Il contenuto fondamentale della Relazione annuale del CNEL sui servizi resi dalle amministrazioni pubbliche ai cittadini e alle imprese risiede nella capacità di creare, insieme all’Istat e al Sistan, un sistema di informazioni economico-statistiche e di indicatori di risultato sulle prestazioni finali rese dai soggetti pubblici ai destinatari finali (cittadini e imprese).

I primi risultati sono già inseriti all’interno dei conti delle pubbliche amministrazioni redatto dall’Istat. Altre e più dettagliate indicazioni e informazioni e valutazioni sono offerte dalle parti speciali delle relazione redatte da esperti espressi dalle maggiori amministrazioni tecnico-economiche del Paese che il CNEL raccoglie attorno a questo lavoro con il “gruppo interistituzionale”, già operante dai tempi della prima presidenza De Rita del CNEL.

E’ da sottolineare che la misurazione e valutazione dei risultati finali dell’attività amministrativa e di intervento pubblico (attraverso anche indicatori di outcome e di output) costituisce un contributo non rinunciabile (secondo le esperienze dei maggiori Stati moderni, a partire dagli USA), sia per la predisposizione “ex ante” delle politiche pubbliche, sia per una razionale nuova conformazione della spesa (spending review), sia, infine per la misurazione e valutazione della gestione finanziaria e amministrativa e per una verifica degli esiti delle politiche pubbliche.

Per questo riteniamo che la continuazione di questa linea di lavoro in sede istituzionale e in confronto con la percezione e valutazione delle forze sociali costituisca un impegno non rinunciabile per ogni progresso della riforma amministrativa.

Le Relazioni del CNEL per gli ultimi anni e il presente rapporto interinale offrono una prima base per un giudizio di sintesi sullo stato delle nostre pubbliche amministrazioni. Naturalmente, in corso d’opera dovrà essere monitorato con attenzione e rigore l’impatto che i disegni di riforma amministrativa sottoposti dal Governo all’esame del Parlamento avranno sull’effettiva esperienza della gestione finanziaria, dell’attuazione delle politiche pubbliche, della efficacia ed efficienza dell’azione amministrativa.

Le riforme amministrative e del bilancio degli anni novanta delineano un disegno normativo, nel suo complesso persuasivo, di una amministrazione per funzioni, orientata verso i risultati in termini di servizi effettivi resi ai cittadini. Ma l’esperienza giuridico amministrativa è restata sostanzialmente immobile dominata da una monocultura giuscontabilistica e da una visione dell’ordinamento legata alla concezione monistica dello Stato amministrativo autoritario. Le ragioni di questa immobilità risiedono: nella scarsa attenzione dei governanti verso la definizione delle politiche pubbliche e nei confronti dei concreti processi di implementazione delle innovazioni (inchiodate sulle pagine delle gazzette ufficiali); nella resistenza dei corpi amministrativi (a cominciare dai gran corps d’Etat) deboli con i forti (e quindi spesso sottomessi alla cattive ragioni di una cattiva politica) e forti con i deboli (chiusi, cioè, alle esigenze di una effettiva apertura verso la fruizione finale dei servizi da parte dei cittadini e delle imprese).

E’ il momento, forse irripetibile, per affrontare con scelte rigorose, dotate di incidenza sulla realtà dell’esperienza giuridica, questo intollerabile stato delle cose.

I primi mali da curare (che sono affrontabili congiuntamente) risiedono: nella ridotta  significatività della decisione di bilancio assunta dal Parlamento; e, nella concreta esperienza amministrativa, nel divorzio fra amministrazione e finanza “per cui l’amministrazione vive senza i conti e i conti senza l’amministrazione”.

Quanto alla significatività della decisione di bilancio i profili essenziali sono due. La approvazione del bilancio statale in termini competenza giuridica rende difficilissimo, o impossibile, valutare l’impatto delle scelte sul conto consolidato delle pubbliche amministrazioni, cioè delle risultanze di finanza pubblica oggetto di esame in sede di Unione Europea, di OCSE, di FMI (nonché da parte delle agenzie di rating). La transizione fra bilancio di competenza, settore statale e conti delle pubbliche amministrazioni espressi in termini contabilità economica nazionale è oscura. Anche la verifica delle coperture dovrebbe misurare l’impatto effettivo dei nuovi o maggiori oneri sui risultati finali in termini di conti economici (tutelando meglio, per questa via, il percorso verso il pareggio di bilancio).

Il secondo motivo, interno all’amministrazione, risiede nell’accentramento della gestione e dei controlli giuscontabilistici che caratterizza la storia dell’amministrazione sin dalle origini dello Stato Unitario (Cambray Digni 1869) per passare dalle leggi De Stefani negli anni fra le due guerre, sino all’intera vicenda dell’esperienza amministrativa repubblicana. Il solo rimedio efficace risiede nell’immediato passaggio al bilancio di sola cassa come prima tappa per giungere al bilancio di competenza economica, secondo le regole della contabilità economica europea (Sec 95, oggi in fase di aggiornamento). Le scelte di bilancio renderebbero evidente, dall’origine, l’impatto sui conti del settore statale (saldo del fabbisogno di cassa) e del conto consolidato delle pubbliche amministrazioni (saldo dell’indebitamento netto, rilevante per le regole europee).

 

Consulta il documento allegato: Report CNEL

 

FONTE: CNEL – Consiglio Nazionale Economia e Lavoro

 

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