Oggi più che mai, immagine e reputazione aziendale sono valori strategici e prioritari per le aziende. Lo confermano numerosi studi (da Deloitte ad Ernest&Young), che pongono in cima alle priorità d’investimento asset non tangibili come appunto la brand reputation. Daniele Chieffi, Web Media Relations Manager di Eni e docente in master alla Cattolica di Milano e La Sapienza di Roma, ha delineato il ruolo del Reputation Manager, figura evoluta proveniente dal mondo delle Online Media Relations (OLMR).
La reputazione è fondamentale per ogni azienda: il cliente sceglie infatti prodotti o servizi in base alla sua percezione di qualità, frutto di un’esperienza diretta (affezione) o dei buoni giudizi altrui (reputazione). Nonostante sia un asset immateriale, dunque, ha un valore economico tale da richiedere una strenua difesa.
La reputazione comprende quel che le persone sono disposte a dire, come il passaparola, ma per mimesi sociale spesso ci si adegua alla parola comune; invece, le persone devono essere motivate e dir bene di un’azienda per i suoi prodotti e servizi, anche attraverso un linguaggio appropriato, risultante da una comunicazione mirata.
Valori come qualità, rapporto con il cliente ed etica devono emergere come elementi distintivi per l’azienda. Non si tratta di divulgare comunicati stampa assimilabili a brochure pubblicitarie, caratterizzati da enfasi e messaggi accattivanti o suggestivi. Il processo è diReverse Engineering, up-to-down: l’utente deve essere sempre posto al centro. L’azienda decide cosa è importante comunicare e lo fa con gli strumenti della comunicazione tradizionale e di quella 2.0, ma il primo passaggio è partire dalle esigenze e dagli interessi degli stakeholder risolvendo problemi e puntando sul loro interesse.
Un Reputation Manager deve essere autorevole, credibile e affidabile. Deve capire quali siano le community di riferimento, entrarne a far parte, comprendendone gli interessi e declinando il messaggio aziendale con più chiavi diverse. Seppur non partecipi come tecnico, deve essere in grado di produrre valore specializzandosi in un singolo dominio tematico, eventualmente giocando il ruolo di influencer. Infine dovrebbe porsi in un’ottica di leadership anche se questo può rappresentare un’intrinseca difficoltà poiché non tutti possiedono nativamente questa caratteristica.
Il Reputation Manager deve saper gestire la comunicazione intermediata verso i media tradizionali e quella disintermediata propria dei social network. Inoltre deve saper usare gli strumenti di analytics per valutare le esigenze delle community. Per ognuna di queste tre linee di comunicazione le skill da sviluppare sono rispettivamente: communication managent, community management e monitoraggio e analisti web. Questa nuova figura deve poi aggiungere al proprio bagaglio culturale anche un set di competenze orientate a costruire contenuti interessanti, video e foto, come un giornalista. Deve avere una visione a 360 gradi e utilizzarla in un sistema omogeneo e complessivo per un messaggio univoco, coerente e declinato.
La formazione più indicata è quella classica con una forte specializzazione sulla parte digitale. Questa figura è un professionista senior, il cui percorso ideale sia passato per i vari ambiti della comunicazione e che possa contare su una squadra di professionisti. In ambito analitycs, conoscenze, competenza tecnica ed un continuo aggiornamento permettono di tenere sotto controllo i diversi aspetti che interessano. Questo professionista è infatti considerato always-on, aggiornato su tutto il suo perimetro di responsabilità. Non è necessario che sia perennemente “sul pezzo” ma è richiesto che padroneggi il lasso di tempo giusto per inserirsi nel flusso di comunicazione. Deve possedere attenzione e capacità di interpretare accadimenti e feedback della community (mediante web analytics) per intervenire quando è necessario, soprattutto nelle community più influenti.
La reputazione è un asset per qualsiasi azienda e professionista: per gestirla esistono anche strumenti a buon mercato, ma che sono work-intensive e richiedono preparazione e responsabilità. Mentre una multinazionale ragiona su una porzione estesa del Web, unaPMI è caratterizzata da esperienza e competenza specifica e si rivolge a un bacino di utenza limitato. Per evitare di disperdere risorse, le piccole e medie imprese devono darsi unobiettivo di comunicazione e definire una strategia per raggiungerlo. Che si tratti della costruzione o del rafforzamento del brand, devono prima identificare raggio di azione e impatto e, sulla base di questa analisi, sviluppare un business plan scegliendo un professionista o agenzia che possa seguirlo. Chieffi suggerisce un professionista internoper meglio interpretare le necessità aziendali. Per la ricerca del Reputation Manager si deve selezionare un comunicatore non junior con un pregresso solido nel mondo della comunicazione e buone competenze digitali, senza escludere le figure middle dal mondo delle agenzie o interne alla stessa azienda purché molto flessibili e capaci di abbracciare la nuova sfida professionale.