In caso di morte del nostro animale domestico per colpa del veterinario, cosa dice la legge in merito? Vediamolo insieme.
Responsabilità veterinario morte animale: può capitare che un veterinario sbagli una diagnosi o un intervento e che questo provochi la morte del nostro animale domestico.
Ma in questi casi spetta un risarcimento al padrone? E come si misura l’entità del danno? Vediamo cosa dice la legge la riguardo.
Quali sono le responsabilità del veterinario
Il veterinario è un professionista qualificato e ha una laurea e un’abilitazione per poter esercitare il suo lavoro. Un errore durante un’operazione o una diagnosi sbagliata possono essere letali per l’animale, così come accade analogamente ad un medico con un paziente.
Dopo aver accertato l’evidente responsabilità medica della morte dell’animale domestico, come ad esempio un accertamento non fatto oppure una disattenzione durante il controllo, il padrone può chiedere i danni al veterinario.
La responsabilità del veterinario diminuisce se il caso è complesso, come in presenza di una malattia rara o di un intervento difficile. In questo caso, interviene l’art.2236 del Codice Civile, che limita la responsabilità risarcitoria del veterinario ai soli casi di dolo o colpa grave, quando “la prestazione implica la soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà”.
Facciamo riferimento alla sentenza n. 660/2020 del 31 dicembre 2020 del Tribunale di La Spezia. La sentenza riguardava la morte di un cucciolo dopo una diagnosi errata: il veterinario, infatti, non si era accorto che l’animale aveva ingerito alcuni oggetti, che avevano provocato un’occlusione intestinale. Il cane non era stato sottoposto ad esami clinici più approfonditi e né ad una terapia chirurgica, per estrarre gli oggetti nello stomaco, morendo di peritonite.
Il tribunale ha applicato il criterio del “più probabile che non”, in base al quale, con un’operazione chirurgica tempestiva, il cane si sarebbe salvato, con buone probabilità.
Responsabilità veterinario morte animale: quali sono i danni risarcibili
Per quanto riguarda i danni, il giudice ha ritenuto risarcibili i danni patrimoniali e i danni non patrimoniali.
Per danni patrimoniali, s’intende il consistente valore monetario dell’animale, che comprende anche le spese mediche e legali sostenute per curare la patologia e per accertare le cause del decesso.
Invece, per quanto riguarda i danni non patrimoniali, s’intende quelli derivati alla morte dell’animale, che riguardano il proprietario. Si parla, quindi, di danno biologico, che consiste nella lesione della salute psicofisica del padrone e dei suoi familiari affezionati all’animale.
Il Tribunale di La Spezia ha riconosciuto il rapporto di affezione tra il padrone e il suo animale, poiché c’era
“una relazione che costituisce occasione di completamento e sviluppo della personalità individuale”.
Questo perché l’animale domestico viene rilevato come “bene della persona” e, quindi, è tutelato dall’art.2 della Costituzione, che riconosce i diritti inviolabili dell’uomo.
Perciò, nei danni non patrimoniali contiamo anche la lesione del rapporto affettivo, provocata dalla perdita dell’animale, una sentenza già vista in altre occasioni.
Nel caso della sentenza in questione, il tribunale non ha previsto il danno non patrimoniale per la bambina a cui apparteneva il cane. Questo perché troppo piccola (due anni e quattro mesi) e troppo breve il tempo di permanenza del cane in famiglia (un mese e venti giorni). Il giudice ha ritenuto che non si fosse “instaurato un rapporto effettivo particolarmente intenso”, perciò non ha ritenuto valido il danno biologico permanente.
Il giudice ha comunque riconosciuto un danno non patrimoniale di 1000 euro, in base alla perizia psicodiagnostica che ha dimostrato “la sussistenza di un concreto pregiudizio risarcibile”, a cui si aggiunge un danno patrimoniale di 2756 euro, riguardante il valore dell’animale e le spese sostenute.
Fonte: articolo di redazione lentepubblica.it