Si tratta di uno degli argomenti che da sempre scatena il dibattito sulla stampa e nell’opinione pubblica: e adesso spunta una normativa che sostiene che il Ponte sullo Stretto non si può fare.
Un recente studio commissionato dal Comune di Villa San Giovanni rivela che il tanto discusso Ponte sullo Stretto di Messina non può essere realizzato per motivi legali. L’indagine, firmata da un ingegnere e presentata durante una sessione aperta del consiglio comunale, sottolinea che la struttura prevista sul versante calabrese si troverebbe interamente in una zona di non edificabilità.
Il Ponte sullo Stretto non si può fare? Ecco perché
Secondo quanto riportato dal quotidiano La Repubblica, lo studio evidenzia che “a norma di legge, il Ponte sullo Stretto non si può fare“. Le aree destinate ai punti di ancoraggio, al pilone principale, ai pontili e agli svincoli rientrano tutte nella fascia di inedificabilità stabilita nel 2015 dall’Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale).
Questa normativa è stata rafforzata dopo il terremoto de L’Aquila, quando si decise di estendere a duecento metri per lato la fascia di attenzione attorno alle faglie attive. Oltre a questa, esiste una “zona di suscettibilità” di 160 metri e un’ulteriore area di rispetto di 30 metri, dove è vietata qualsiasi costruzione.
Una delle domande più urgenti è come sia possibile che nessuno abbia notato queste restrizioni. Si ipotizza che i dati utilizzati per la valutazione del rischio sismico fossero ancora quelli del 2011, antecedenti agli aggiornamenti del 2015. Questa svista avrebbe portato a pianificazioni errate e alla mancata considerazione delle nuove normative antisismiche.
Un progetto impraticabile: il dossier di Milena Gabanelli
Non è la prima volta che viene sollevata l’impraticabilità del progetto. Milena Gabanelli, sul Corriere della Sera, ha denunciato come la società Stretto di Messina abbia avviato l’iter per l’esproprio di terreni sia sulla sponda siciliana che su quella calabrese, coinvolgendo circa 500 edifici e 1.500 proprietà terriere. Tuttavia, senza l’approvazione del Cipess (Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile), non si può procedere né con gli espropri né con l’apertura dei cantieri. Inoltre sostiene che rispetto al 2011, molte delle aree destinate all’esproprio hanno subito modifiche significative: una ospita una variante ferroviaria, un’altra è diventata una zona cimiteriale, e una terza ha visto la costruzione di un villaggio turistico.
L’incertezza generata da questi vincoli ha avuto un impatto significativo sul valore delle proprietà immobiliari e terriere nella zona, causando il crollo dei prezzi e complicando la possibilità di ottenere mutui. Le amministrazioni locali si trovano bloccate, incapaci di realizzare progetti di sviluppo, inclusi quelli finanziati dal PNRR, come la riqualificazione dell’area di Forte Beleno.
La questione più grave riguarda però le faglie attive individuate dallo studio geologico del Comune di Villa San Giovanni, a cui la giornalista si ricollega, e che evidenziano come una di queste si trovi proprio nell’area prevista per l’ancoraggio dei pilastri del ponte.
La giornalista aveva già tempo fa, in una video-inchiesta rilanciata sulla sua Dataroom social, denunciato tutte le contraddizioni di un progetto a sua detta impraticabile.
Un’inchiesta rilanciata già in “tempi non sospetti”, in cui gli stessi promotori attuali del ponte sembravano manifestare una certa perplessità che di colpo si è tramutata in una convinzione inossidabile.
Anche la geologia va contro il Ponte: l’opinione di Mario Tozzi
Infine anche il geologo Mario Tozzi ha recentemente discusso del Ponte sullo Stretto su La Stampa, paragonandolo al ponte di Akashi in Giappone, progettato per resistere a terremoti di magnitudo 7,5.
Per l’esperto la costruzione del Ponte sullo Stretto di Messina in una zona così sismicamente attiva rappresenta un rischio inaccettabile. La lezione della tragedia del Vajont, a sessant’anni di distanza, dovrebbe far riflettere su quanto sia pericoloso sottovalutare le forze della natura. Il geologo invita a considerare seriamente le implicazioni sismiche prima di procedere con la realizzazione di una struttura di tale portata.
Il Ponte di Akashi Kaikyō
Il ponte di Akashi Kaikyō, con una lunghezza di 3.911 metri, è il secondo ponte sospeso più lungo del mondo dopo il ponte sui Dardanelli a Istanbul. Questo ponte, inaugurato nel 1998, è stato progettato per resistere a terremoti di magnitudo 7,5 sulla scala Richter. La progettazione e costruzione hanno preso in considerazione i rischi sismici estremi del Giappone, una delle nazioni più attive sismicamente al mondo. Durante la sua costruzione, infatti, il ponte ha resistito a un terremoto di magnitudo 7,2 che ha colpito Kobe nel 1995, dimostrando la sua straordinaria resilienza.
Il Ponte sullo Stretto di Messina
Il progetto del Ponte sullo Stretto di Messina, che collegherebbe la Sicilia alla Calabria, è stato concepito per resistere a terremoti di magnitudo 7,1, basandosi su un modello sismico del 2016. Tuttavia, questa magnitudo è paragonabile ma inferiore a quella del devastante terremoto del 1908, che colpì Messina e Reggio Calabria causando circa 100.000 morti. La regione dello Stretto è una delle più attive sismicamente in Italia, situata in prossimità di numerose faglie attive, che probabilmente complicherebbero ulteriormente la situazione e renderebbero il ponte una struttura poco sicura e non adatta a resistere a una scossa del genere.
Le criticità evidenziate da Tozzi
Mario Tozzi mette in evidenza diverse criticità relative al progetto del Ponte sullo Stretto:
- Vulnerabilità Sismica: Tozzi sottolinea che, nonostante le avanzate tecnologie di ingegneria, il ponte potrebbe non essere sufficientemente resistente a terremoti di magnitudo superiore a 7,1. Questo è particolarmente preoccupante in una zona dove le scosse sismiche di grande intensità sono una realtà storica.
- Infrastrutture e Sicurezza: Il geologo enfatizza come infrastrutture di questa portata, sebbene progettate con tecnologie all’avanguardia, possano non essere adatte a aree sismicamente attive come quella dello Stretto di Messina. Il rischio di una catastrofe, in caso di un forte terremoto, resta elevato.
- Confronto con il Ponte di Akashi: Tozzi confronta il progetto italiano con il ponte di Akashi, sottolineando come quest’ultimo sia stato realizzato per far fronte a condizioni sismiche estreme, evidenziando indirettamente le carenze del progetto del Ponte sullo Stretto. Mentre il ponte giapponese è stato costruito con l’esplicita finalità di resistere a terremoti di altissima magnitudo, il ponte italiano non sembra offrire lo stesso livello di sicurezza.
- Impatto sulle Costruzioni Locali: Un altro punto cruciale sollevato da Tozzi riguarda le costruzioni nelle aree adiacenti al ponte. Un terremoto di magnitudo 7,1 o superiore potrebbe causare danni devastanti non solo al ponte, ma anche agli edifici circostanti, molti dei quali non sono costruiti per resistere a scosse di tale intensità. Questo scenario potrebbe portare a una strage simile a quella causata dal terremoto del 1908.
Infine ricordiamo anche che il geologo, di recente, è intervenuto alla trasmissione Tango di Rai2, condotta da Luisella Costamagna, dove ha espresso ancora una volta il suo disappunto sulla costruzione di questa struttura.
Fonte: articolo di redazione lentepubblica.it