Negli ultimi 2 anni le banche hanno erogato a famiglie e imprese quasi 100 miliardi di euro in meno. Con meno soldi a disposizione e la disoccupazione in aumento, il rischio usura assume dimensioni sempre più preoccupanti al Sud: soprattutto in Campania, Calabria e Abruzzo.

A lanciare l’allarme è il segretario della CGIA, Giuseppe Bortolussi:

“A seguito della forte contrazione dei prestiti praticata dalle banche alle famiglie e alle imprese, c’è il pericolo che l’usura, soprattutto nel Mezzogiorno, assuma dimensioni preoccupanti”.

Tra la fine del 2011 e lo stesso periodo del 2013, fa sapere l’Ufficio studi della CGIA, la diminuzione degli impieghi bancari alle famiglie e alle imprese è stata di quasi 100 miliardi di euro: precisamente 97,2 miliardi. Se le prime hanno subito una contrazione di 9,6 miliardi (- 1,9%) , le seconde hanno registrato una flessione pari a ben 87,6 miliardi di euro (-8,8%).

“Oltre agli effetti della crisi economica e al calo della domanda di credito – prosegue Bortolussi – questa forte riduzione dell’erogato è stata dovuta anche al deciso aumento delle sofferenze bancarie che a giugno di quest’anno ha toccato la cifra record di 168 miliardi di euro”.

A fronte di una progressiva crescita del credit crunch avvenuta in questi ultimi anni, la CGIA rileva che il rischio usura è presente soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno. Dall’analisi dell’indice realizzato ormai da più di 15 anni dall’Ufficio studi della CGIA, emerge che nel 2013 la Campania, la Calabria, l’Abruzzo, la Puglia e la Sicilia sono le realtà dove la “penetrazione” di questo drammatico fenomeno ha raggiunto i livelli maggiori.

“In buona sostanza – prosegue Bortolussi – con la forte stretta creditizia e l’aumento della disoccupazione, che hanno contribuito a ridurre i livelli di reddito soprattutto al Sud, c’è il pericolo che l’usura, già presente in questi territori in misura maggiore che altrove, assuma dimensioni ancor più preoccupanti”.

Le cifre riportate più sopra sul “credit crunch” sono state elaborate dall’Ufficio studi della CGIA su dati della Banca d’Italia. L’indice del rischio usura, invece, è stato calcolato mettendo a confronto alcuni indicatori regionalizzati riferiti al 2013: quali la disoccupazione, i fallimenti, i protesti, i tassi di interesse applicati, le denunce di estorsione e di usura, il numero di sportelli bancari e il rapporto tra sofferenze ed impieghi registrati negli istituti di credito.

In pratica è stato individuato questo indice attraverso la combinazione statistica di tutte quelle situazioni potenzialmente favorevoli alla diffusione dello “strozzinaggio”

“Con le sole denunce effettuate all’Autorità giudiziaria – conclude Bortolussi – non è possibile dimensionare il fenomeno dell’usura: le segnalazioni, purtroppo, sono ancora molto poche. Per questo abbiamo incrociato i risultati di ben 8 sottoindicatori per cercare di misurare con maggiore fedeltà questa emergenza. Ciò che pochi sanno sono le motivazioni per le quali molte persone cadono tra le braccia degli strozzini. Oltre al perdurare della crisi, sono soprattutto le scadenze fiscali a spingere molti piccoli imprenditori nella morsa degli usurai. Per i disoccupati o i lavoratori dipendenti, invece, sono i problemi finanziari che emergono dopo brevi malattie, brutti infortuni o a seguito di appuntamenti familiari importanti, come un matrimonio o un battesimo”.

Ritornando alla metodologia di calcolo di questo indice, si evince che nelle aree dove c’è più disoccupazione, alti tassi di interesse, maggiore sofferenze, pochi sportelli bancari e tanti protesti, la situazione è decisamente a rischio. Ebbene, rispetto ad un indicatore nazionale medio pari a 100, la situazione più critica si presenta in Campania: l’indice del rischio usura è pari a 164,3 (pari al 64,3% in più della media Italia), in Calabria a 146,6 (46,6% in più rispetto alla media nazionale), in Abruzzo si ferma a 144,6 (44,6% in più della media Italia), in Puglia a 139,4 (39,4% in più della media nazionale) e in Sicilia il livello raggiunge quota 136,2 (36,2% in più della media Italia). Mentre la realtà meno “esposta” a questo fenomeno è il Trentino Alto Adige, con un indice del rischio usura pari a 51,8 (48,2 punti in meno della media nazionale). Anche la situazione delle altre 2 regioni del Nordest è abbastanza rassicurante: il Friuli Venezia Giulia, con 72,2 punti, e il Veneto, con 73,1 punti, si piazzano rispettivamente al penultimo e terzultimo posto della graduatoria nazionale del rischio usura.

FONTE: CGIAMestre

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