La riqualificazione degli impianti sportivi comunali e la gestione gratuita: ecco alcuni chiarimenti sull’art. 5 del D.Lgs 38/2021.


Uno dei decreti più importanti per l’attuazione della riforma dello sport è il decreto legislativo 28/02/2021 n.38, “recante misure di riordino e riforma delle norme di sicurezza per la costruzione e l’esercizio degli impianti sportivi e della normativa in materia di ammodernamento o costruzione di impianti sportivi”, entrato in vigore il 1° gennaio 2023. L’entrata in vigore del decreto ha permesso di fissare le norme in materia di costruzione, ristrutturazione, gestione e sicurezza di tutti gli impianti sportivi, compresi quelli adibiti ad uso scolastico.

Il decreto n. 38 definisce, innanzitutto, l’impianto sportivo in maniera ampia come la struttura, posta all’aperto o in un locale chiuso, preposta allo svolgimento di manifestazioni sportive e formata da uno o più spazi destinati ad un solo o in più sport facendovi rientrare in tale nozione anche le zone riservate agli spettatori o ai servizi accessori e di supporto.

Riqualificazione impianti sportivi comunali e gestione gratuita

In questo approfondimento mi concentrerò solo su uno degli articoli di questo complesso provvedimento e specificamente sull’art. 5, relativo alle procedure di affidamento degli impianti sportivi pubblici a favore di associazioni e società sportive senza scopo di lucro, le cui previsioni, unitamente a quelle dell’intero decreto delegato, avrebbero dovuto rispondere ai seguenti criteri stabiliti dalla legge delega (L.86/2019):

  • semplificazione e accelerazione delle procedure amministrative;
  • individuazione di un sistema che preveda la possibilità di affidamento diretto dell’impianto già esistente alla società o associazione utilizzatori.

L’affidamento diretto della gestione ad associazioni e società sportive non aventi scopo di lucro (art. 5) prevede la presentazione all’ente locale, sul cui territorio insiste l’impianto sportivo da rigenerare, riqualificare o ammodernare, un progetto preliminare accompagnato da un piano di fattibilità economico finanziaria per la rigenerazione, la riqualificazione e l’ammodernamento e per la successiva gestione, con la previsione di un utilizzo teso a favorire l’aggregazione e l’inclusione sociale e giovanile. La durata dell’affidamento diretto sarà proporzionale al valore dell’investimento e non potrà avere una durata inferiore a 5 anni.

Regole per l’affidamento diretto

La norma, dunque prevede che solo le a.s.d. o s.s.d. senza scopo di lucro possano accedere all’affidamento diretto. Quindi, una società con scopo di lucro non potrebbe essere beneficiaria di questa disposizione di affidamento di un impianto sportivo pubblico che, quindi, letta così potrebbe rappresentare una limitazione, in quanto non consente a soggetti con scopo di lucro di intervenire con i propri capitali per la riqualificazione dell’impianto richiesto, con tutte le connesse conseguenze ovvero limitare la platea di soggetti disposti ad investire nella gestione di un impianto sportivo, soprattutto di soggetti con patrimonio adeguato per tale scopo. Prevale il concetto che nessun privato possa avere un utile (lucro soggettivo) dalla gestione di un impianto sportivo pubblico. Già in questa limitazione si ravvisa una prima criticità: la necessità di tenere gli impianti in buono stato di manutenzione richiede ampi investimenti. Consentendo ai privati investitori di intervenire con propri capitali remunerati anche con la diretta partecipazione agli utili, si potrebbe avere una maggior numerosità di soggetti disposti a rischiare i propri capitali nella gestione di un impianto sportivo.

Destinazione “sociale” dell’impianto

La scelta del legislatore sembra motivata dalla prevalente destinazione “sociale” dell’impianto sportivo (utilizzo teso a favorire l’aggregazione e l’inclusione sociale e giovanile). Questa destinazione d’uso dell’impianto sportivo si fonda però solo su una progettualità dichiarata in idonee relazioni gestionali prospettiche, demandando poi di fatto allo stesso ente pubblico locale il costante monitoraggio sulla concreta attuazione dei proclami. Ciò porta ad un affidamento che consiste in un atto di “fiducia” dell’ente pubblico sull’impegno del gestore, fiducia che ridimensiona il suo valore considerando che l’aggregazione e l’inclusione sociale e giovanile rappresentano quasi sempre elementi intrinseci dell’utilizzo di impianti sportivi. Resta allora la più complessa verifica del rispetto dei progetti operativi ex post da parte dell’ente pubblico, piuttosto che la valutazione ex ante dei propositi aggregativi e inclusivi del potenziale gestore; verifica di carattere qualitativo a seguito della quale potrebbe intervenire un provvedimento di revoca.

Ad ogni modo, si evidenzia che dalla lettura dell’art. 5 gli impianti oggetto di affidamento diretto sono quelli idonei a produrre un margine positivo derivante dalla gestione, dato che l’affidamento è condizionato alla presentazione all’ente locale di “un progetto preliminare accompagnato da un piano di fattibilità economico finanziaria per la rigenerazione, la riqualificazione e l’ammodernamento”; quindi necessariamente deve trattarsi di un’operazione sostenibile da un punto di vista economico e finanziario, al fine di dare copertura agli investimenti da effettuare.

Si tratta di due documenti richiesti dalla norma e cioè il “progetto preliminare” accompagnato dal “piano di fattibilità economico finanziaria”, il cui contenuto minimo non viene codificato e, di fatto, demandato al singolo proponente concessionario. La norma si riferisce a due fattispecie non presenti nel Codice dei contratti pubblici, a conferma che tutto il procedimento dell’art.5 non è assoggettato alle norme del D.Lgs 36/2023.

La gestione gratuita

Il punto rilevante della disposizione è la gestione gratuita dell’impianto affidata direttamente all’associazione, una volta riconosciuto l’interesse pubblico del progetto. L’affidamento diretto deve evidentemente essere coerente con il principio di imparzialità a cui è tenuta la pubblica amministrazione: l’imparzialità della pubblica amministrazione rappresenta uno dei capisaldi dell’azione amministrativa pubblica. Affidare “direttamente” un bene pubblico ad un privato per la gestione e peraltro “gratuitamente” e senza un confronto competitivo rappresenta certamente un rischio per l’amministratore locale in mancanza di regole certe e condivise a livello nazionale. Sorge quindi la necessità di un procedimento di tipo selettivo: peraltro non sono da escludere forme di prelazione a favore delle associazioni proponenti, poiché la giurisprudenza amministrativa è possibilista per le ipotesi di prelazione in fattispecie non assoggettate al codice dei contratti pubblici.

La gestione gratuita è stata interpretata come “favor” per le associazioni, che quindi non sarebbero tenute a pagare un canone all’ente locale per gestire l’impianto. Questa ricostruzione appare poco significativa, poiché le associazioni si fanno carico degli investimenti e non ha senso definire gratuita la conseguente gestione. Inoltre, nelle concessioni della gestione di servizi il pagamento del canone è solo eventuale (le norme del codice dei contratti pubblici sulla concessione di servizi non prevedono come elemento obbligatorio il canone a carico del concessionario).

Ulteriori considerazioni

Nella prassi, gli enti locali che hanno avviato procedimenti per applicare l’art.5 hanno inteso la gestione gratuita a favore della stessa pubblica amministrazione, che concede la gestione dell’impianto senza sopportare alcun onere.  Tale prassi conferma che il contratto “a titolo gratuito” di concessione in gestione dell’impianto sportivo prevede obblighi (di investimento e di servizio) e sacrifici economici a carico del concessionario, che deve eseguire gli investimenti previsti e gestire l’impianto sportivo rispettando la destinazione sociale dello stesso.

C’è da sottolineare, in conclusione, che la gestione “gratuita” a favore dell’ente locale non esclude un’eventuale contribuzione a carico dello stesso, quando tutta l’operazione non è in grado di sostenersi da sola. Il contributo in questo caso consentirebbe di coprire lo squilibrio economico derivante dalla gestione “sociale” dell’impianto. Del resto, la gratuità negli accordi tra pubbliche amministrazioni ed organismi non lucrativi sarebbe preservata anche quando la contribuzione pubblica si limiti a coprire esclusivamente i costi diretti dell’attività, senza alcuna possibilità, neanche astratta, di perseguire un utile da parte dell’associazione che nel caso specifico gestisce l’impianto sportivo.


Fonte: articolo di Roberto Onorati