I socialisti di Riccardo Nencini oggi propongono una commissione d’inchiesta bicamerale su Mani Pulite, ma il deus ex machina di allora, Antonio Di Pietro, non ci sta.
Tutto è nato con la proposta di legge a firma del deputato Oreste Pastorelli e del senatore Enrico Buemi, i quali sono partiti da alcune dichiarazioni dell’ex pm. “Ho fatto una politica sulla paura. La paura delle manette, la paura del diciamo così…’sono tutti criminali’, la paura che chi non la pensa come me sia un delinquente”, sono le parole incriminate.
Nencini, oggi in conferenza stampa, dice: “Vogliamo fare chiarezza sul comportamento di un magistrato che dichiara venti anni dopo ‘abbiamo raggiunto il consenso grazie alla paura delle manette’. Siccome questo non è uno stato inquisitorio ma uno stato di diritto vogliamo capire cosa si nasconde dietro a cose che dichiara un ex magistrato”. Il viceministro precisa che “non si tratta di legare la commissione d’inchiesta a questo o quel partito. Non è che siccome la fanno i socialisti quindi…non c’entra nulla. Non chiediamo di indagare su tangentopoli, di cui non ci interessa nulla, chiediamo che la commissione lavori per capire cosa c’è dietro” alle parole di Di Pietro: “E’ stato applicato il diritto o la paura delle manette? Vogliamo chiarezza su questo punto“.
Pronta la replica di Di Pietro: “Io non ho mai detto che l’inchiesta si è svolta su un clima di paura, né che mi sono pentito, ho detto che rifarei mille volte Mani Pulite nel modo in cui l’ho fatta. Ho detto e ribadisco che quando mi sono messo a fare politica, io ho fatto politica criminalizzando quelli che non la pensavano come me a prescindere, in quel clima di paura sono arrivato anche al 10%“.
L’ex pm, intercettato dall’agenzia DIRE a Montecitorio, sottolinea che al momento dell’inchiesta “non ci siamo mai posti il problema dei riflessi sulla politica ma dei reati commessi dai partiti del pentapartito ma anche da esponenti della sinistra”.
Antonio Di Pietro invita a “non strumentalizzare la mia autocritica, che è sulla mia attività politica e non su quella di magistrato: se dovessi rifare politica non la farei più così, criminalizzando gli altri, ma su quello che io vorrei fare per il Paese”.
Rispetto comunque all’ipotesi di un commissione parlamentare d’inchiesta, Di Pietro è netto: “Ricordo che, anche se nessuno lo fa, è già intervenuto il Parlamento per la valutazione di Mani pulite nel 1995 e nel 1996 con il Copasir, con due relazioni. Alla fine si diceva che continuerà l’istruttoria, quindi se dovessero decidere di fare una commissione d’inchiesta ben venga.Riprendessero quel lavoro. Sarò felice di ribadire quello che sta scritto in quelle relazioni, cioè che l’inchiesta è stata delegittimata da organi dello Stato e di segmenti deviati dai servizi segreti”. Insomma, conclude, “non solo non la temo, ma ricordo che quel che chiedono i socialisti è già stato fatto”.