Nel contesto di un forum in cui si discute di “public procurement di innovazione”, parlare di innovazione “nel” public procurement potrebbe essere considerato fuori tema. Ma forse non è così. Durante oltre 15 anni di lavoro in Consip, spesi nel lavoro di digitalizzazione delle procedure utilizzate dalle PA per acquisire beni o servizi, ho maturato l’idea che innovare per mezzo della tecnologia ICT le attività di coloro che operano nel mercato della spesa pubblica (Amministrazioni e Imprese) ha effetti più ampi e profondi del semplice aumento di efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa. L’adozione di strumenti innovativi di acquisto da parte delle PA, infatti, stimola innovazione nell’intero sistema.
Questa considerazione deriva essenzialmente dall’osservazione di quanto avviene nel Mercato elettronico della PA, che è lo strumento telematico di acquisto (e vendita) più utilizzato nella settore pubblico e che negli ultimi tre anni ha avuto una fortissima crescita in termini sia di utenti sia di volume di transazioni e valore degli acquisti. Solo qualche dato per inquadrare la dimensione del fenomeno: si tratta del mercato elettronico dedicato alle PA più grande d’Europa, con oltre 7.500.000 articoli offerti da 55mila fornitori; nel solo 2015, attraverso questo strumento, quasi 40mila punti ordinanti della PA hanno effettuato acquisti per oltre 2 miliardi di euro, attraverso 650mila transazioni. Rispetto a solo tre anni fa, il valore degli acquisti e il numero delle transazioni è cresciuto di sei volte, i buyer pubblici che hanno utilizzato il sistema e il numero degli articoli presenti sono aumentati di cinque volte, i fornitori presenti sono otto volte di più.
Ai fini del rapporto tra public procurement e innovazione che qui ci interessa, la caratteristica essenziale di questo sistema (che non è certo l’unico in cui si concretizza la digitalizzazione degli acquisti pubblici, altri esempi significativi sono alcune piattaforme regionali) è la pervasività dell’impatto. Infatti sul Mepa vengono gestite telematicamente procedure di acquisto di limitato importo unitario (gli acquisti sotto la soglia comunitaria) che coinvolgono praticamente tutti gli addetti agli acquisti della PA e la maggior parte degli operatori economici.
In questo contesto la spinta impressa dalla PA all’utilizzo della tecnologia ICT nelle procedure di acquisto ha come diretta conseguenza l’attivazione di alcuni cambiamenti che costituiscono sostanziali “innovazioni” nel contesto del nostro sistema Paese: aumento della trasparenza nel contesto degli acquisti pubblici, spinta alla digitalizzazione degli operatori economici (in particolare le Micro e Piccole imprese), semplificazione delle attività di PA e imprese. Si tratta di termini che ricorrono spesso nel dibattito su queste tematiche, ma la loro concreta applicazione – e uno strumento come il Mepa ne costituisce un esempio – ha ricadute reali in termini di innovazione.
La trasparenza è un valore connaturato a un sistema dove l’intero processo d’acquisto si svolge on line ed è interamente tracciato, con indubbi benefici sia in termini di correttezza delle procedure sia per favorire i controlli delle autorità preposte. In tal senso, il Mepa crea tutti i presupposti per mettere a disposizione di tutti i soggetti interessati i dati sulle procedure d’acquisto.
La spinta alle digitalizzazione è ancora una volta conseguenza della natura del mercato elettronico, che spinge chi vuole partecipare al mercato delle forniture pubbliche a utilizzare un nuovo canale commerciale con la Pubblica Amministrazione, sperimentando un modo diverso di fare business attraverso il web. È proprio su questo aspetto che si coglie nettamente la linea di demarcazione fra chi subisce il cambiamento come un’imposizione e chi invece necoglie tutte le opportunità in termini di allargamento del proprio volume di affari, concorrenzialità, abbattimento delle barriere all’ingresso sui mercati.
La semplificazione è invece nei fatti. Basti pensare al risparmio di tempo, carta, altri costi vivi che PA e imprese possono sperimentare utilizzando uno strumento d’acquisto che consente di coniugare i vantaggi del procurement elettronico, con il pieno rispetto delle normative d’acquisto del settore pubblico.
Oggi per le PA e le imprese si presenta un’opportunità di fare un ulteriore passo avanti nell’innovazione degli appalti pubblici, quella offerta dal processo di recepimento delle nuove Direttive UE sugli appalti pubblici e di riforma del Codice degli appalti. Le direttive pongono obiettivi temporali sfidanti per la digitalizzazione degli appalti: a partire dalla primavera del 2018 tutte le procedure di gara di rilievo comunitario dovranno essere svolte mediante strumenti telematici.
La trasposizione nell’ordinamento italiano delle nuove norme comunitarie consente di rivedere la nostra legislazione sugli appalti nella direzione della semplificazione e della modernizzazione. Un esempio su tutti – ma non l’unico – può essere rappresentato dalla standardizzazione delle informazioni richieste alle imprese per partecipare alle gare pubbliche, che eviterebbe alle imprese di dover fornire, per ogni gara, una documentazione spesso ponderosa di cui l’amministrazione aggiudicatrice potrebbe anche già disporre.
L’esigenza di raggiungere gli obiettivi di digitalizzazione degli appalti stabiliti dalle Direttive è dunque l’occasione per definire un Piano nazionale per lo sviluppo dell’e-procurement pubblico, nell’ambito dell’Agenda digitale, che veda la partecipazione di tutti i numerosi attori coinvolti e ne garantisca il coordinamento degli interventi.