Che cos’è, in Italia, una Rendita Catastale? Come si calcola? A cosa serve? In questa guida scopriamo di più su questo interessante valore fiscale.
In cosa consiste una rendita catastale? Essa è sostanzialmente il valore attribuito, con finalità fiscali, a tutti gli immobili in grado di produrre o generare reddito.
Questo valore fiscale, in pratica, viene assegnato al fabbricato sulla base delle sue caratteristiche e della sua ubicazione.
Nel Catasto Fabbricati la rendita catastale è collegata all’unità immobiliare. Ogni unità immobiliare ha la propria rendita catastale, ad eccezione degli immobili a destinazione particolare (stazioni, ponti, chiese, cimiteri, etc.).
Come si calcola una rendita catastale?
Per conoscere la rendita catastale di un immobile è necessario essere in possesso dei dati catastali. I dati catastali necessari per conoscere la rendita sono: comune, sezione, foglio, mappale (particella), sub (subalterni, che possono anche essere vari per ogni immobile).
È possibile ricavare i dati catastali dall’atto di compravendita dell’immobile (rogito) o chiedendo una visura catastale gratuita per indirizzo o per nominativo presso il catasto o la più vicina agenzia del territorio. I procedimenti successivi sono piuttosto semplici:
- Collegarsi al link agenzia del territorio visura catastale
- Inserire il codice fiscale
- Inserire il codice di sicurezza
- Cliccare sul pulsante accedi
- Scegliere la provincia dove è situato l’immobile
- Scegliere il comune
- Digitare il numero del foglio, della particella (mappale) e del sub (subalterno)
- Cliccare sul pulsante ricerca
Come si consultano le rendite catastali?
Per la consultazione occorre registrarsi ai servizi telematici delle Entrate. Effettuata la registrazione, si accede al servizio digitando il codice pin fornito dall’Agenzia. L’accesso ai dati catastali avviene per codice fiscale e con l’indicazione della provincia e del comune catastale nell’ambito del quale si vuole effettuare la ricerca.
Questa fornisce i seguenti elementi relativi agli atti catastali a oggi informatizzati e ai beni immobili per i quali il codice fiscale utilizzato per la ricerca corrisponde a quello dell’intestatario registrato negli archivi catastali:
- Dati anagrafici del soggetto intestatario dell’immobile
- Identificativi catastali (sezione censuaria, foglio, particella, subalterno, ecc.) degli immobili intestati al soggetto
- Dati sulla titolarità (specificazione del diritto reale – proprietà, usufrutto, ecc. – che l’intestatario vanta sull’immobile) e relativa quota di diritto
- Rendita catastale e ubicazione, per gli immobili censiti nel catasto dei fabbricati
- Redditi dominicale e agrario, per gli immobili censiti nel catasto terreni.
Che cos’è il valore catastale?
La rendita catastale è utilizzata per la determinazione del valore catastale degli immobili come base imponibile per il pagamento delle imposte.
Infatti, a seconda della destinazione d’uso degli immobili, il valore catastale (detto anche “rendita catastale rivalutata”) si ottiene moltiplicando la rendita catastale per un coefficiente prestabilito che varia in relazione alla destinazione d’uso dell’immobile e alla categoria catastale di appartenenza.
Gli immobili di destinazione ordinaria sono suddivisi nei gruppi A, B, C:
- Gruppo A: unità ad uso residenziale;
- Gruppo B: immobili per usi collettivi;
- Gruppo C: immobili di destinazione commerciale.
E la classe catastale?
Un altro parametro che viene utilizzato ai fini di determinare la Rendita Catastale ed è la cosiddetta “Classe catastale”. Tale valore serve a differenziare ulteriormente gli immobili appartenenti allo stesso gruppo catastale in quanto tiene conto della rifinitura, dell’ampiezza dei vani e della dotazione di servizi.
Questa non è nient’altro che un’ulteriore classificazione che distingue gli immobili in base al livello delle finiture, della dotazione dei servizi, dell’ampiezza dei vani e della posizione. A ogni classe corrisponde una tariffa d’estimo (definita dal Catasto ma molto diversa tra zona e zona, e tra classe e classe): quest’ultima va moltiplicata per il numero di vani catastali dell’abitazione per ottenere – finalmente – la rendita.
La classificazione segue le classi d’apprezzamento in cui di norma è suddiviso idealmente l’intero territorio comunale al fine di definire le unità immobiliari della medesima categoria che per situazione e posizione risultino la peggiore e la migliore.
Vanno inoltre considerate le caratteristiche intrinseche ed estrinseche dell’unità immobiliare, la sua centralità, l’ubicazione su strade importanti, la posizione, la luminosità dei vani, la funzionalità in base alla conformazione planimetrica ed in ultimo le caratteristiche di finitura.
Rendita catastale e tributi
Questa rendita è necessaria per determinare il valore catastale dei fabbricati, vale a dire la base imponibile su cui si calcolano numerose imposte.
L’incidenza del tributo rispetto al valore di mercato degli immobili è in misura molto più rilevante di quanto non facciano le aliquote comunali (spesso appiattite ai livelli più alti).
Un esempio pratico? In una città del Nord, in una zona centrale, un immobile può avere un determinato valore, anche alto, ma non è direttamente proporzionale alle tasse del luogo, generalmente molto alte.
In zone periferiche invece un valore leggermente più basso può essere favorito da un’imposta con pressione fiscale meno elevata. Questo è il caso che spesso si accompagna all’applicazione delle tasse sugli immobili come l’IMU e la TASI.
Le rendite catastali, inoltre, hanno efficacia giuridica solo dalla data della loro notificazione agli intestatari della relativa partita effettuata dagli uffici locali dell’agenzia del territorio. Tutto ciò comporta che fino a quel momento i comuni non possono richiedere al contribuente ai fini Ici, né sanzioni né interessi.
Fonte: articolo di Simone Bellitto