Molte le partite decisive che si stanno “giocando” in questi giorni, dal divieto di pubblicità all’aumento del prelievo fiscale, fino alle norme restrittive sull’installazione di nuovi apparecchi di gioco. Molti fronti e molti attori: mai come oggi, infatti, il tavolo dei lobbisti appare confuso e diviso, con scontri feroci che lo agitano al proprio interno.
La partita su scenari e limiti dell’azzardo legale in Italia è più aperta che mai. Come sempre, il peso specifico dei gruppi di interesse può “pesare” molto, ma talvolta accade che a decidere le sorti sia un granello di sabbia, tanti e tanto delicati sono i nodi critici che si credevano risolti ma, giiorno dopo giorno, si rinserrano. E viceversa.
Il fronte dei Monopoli
Dopo le dimissioni di un pezzo da novanta come Luigi Magistro dal ruolo di vicedirettore dell’ADM, l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, per mission istituzionale “garante della legalità e della sicurezza in materia di apparecchi e congegni da divertimento ed intrattenimento per assicurare la trasparenza del gioco”, le lobbies sono impegnate in un lavoro di pressione – come ricordato nel dicembre scorso da Stefano Sansonetti su La Notizia – per evitare di trovarsi scoperte. Forse non hanno ancora digerito il tentativo di inalzamento del Preu, il prelievo erariale unico ovvero la “tassa sulle macchinette” e sospettano che anche dalle sedi dell’ADM si cominci a non guardare più in faccia nessuno prima di decidere o suggerire decisioni.
Sia come sia, al momento ai Monopoli ci sono tre direttori centrali: Roberto Fanelli, direttore dei tabacchi e ad interim del gioco; Fabio Carducci, direttore dell’accertamento; Italo Volpe, direttore della normativa.
Il fronte interno
Troppo delicata la questione, in un contesto che rende possibile ogni cosa. Gli equilibri – lo dimostra, da ultimo, il caso delle banche di credito cooperativo – sono quanto mai incerti e troppe iniziative non unitarie avrebbero se non minato, quanto meno complicato la stabilità di quella che appare ( o appariva) ai più come una lobby compatta, ossia Sistema Gioco Italia, aderente a Confindustria.
Il 29 dicembre del 2014, come rileva un’interpellanza parlamentare presentata il 20 gennaio scorso da Mariano Rabino di Scelta civica, Sisal avrebbe scollegato 1800 Vlt dalla rete (riaccendendole in seguito per limare l’aggravio fiscale a suo carico conseguente alla legge di Stabilità. Questo avrebbe acceso gli animi e dato il via alla stagione del “tutti contro tutti”, anche se – conferma un tecnico del settore – ancora “non è possibile dar luogo a scissioni eclatanti. Tutto è possibile, ma a logica il danno di immagine che ne deriverebbe sarebbe enorme”.
Nel testo dell’interpellanza di Rabino si fotografano tracce di questo (possibile) conflitto, là dove si legge: considerato “l’ulteriore versamento da parte dei concessionari di giochi pubblici (delle sole slot machine, e Awp) nella misura complessiva di euro 500.000.000, entro i mesi di aprile ed ottobre, da suddividersi tra i 13 concessionari in proporzione al numero di VLT ed AWP ad essi riferibili, alla data del 31 dicembre 2014 (…) risulta che Sisal Entertainment abbia provveduto alla ‘dismissione’ di ben 1800 VLT in data 29 dicembre 2014 (due giorni prima del conteggio di ADM), e che in questi giorni sia in corso una febbrile attività di ripristino delle 1800 VLT temporaneamente ‘dismesse’; Sisal Entertainment ha ridotto temporaneamente la propria quota di mercato (giusto i due o tre giorni prima e dopo il conteggio del 31 dicembre), traendo un vantaggio economico di almeno 2,5 milioni di euro”.
Ovviamente – e qui sta il punto – il comportamento di Sisal non sarebbe piaciuto agli altri 12 concessionari del gioco publlico, da qui i contrasti che si agitano sotto la pelle dello Stato.
Il fronte che spaventa: Regioni e comuni
Oggi più che mai le sotto quella pelle può accadere di tutto. Anche che in un settore commercialmente saturo come quello delle slot, si paventi un provvedimento che porterebbe alla riduzione di 1/3 delle “macchinette” installate sul territorio (attualmente 410 mila, anche se nel settore si afferma che quelle realmente operanti siano già scese a 38 0mila). Questo nel 2017 e questo sempre e se il Governo varasse realmente quel provvedimento di riordino dei giochi che, ufficiosamente, circola in bozze sulla stampa specializzata.
Sia come sia, le preoccupazioni del settore sembrano confermare che l’aria che tira non piace a tutti. Non piacerebbero nemmeno i vincoli di spazio e confinamento in apposite sale separate, come precondizione per le installazioni.
Così, il provvedimento in capo dal Ministero dell’Economia e delle FInanze, ossia la bozza attuativa della legge Delega fiscale, rischia di diventare un vero e proprio boomerang, non solo per i concessionari (o per alcuni di loro), ma anche per i gestori.
Se è vero che i rappresentati dei tabaccai (il Sindacato Totoricevitori) ha chiesto udienza al sottosegretario Baretta, ribadendo la propria preoccupazione, stavolta, più che per i futuri provvedimenti del governo, per quelli delle leggi regionali che – qui si apre un altro fronte – a detta loro il Governo dovrebbe frenare:
Dal comunicato stampa del Sindacato Totoricevitori Sportivi: “Abbiamo richiesto un definitivo superamento delle distanze da luoghi sensibili introdotte da Regioni e Comuni, al fine di riportare i giochi nel loro alveo naturale: la riserva statale in materia. Il nostro obiettivo è quello di far capire chiaramente al legislatore che la tenuta del comparto dei giochi pubblici passa necessariamente per la salvaguardia della rete fisica costituita dalle nostre aziende”.
Un fronte si apre, un altro non si chiude. E qualcosa, nel mezzo, per il fronte delle lobbies, si è inceppato davvero.
FONTE: VITA (www.vita.it)
AUTORE: Marco Dotti