Il Ministero del Turismo italiano ha annunciato ufficialmente di aver prorogato la scadenza per l’ottenimento del Codice di Identificazione Nazionale (CIN) per gli affitti a breve termine.


Questa decisione è stata comunicata con un avviso,  che ha riportato  anche alcune motivazioni di questa decisione, la nota riferisce che il termine è stato prorogato “in considerazione della precipua finalità della Banca Dati delle Strutture Ricettive (BDSR), volta in particolare ad assicurare la tutela della concorrenza e della trasparenza del mercato, la sicurezza del territorio e il contrasto a forme irregolari di ospitalità e visto l’obiettivo di garantire sia il buon funzionamento dell’innovativo sistema di interoperabilità tra banche dati, sia l’affidabilità e la sicurezza dei portali telematici sui quali vengono pubblicati gli annunci“.

L’individuazione di un termine unico – si legge ancora – è finalizzata altresì a garantire uniformità di trattamento nei confronti degli utenti finali della BDSR, ovverosia i titolari di strutture ricettive e di unità immobiliari ad uso abitativo offerti in locazione tenuti all’acquisizione del CIN“.

Prorogata la scadenza per ottenere il CIN degli affitti brevi: le motivazioni

La data entro cui i proprietari di immobili destinati a affitti brevi sono tenuti a munirsi del CIN slitta dunque dal 1° novembre al 1° gennaio 2025. Le motivazioni di questa decisione sono sicuramente molteplici.

Numeri non del tutto attendibili

Ad esempio, sempre facendo riferimento a dati ufficiali diffusi dal Ministero del Turismo al 22 ottobre, in Italia, il numero di strutture registrate per l’ottenimento del CIN è pari a 538.674  e sono 278.278 i codici già rilasciati, pari al 51,66% del totale. Numero questo che sembra ancora abbastanza distante dalle reali strutture in esercizio. Secondo Confesercenti, ad esempio, che ha studiato il fenomeno della ricettività diffusa tra il 2014 ed il 2024 le imprese attive come case vacanze, affittacamere e B&B sono aumentate esponenzialmente, anche grazie alla diffusione di piattaforme come Airbnb e alla nuova apertura a questo tipo di strutture anche di Booking.com, al punto che solo AirBnB, ad agosto 2024, riportava una proposta di oltre 700mila sistemazioni, di cui l’85% circa composta da appartamenti riconvertiti all’ospitalità turistica, in gran parte gestite direttamente dai proprietari.

Flusso di registrazione troppo lento

Secondo la pagina ufficiale di Confcommercio Provincia di Firenze, al 25 settembre soltanto 3 operatori su 10 avevano concluso la procedura per mettersi in regola. Molte ancora le difficoltà riscontrate. Le principali segnalate sulla pagina riguardano l’accesso con SPID e CIE, esclusa la smart card, anche se si svolge l’attività in forma imprenditoriale e gli avvisi riguardanti “struttura non presente in Banca Dati”. In questo caso, infatti, se non si è in possesso di un codice ISTAT è necessario prima ottenerlo attraverso i canali della Città Metropolitana o Comune capoluogo. In caso di locazione breve, potrebbe non essere andata a buon fine la comunicazione iniziale e quindi risultereste irregolari. A questo punto la richiesta del CIN non andrebbe comunque a sanare la vostra posizione.

Molti i suggerimenti concreti dalla pagina riguardo la sicurezza, antincendio e la parte pratica delle procedure. Per esempio, è utile ricordare che non si possono fare richieste per conto terzi o anche che, dopo l’inserimento in banca dati, occorre aspettare fino a 30 giorni, che è il tempo massimo che il Ministero e la Regione competente si prendono per inserire la struttura.

Difficoltà interpretative anche nelle norme

Sussistono delle difficoltà interpretative della norma rispetto all’obbligo di esporre il CIN all’esterno, indicarlo in qualsiasi annuncio commerciale ed espostorlo anche all’esterno degli edifici ai sensi dell’art. 13-ter del decreto-legge n. 145/2023. Infatti sia per le locazioni che per le imprese ricettive (alberghi, cav, b&b eccetera), il decreto prevede l’obbligo di esporre il CIN all’esterno dello stabile in cui è collocato l’appartamento o la struttura, assicurando il rispetto di eventuali vincoli urbanistici e paesaggistici. Aggiungendolo, ad esempio, alla targa, soprattutto se si tratta di locatari situati nei centri storici ed in palazzi di pregio. Il CIN è parte dei dati obbligatori che la legge impone venga data massima visibilità, sul proprio sito, proprio come accade per la Partita Iva, inserito in qualsiasi comunicazione al cliente. Il codice va anche nelle brochure cartacee, nella firma nelle mail, condizioni generali di contratto, eccetera. Per le strutture ricettive svolte in forma imprenditoriale il CIN va aggiunto alla targa che è già obbligatoria per legge.

Cosa può fare chi non è ancora in regola?

L’unica possibilità per chi non è ancora in regola col CIN é quella, dunque, di avviare la procedura per la regolarizzazione in tempi più brevi possibili, anche per evitare le sanzioni previste per la mancata richiesta del CIN che, ribadiamo, entrerà in vigore a partire dal 1° gennaio 2025. Salate le multe per i trasgressori, da 800 a 8mila euro per la  mancata esposizione e indicazione (multa da 500 a mila euro)