rifiuto-di-spostare-autoSi commette un reato se si rifiuta di spostare il proprio veicolo, anche dopo il sollecito di un agente di Polizia Municipale?


Rifiuto di spostare auto: cosa comporta? La questione è stata presa in esame da una recente sentenza della Cassazione, la sentenza n. 4177/20 del 31.01.2020.

Nel caso specifico l’imputato si era resa responsabile del reato di cui all’art. 650 c.p., perché non aveva osservato un provvedimento dato dall’Autorità, secondo i tribunali che hanno esaminato precedentemente la vicenda, per ragioni di ordine pubblico.

Dopo il ricorso, ecco cosa hanno deliberato i giudici della Cassazione nel caso specifico.

Rifiuto di spostare auto

Nel caso specifico, uno dei cardini attorno cui verte l’appello dell’imputato è data dalla tesi di difesa. In particolare si ritiene che, secondo l’art. 180 C.d.S., il fatto non costituisce reato, bensì violazione di norma amministrativa.

Inoltre, dalla sentenza impugnata emerge che si addebita all’imputato di non aver ottemperato a un provvedimento verbale emesso dall’agente della Polizia municipale. In particolare, il provvedimento al quale la sentenza fa riferimento consisteva nell’ordine di spostare l’autovettura dalla stessa condotta.

Emerge anche, dalla sentenza impugnata, che l’ordine era stato impartito perché l’autovettura era rimasta parcheggiata al centro della carreggiata di una pubblica strada che doveva essere attraversata da un autobus turistico.

Secondo i giudici della Cassazione, la ragione che aveva indotto l’agente a rivolgere al conducente dell’automobile il comando di spostarla era quella di garantire il corretto andamento della circolazione stradale, cioè la fluida viabilità.

Il comando, quindi, non era finalizzato ad assicurare la conservazione dell’ordine pubblico, che concerne, invece, le condizioni del regolare svolgimento della vita civile, nel suo complesso.

Pertanto, il provvedimento non può qualificarsi come motivato da ragioni di ordine pubblico. Deve escludersi, quindi, che il comportamento dell’imputato abbia integrato il reato contravvenzionale previsto da tale norma.

In particolare, le finalità perseguite nell’interesse pubblico devono attenere a ragioni di:

  • giustizia;
  • sicurezza;
  • ordine pubblico;
  • igiene.

Solo in caso di violazione di ordine pubblico, secondo la casistica in esame, si entra nel penale: quindi nel caso specifico il reato è meramente di carattere amministrativo.

A questo link potete consultare il testo completo della Sentenza.