao l’estorsione, ma hanno contesti molto più ampi e di difficile catalogazione, concepiti forse solo nei tribunali internazionali dove si trattano i crimini contro l’umanità.Sono persone che riescono a controllare l’informazione e i governi, con semplici tecniche conosciute da tutti, ma che funzionano sempre, per la disattenzione dei popoli, che sempre sono a tutt’altro affaccendati.

La loro prima regola è fare in modo che ci sia proprio una disaffezione alla politica e che la gente si allontani dalla partecipazione politica e passi al concetto qualunquista di : “piove, governo ladro”.

Infatti, è sempre più evidente nei cittadini un atteggiamento di forte insoddisfazione nei confronti della politica. Tanto da arrivare a chiedersi se davvero la politica è importante, se c’è ancora spazio e disponibilità per un impegno civile che abbia come obiettivo il benessere della collettività.

Distanza tra cittadini e politica

I cittadini avvertono una distanza sempre maggiore della politica dalla loro sfera quotidiana, dai loro interessi, da ciò che ritengono importante e vitale, e rispondono con altrettanta distanza, con un disamore e un disincanto che li portano a considerare la politica appannaggio di un ristretto gruppo di professionisti da cui non si sentono più rappresentati. Diventa forte la tentazione di chiudere con la partecipazione, di non credere più che ci siano strade percorribili per far sentire la propria voce, mediare con le richieste degli altri e rendere possibile la cooperazione.

C’è da chiedersi se questa è una vera conseguenza del processo politico o se questa cosa è mossa e voluta da chi è in grado di far percepire un certo sentimento, con le classiche tecniche di ingegneria sociale.

Bisognerebbe riflettere se la percezione di tutto quello che noi viviamo e il sentimento di distacco dalla politica sia per forza consequenziale e capire che i problemi non nascono, come si sarebbe portati a credere, dalla corruzione della classe politica, né da un distacco dagli ideali democratici.

Disillusione

Responsabili della disillusione attuale sono piuttosto certe “patologie” caratteristiche della nostra società: anzitutto il prevalere dell’individualismo e del consumismo, che portano a cercare benefici personali e non collettivi; poi un atteggiamento di forte cinismo, che genera una sfiducia totale nelle parole dei politici; infine, una rinnovata fortuna del qualunquismo, che rende incapaci di vedere la complessità della politica.

Quello di cui abbiamo bisogno è una politica “amatoriale”, che si contrapponga all’attuale arena professionalizzata e trasformista con il nuovo mito del post-ideologico, come se la propria identità possa definirsi non in base a scelte, schieramenti e idee del presente, ma sentendosi qualcuno o qualcosa in quanto post-qualcuno e/o post-qualcosa, poiché tali definizioni hanno la finzione di esorcizzare un passato ideologico come strumento di legittimazione di scelte politiche o culturali altrimenti non definibili nell’attuale contesto storico.

Nessuno però si definisce post-liberale, in un mondo che accetta acriticamente il capitalismo globale come proprio destino ineluttabile, che non avrebbe certo bisogno di definizioni ideologiche, poiché il neo-capitalismo si afferma non sulla libera volontà individuale, ma sulla non scelta, sull’adeguamento massificato al consumismo, sul coinvolgimento forzato nel mercato globale.

Le attuali strutture politiche e sociali non richiedono consenso e partecipazione e non necessitano di qualificazioni ideologiche. E’ per questo occorre che i cittadini si trasformino in “dilettanti competenti”, capaci di civismo e volontariato, disposti ad accogliere con realismo efficace le sfide della convivenza civile, fondata prima di tutto sulle leggi naturali, prim’ancora che nelle regole partorite da psico-incompetenti.

Una convivenza che non debba affermare qualcosa che rinneghi il passato ideologico, sentito oggi come colpa epocale collettiva, che solo con il tradimento e l’oblio è possibile espiare, ma che anzi parta proprio da quella ideologia, oggi data per morta, come parte integrante della nostra identità (o post-identità), che possa definirsi un’eclissi e non un tramonto della stessa, madre di tutte le battaglie.

 


Fonte: articolo di Roberto Recordare