Riforma degli Enti Locali, ecco l’agenda ANCI presentata al termine del consiglio nazionale: l’associazione richiede al governo che verrà, e soprattutto al Parlamento quando potrà iniziare a lavorare, offrono un’agenda a tutto campo delle questioni che interessano gli amministratori locali.
La proposta di legge elaborata dall’Anci si pone l’obiettivo di “liberare” i Sindaci e gli amministratori locali da tutti quegli ostacoli che impediscono un’attività continuativa e regolare durante il loro mandato e, soprattutto, li impegnano in attività e compiti anacronistici.
I sindaci vogliono solo pari condizioni democratiche nell’accesso a tutte le cariche elettive, e che sia garantito il pieno diritto di elettorato passivo superando una disciplina anacronistica e che li rende diseguali rispetto, ad esempio, ai presidenti di regione. Nel nostro ordinamento si sono stratificate norme ed obblighi risalenti nel tempo che non rispondono in alcun modo al ruolo dei sindaci, alla complessità delle funzioni assegnate ai Comuni e alla stessa evoluzione della Pubblica amministrazione in generale.
E’ giunto il tempo di fare ordine, dando coerenza e adeguatezza. Ad esempio, che c’entra il sindaco con l’ ordine di sequestro di merce avariate? Che c’entra il sindaco con l’autorizzazione del TSO posto che è già stato accertato e dunque ritenuto necessario da chi è tecnicamente competente?
Il paradosso: oggi i nostri sindaci sono chiamati a compiere atti puntuali di varia natura di carattere squisitamente tecnico, e ne rispondono eventualmente, ed invece non hanno i poteri di programmazione rispetto ad alcuni temi. Allo stesso tempo i Sindaci rispondono direttamente degli effetti di atti di gestione compiuti dai dirigenti, nonostante la vigenza del principio di separazione fra indirizzo politico e gestione.
Ad esempio che c’entra il sindaco con l’assegnazione di una causa ad un avvocato scelto in autonomia dal dirigente? Che c’entra il sindaco con il rilascio di una concessione di occupazione di suolo pubblico eventualmente illegittima? La proposta mira inoltre ad introdurre misure di semplificazione amministrativa e ordinamentale che servano a sostenere i processi di crescita socio‐economica.
Peraltro, in un’era caratterizzata dall’utilizzo di tecnologie talmente evolute da non essere addirittura necessario un luogo fisico come contenitori di dati, nonché dall’evoluzione del Codice dell’Amministrazione Digitale, si è voluto affermare il principio fondamentale per cui non può essere richiesta ai Comuni qualsiasi rilevazione, comunicazione, rendicontazione già in possesso di altre PP.AA.
Base di partenza dell’idea e ragionamento è stato il DL n. 133 del 2014 (convertito con modificazioni nella legge n. 164/ 2014), che aveva la finalità di ridurre gli oneri a carico di cittadini e imprese nell’avvio di attività economiche. Ora crediamo sia arrivato il tempo di ridurre le incombenze a carico dei Comuni al fine di liberare energie ed orientarle verso obiettivi di mandato e verso i servizi ai cittadini.
Perché il comune deve comunicare i dati relativi alla spesa di personale alla Corte dei Conti, al DFP, alla RGS e poi pubblicare gli stessi dati ma in formati diversi sul sito? Solo a titolo esemplificativo, è stato stimato che per 44 dati la cui pubblicazione è obbligatoria, esiste già un concomitante obbligo di comunicazione ad una o altre amministrazioni.
Si può stimare che ogni Comune (indipendentemente dalla classe demografica) è oggi obbligato a tenere aggiornate tra le 100 e 150 informazioni e comunicazioni, a cadenze diverse, verso più PP.AA.. Per poter assumere occorrono 16 adempimenti preventivi e verifiche finanziarie. Gli adempimenti diventano circa 50 prima di poter approvare il bilancio di previsione annuale.
Inoltre, l’accesso a tutte le banche dati delle Pubbliche Amministrazioni, deve essere gratuito per i Comuni nell’esercizio delle proprie funzioni istituzionali.