L’aula del Senato ha approvato il ddl che introduce il delitto di tortura nell’ordinamento italiano con 195 sì, 8 no e 34 astenuti. Il provvedimento, dopo le modifiche apportate a palazzo Madama, torna in quarta lettura alla Camera.
Il nuovo testo approvato dal Senato, all’articolo 1 prevede che chiunque, con violenze o minacce gravi, ovvero agendo con crudeltà, cagiona acute sofferenze fisiche o un verificabile trauma psichico a una persona privata della libertà personale o affidata alla sua custodia, potestà, vigilanza, controllo, cura o assistenza, ovvero che si trovi in condizioni di minore difesa, è punito con la reclusione da 4 a 10 anni.
Se il reato è commesso da un pubblico ufficiale nell’esercizio delle funzioni o da un incaricato di un pubblico servizio, con abuso dei poteri o in violazione dei doveri inerenti alla funzione o al servizio, la pena è della reclusione da cinque a dodici anni. La previsione non si applica nel caso di sofferenze risultanti unicamente dall’esecuzione di legittime misure privative o limitative di diritti.
Se dalla tortura deriva una lesione personale grave le pene sono aumentate di un terzo; se ne deriva una lesione gravissima sono aumentate dalle metà; se ne deriva la morte la pena è della reclusione di trenta anni.
L’istigazione del pubblico ufficiale a commettere tortura, a prescindere dalla effettiva commissione del reato, è punita con la reclusione da sei mesi a tre anni. L’articolo 2 stabilisce che le dichiarazioni ottenute attraverso il delitto di tortura non sono utilizzabili in un processo penale. L’articolo 3 non ammette il respingimento o l’espulsione o l’estradizione verso uno Stato qualora esistano fondati motivi di ritenere che la persona rischi di essere sottoposta a tortura. L’articolo 4 esclude il riconoscimento di qualunque forma di immunità agli stranieri sottoposti a procedimento penale o condannati per il reato di tortura.