gare appalto esclusioneIl Comunicato del Presidente ANAC del 23 marzo scorso fornisce chiarimenti in merito alla portata della recente sentenza del Tar Lazio (sez. III, n. 2339 del 22 febbraio 2016) che ha respinto il ricorso presentato dalla società Asmel contro la delibera Anac n. 32 del 30 aprile 2015 “Sistema Asmel società consortile a r.l”, confermando integralmente tutti i rilievi formulati dall’Autorità. In generale è stato confermato che Asmel non poteva considerarsi legittimata ad espletare attività di intermediazione negli acquisti pubblici, peraltro senza alcun limite territoriale definito.

 

L’eventuale affidamento diretto di servizi di centralizzazione, o di sola intermediazione negli acquisti, può ritenersi legittimo solo se disposto nei riguardi di un ente operativo sul quale è esercitato un controllo analogo congiunto da parte dei soli comuni coinvolti direttamente nella costituzione di tale soggetto strumentale.

 

La delibera Anac n. 32 del 30 aprile 2015 avente ad oggetto il “sistema Asmel società consortile a r.l”.  Come è noto, con tale delibera n. 32/2015, l’Autorità – a seguito di una complessa istruttoria – ebbe a sancire che il “sistema Asmel” ed in particolare il Consorzio Asmez e la società consortile Asmel a r.l. non corrispondono ai modelli organizzativi indicati dall’art. 33 comma 3-bis del d.lgs. 163/06, quali possibili sistemi di aggregazione degli appalti di enti locali. Si è accertato che gli Enti locali – utilizzando moduli già predisposti e reperibili sul sito dell’Asmel – hanno proceduto ad affidare alla società Asmel consortile a r.l. le proprie funzioni di acquisto mediante il conferimento di una sorta di “delega” delle funzioni di committenza.

 

La società Asmel ha realizzato un sistema attraverso il quale ha offerto i propri servizi di intermediazione negli acquisti ai Comuni dell’intero territorio nazionale, mediante l’adesione successiva all’Associazione; la partecipazione degli Enti locali alla centrale di committenza è dunque solo indiretta e non essendo previsto un sistema che garantisca un “controllo analogo” da parte degli Enti locali coinvolti, Asmel agisce come un soggetto di diritto privato del tutto autonomo da questi ultimi. Rispetto a questo scenario, approfonditamente descritto nella predetta delibera n. 32, il  Tar Lazio (sez. III) si è pronunciato con la sentenza prima richiamata n. 2339 del 22 febbraio 2016, respingendo il ricorso che Asmel società consortile a r.l aveva proposto avverso  la delibera n. 32/2015, confermando integralmente tutti i rilievi che l’Autorità ha formulato riguardo al “sistema Asmel”.

 

Sono state dunque chiaramente confermate le considerazioni in base alle quali si è ritenuto che il Consorzio Asmez e la società consortile Asmel a r.l. – oltre a non poter essere certamente inclusi tra i soggetti aggregatori di cui all’art. 9 del d. l. n. 66/2014 – non rispondessero ai modelli organizzativi indicati dall’art. 33 comma 3-bis del d.lgs. 163/06, quali possibili sistemi di aggregazione degli appalti di enti locali. Più in generale, è stato confermato che Asmel consortile a r.l., non poteva considerarsi legittimata ad espletare attività di intermediazione negli acquisti pubblici, peraltro senza alcun limite territoriale definito.

 

Si ricordano inoltre che indirizzi interpretativi sugli adempimenti ex art. 33, comma 3-bis, del d.lgs. 2 aprile 2006 n. 163 sono contenuti nella determina n. 11/2015, con la quale l’Autorità ha chiarito che quando si utilizza un ente strumentale ai fini di  cui  all’art.  33, comma 3-bis, “quale soggetto operativo di associazioni di comuni o di accordi consortili tra i medesimi” occorre non solo che lo stesso sia interamente pubblico, ma sia anche prevista “un’adeguata programmazione degli interventi e degli acquisti, da operarsi in seno allo strumento associativo, coinvolgendo l’eventuale società controllata dall’Unione, dall’associazione o attraverso l’accordo consortile in maniera congiunta da parte dei comuni”.

 

In altri termini – come affermato già nella delibera n. 32/2015 – l’eventuale affidamento diretto di servizi di centralizzazione (o anche di sola intermediazione negli acquisti) può ritenersi legittimo solo se disposto nei riguardi di un ente operativo sul quale è esercitato un controllo analogo congiunto da parte dei soli comuni coinvolti direttamente nella costituzione di tale soggetto strumentale. Un nuovo schema organizzativo che prevedesse ancora l’offerta di servizi di committenza senza limitazioni territoriali e a comuni non coinvolti direttamente nella costituzione del soggetto operativo, non sarebbe affatto in linea con l’atto generale adottato dall’Autorità.