Il via libera all’aggiornamento del progetto definitivo, datato 15 febbraio, ha iniziato un lungo cammino che potrebbe condurre alla realizzazione del ponte sullo stretto di Messina: tuttavia, al momento il progetto è fermo, con la società di costruzione già in perdita.


Il ponte sullo stretto di Messina rappresenterebbe un’importante opera infrastrutturale per l’Italia, promettendo di avere un impatto significativo sull’economia nazionale. Secondo le previsioni, la sua realizzazione porterebbe a un aumento della ricchezza nazionale pari a 2,9 miliardi di euro all’anno, corrispondente allo 0,17% del PIL.

Il ponte, che sarebbe il più lungo del suo genere al mondo, avrebbe dimensioni imponenti: una lunghezza totale di 3.660 metri, una campata sospesa di 3.300 metri, e un’ampia carreggiata di 61 metri. Le due torri di sostegno, alte 399 metri, e il sistema di sospensione, formato da cavi con un diametro di 1,26 metri, delineano l’ambizioso progetto.

Il progetto del Ponte sullo Stretto di Messina è già in perdita?

Nonostante il progetto sia tecnicamente pronto per essere avviato, attualmente si trova in uno stato di stallo. Tuttavia, i lavori potrebbero iniziare nei prossimi mesi una volta approvato il progetto esecutivo, con una tempistica di realizzazione stimata in sei anni. Si prevede che le prime attività riguarderanno bonifiche, indagini archeologiche e geotecniche, nonché la preparazione dei campi base.

I costi previsti per la costruzione del ponte sono aumentati rispetto al progetto del 2011, passando da 8,5 a 13,5 miliardi di euro, a cui si aggiunge un miliardo per opere accessorie. Il governo ha stanziato 11,63 miliardi di euro fino al 2032, con la maggior parte a carico dello Stato e una parte finanziata dal Fondo sviluppo e coesione (Fsc), oltre a contributi delle regioni Sicilia e Calabria.

Tuttavia, il principale ostacolo al momento è rappresentato dalla società di costruzione, già in perdita, come denunciato sulle colonne del quotidiano La Repubblica.  Le perdite riportate dalla società, pari a 82 milioni di euro, sono principalmente attribuibili alla svalutazione dei suoi asset. Questo suggerisce che la società potrebbe aver sovrastimato il valore dei suoi beni o potrebbe essere stata soggetta a cambiamenti di mercato che hanno influenzato negativamente il valore dei suoi investimenti.

La decisione di utilizzare una parte dei fondi destinati alla ricapitalizzazione della società per coprire queste perdite evidenzia l’urgenza della situazione finanziaria. Questo indica che la società potrebbe aver avuto difficoltà nel reperire finanziamenti aggiuntivi o potrebbe aver cercato di mitigare le perdite al fine di continuare le operazioni.

Sempre secondo quanto scritto su Repubblica, il Ministero dell’Economia ha già erogato circa 370 milioni di euro per sostenere la società, ma nonostante questo intervento finanziario, la situazione finanziaria della società rimane precaria. Questo solleva domande sulle prospettive future della società e sulla sua capacità di gestire con successo il progetto del ponte sullo stretto di Messina.

L’impatto di queste perdite nella fase iniziale del progetto

L’impatto delle perdite iniziali sulla società incaricata della costruzione del ponte sullo stretto di Messina solleva interrogativi significativi sul futuro del progetto. Le perdite finanziarie già sperimentate, nonostante il progetto sia ancora fermo, mettono in luce sfide finanziarie e operative considerevoli. Questo solleva preoccupazioni sulle capacità della società di portare avanti la realizzazione del ponte in modo efficiente e sostenibile.

Inoltre, queste perdite iniziali potrebbero avere conseguenze più ampie sull’economia nazionale, considerando l’entità degli investimenti statali già destinati al progetto. È cruciale considerare l’effetto che tali perdite potrebbero avere sul bilancio pubblico e sulle risorse disponibili per altri progetti e settori prioritari.

Pertanto, è necessario un esame attento e preciso delle strategie di gestione finanziaria e della governance del progetto per garantire che le risorse pubbliche siano impiegate in modo efficiente e che gli obiettivi di lungo termine del ponte sullo stretto di Messina siano realizzati nel modo più vantaggioso per l’Italia e per la sua economia.

Per molti questo Ponte “non s’ha da fare”

Nelle ultime settimane infine si è acceso il dibattito sulle opinioni contrarie alla costruzione del Ponte. Riprendendo i contenuti di un nostro recente approfondimento, ad esempio, un recente studio commissionato dal Comune di Villa San Giovanni evidenzia che “a norma di legge, il Ponte sullo Stretto non si può fare“. Le aree destinate ai punti di ancoraggio, al pilone principale, ai pontili e agli svincoli rientrano tutte nella fascia di inedificabilità stabilita nel 2015 dall’Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale).

Anche la giornalista Milena Gabanelli, sul Corriere della Sera, ha denunciato come la società di costruzione abbia avviato l’iter per l’esproprio di terreni sia sulla sponda siciliana che su quella calabrese, coinvolgendo circa 500 edifici e 1.500 proprietà terriere senza l’approvazione del Cipess (Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile).

Infine anche il geologo Mario Tozzi ha recentemente discusso del Ponte sullo Stretto alla trasmissione Tango di Rai2, condotta da Luisella Costamagna, dove ha espresso ancora una volta le motivazioni scientifiche che sconsiglierebbero la costruzione del ponte in una zona così sismicamente delicata.


Fonte: articolo di redazione lentepubblica.it