Parte la Riforma del Lavoro del Governo Renzi con le prime deleghe sul Jobs Act esercitate dall’Esecutivo: il Consiglio dei Ministri del 24 dicembre ha approvato il decreto attuativo sul nuovo contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti, con relative novità in materia di licenziamenti (articolo 18) e ammortizzatori sociali (con formula del “salvo intese”). L’obiettivo, dichiarato nella legge delega 183/2014 (comma 7, lettera b), è: «promuovere, in coerenza con le indicazioni europee, il contratto a tempo indeterminato come forma comune di contratto di lavoro rendendolo più conveniente rispetto agli altri tipi di contratto in termini di oneri diretti e indiretti».
Per raggiungerlo, un duplice intervento: la defiscalizzazione contributiva inserita nella Legge di Stabilità per le assunzioni a tempo indeterminato stipulate nel 2015 (che rende questa tipologia contrattuale più appetibile dal punto di vista economico per le imprese) e il decreto attuativo del Jobs Act appena approvato, che introduce il contratto a tutele crescenti.
Il nuovo contratto indeterminato a tutele crescenti prevede che, per i nuovi assunti, cambi definitivamente la disciplina dell’articolo 18. In pratica, il diritto al reintegro resta solo per i licenziamenti discriminatori illegittimi, mentre viene abolito per quelli economici (giustificato motivo oggettivo, come la crisi e la riorganizzazione aziendale) – per i quali la riforma Fornero aveva previsto una sorta di doppio binario (indennizzo economico o reintegro su decisione del giudice), sostituito da un indennizzo economico pari a 2 mensilità per ogni anno di lavoro, con un minimo di 4 e un massimo di 24. Niente opting out, ossia la possibilità per l’azienda (anche davanti a sentenza di reintegro del giudice), di reinserire il dipendente in organico pagando un indennizzo più alto. Era un’ipotesi di cui si era parlato nei giorni scorsi, ma che non rientra nel testo approvato (sarebbe stato eccesso di delega, ha spiegato il premier Renzi).
Anche per i licenziamenti disciplinari viene sostituito il reintegro con un indennizzo, tranne che nel caso in cui l’impresa lasci a casa un dipendente per un fatto insussistente. Prevista una sorta di procedura di conciliazione veloce, per cui il datore di lavoro può offrire una mensilità di ogni anno di anzianità, con un minimo di due (evitando di andare in contenzioso). Novità dell’ultim’ora: le nuove regole si applicano anche ai licenziamenti collettivi, non solo a quelli individuali.
Il CdM del 24 dicembre ha anche iniziato la discussione su un’altra delega relativa al Jobs Act, quella sugli ammortizzatori sociali con la riforma dell’ASPI, l’assicurazione generale per l’impiego, che viene estesa a una platea più ampia (comprensiva dei collaboratori a progetto (forma contrattuale che però, quando sarà operativa l’intera riforma dei contratti, pare destinata a sparire) e che durerà 24 mesi (invece degli attuali 18).
Segnaliamo anche che in CdM è stata approvata la nomina di Tito Boeri come nuovo presidente INPS. Sempre nello stesso Consiglio dei Ministri, è stato approvato il «il Milleproroghe più light della storia degli ultimi anni», con una ventina di rinvii normativi. E poi ancora: 36 mesi di tempo per salvare l’ILVA (passaggio del gruppo all’amministrazione straordinaria e stanziamento di 2 miliardi di interventi); decreto attuativo della delega fiscale in materia di certezza del diritto (meno abuso del diritto, riforma reati tributari, collaborazione tra imprese e Fisco).
FONTE: PMI (www.pmi.it)
AUTORE: Barbara Weisz