Il mercato dell’oro costituisce da decenni un elemento fondamentale per gli equilibri economici e monetari internazionali.
La sua quotazione, infatti, è strettamente correlata con l’andamento di alcuni dei principali titoli di borsa e, in maniera ancora più immediata, con il gruppo di grandi banche che ne detengono le principali scorte e che, di conseguenza, ne controllano praticamente il prezzo.
Bisogna altresì sempre tenere a mente il rapporto in un certo senso di proporzionalità inversa che la quotazione dell’oro mantiene con quella del dollaro americano, e che dunque contribuisce a sorreggere gli equilibri monetari sratunitensi. Per tutti questi motivi, e per molto altro ancora, il mercato dell’oro è visto sempre con un occhio di riguardo fra quello delle cosiddette commodities, il mercato dei beni primari che ha il suo quartier generale a New York.
Un insolito evento, però, almeno nel quadro economico-politico degli ultimi 50 anni, ha scosso i mercati nei giorni scorsi e posto l’attenzione sulle future mosse statunitensi sul mercato dell’oro; l’attuale segretario del Tesoro americano, infatti, trattasi del fedelissimo di Trump Steve Mnuchin, ha deciso di visitare Fort Knox, il simbolo della politica monetaria americana, per avere un contatto diretto sulle reali scorte d’oro in possesso del Governo. L’evento, che potrebbe sembrare di ordinaria amministrazione per dei funzionari del dicastero economico come lo è in parte Mnuchin, è in realtà tutt’altro che prevedibile. L’ultima visita di un funzionario del governo a Fort Knox risale infatti al 1974, in un periodo molto più complesso dal punto di vista monetario e che quindi giustificava appieno tale evento. Erano, infatti, gli anni della crisi petrolifera, che creò il caos nelle economie mondiali per un biennio pieno, ma soprattutto della ricostruzione economica planetaria dopo la fine del sistema impiantato sugli accordi di Bretton Woods, che prevedevano la convertibilità dell’oro in dollari. Una visita di questi tempi, dunque, in un contesto sicuramente più stabile e meno problematico di allora, potrebbe avere dei significati per il momento nascosti che vale la pena di indagare.
Innanzitutto c’è la situazione legata alla politica tedesca, con la Merkel impegnata nelle prossime settimane nella difesa del suo ruolo di cancelliere al vertice della Germania; ebbene nelle scorse settimane Angela Merkel ha deciso per un rimpatrio di alcune importanti scorte di oro in possesso dei governi inglesi ed americani (scorte che si trovavano all’estero sulla base di alcuni accordi finanziari con New York e Londra) creando una situazione di imbarazzo e momentaneo scompiglio nella quotazione dell’oro, che in parte si basava proprio sugli accordi sopra citati. Questa improvvisa ed inattesa mossa proveniente da Berlino sembrerebbe essere legata a questioni politiche, dato che il partito di coalizione vicino alla Merkel per le prossime elezioni avrebbe spinto per il rimpatrio dell’oro in cambio dell’appoggio elettorale.
D’altra parte la visita del governo federale statunitense a Fort Knox potrebbe essere interpretata come una risposta alla manovra imposta dalla Merkel e, in questo caso, si potrebbero aprire piste diverse. Il segretario del tesoro Mnuchin, infatti, potrebbe aver interpretato l’evento come una crisi nei rapporti monetari tra Germania e Stati Uniti, o meglio come un segnale di mancata fiducia da non sottovalutare. Se fosse così è evidente che gli USA sentono di aver qualcosa da temere riguardo alla quantità di oro presente nelle sue scorte federali, soprattutto in relazione ad un mercato che negli ultimi anni ha visto l’esplosione dei contratti cartacei ed il sempre minore passaggio di oro fisico nelle transazioni.
Dopo la visita, lo stesso Mnuchin e Mitch McConnell, capo della maggioranza al Senato che gli ha fatto compagnia durante l’evento, si sono impegnati a rassicurare i mercati sulla disponibilità di oro fisico presente nei giacimenti federali di Fort Knox, ma le sorprese sono dietro l’angolo. Del resto una mossa come quella della Merkel ha un precedente analogo solo nella Francia di alcuni anni fa, e gli effetti si fecero sentire sulle dinamiche che regolano il prezzo dell’oro a livello finanziario. Sarà soltanto il tempo a decidere se questa visita sia stata soltanto una cerimonia fine a sé stessa, e priva di particolari motivazioni economiche, o se davvero qualcosa sta cambiando nel mercato dell’oro. Russia e Cina spingono per una fine dell’egemonia americana nella gestione del mercato dell’oro, ma la strada sarà lunga per una rivoluzione di questo tipo.