narcos serie tv droga piantinaÈ reato coltivare una piantina di droga? Di questo problema si è occupata più volte la giurisprudenza, stabilendo in quale determinate situazioni il reato sussiste.


La Corte d’appello di Roma ‐ Sezione III penale ‐ con la Sentenza del 25 gennaio 2017 n. 495, in particolare, ha espresso di recente un nuovo parere in merito.

 

Il Difensore dell’imputato ha proposto appello avverso la sentenza pronunciata il 9 marzo 2016 con la quale il Gip del Tribunale di Velletri, all’esito del giudizio abbreviato, ha affermato la penale responsabilità di As.Iv. del reato a lui ascritto in rubrica, previa riqualificazione del fatto nell’ipotesi cui all’art. 73, comma 4 D.P.R. 309/90 ed esclusa la sussistenza della circostanza aggravante dell’ingente quantità come contestata, concesse le attenuanti generiche, operata la riduzione per la scelta del rito, lo ha condannato alla pena di anni due e mesi due di reclusione e Euro 4.000,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali e di mantenimento durante la custodia cautelare. Con confisca e distruzione della sostanza stupefacente e del materiale sequestrati e restituzione dell’area ove erano site le piantagioni all’avente diritto.

 

La consulenza tossicologica eseguita da un tecnico incaricato dal PM accertava la natura delle piante sequestrate ma ‐ poiché effettuata su campioni non omogenei e su quantità non rappresentative ‐ non consentiva una determinazione affidabile del principio attivo THC ricavabile. Il giudice disponeva perizia tossicologica, e il perito concludeva rappresentando che il cattivo stato del materiale vegetale sequestrato non aveva consentito alcuna operazione finalizzata alla determinazione de quantitativo di principio attivo presente, neppure in via approssimativa.

 

Deve ritenersi sussistente la condotta del reato di coltivazione di piante dalle quali possono ricavarsi sostanze stupefacenti. Si tratta di delitto consumato e non tentato, poiché il reato si consuma con la coltivazione non autorizzata e non con la produzione del THC.

 

La Suprema Corte ha di recente ribadito ‐ con la sentenza della 6 Sezione n. 10169/2016 ‐ che “ai fitti della punibilità della coltivatone non autorizzata di piante delle quali sono estraibili sostante stupefacenti, l’offensività della condotta non è esclusa dal mancato compimento del processo di maturatone dei vegetali, neppure quando risulti l’assenza di principio attivo ricavabile nell’immediatezza gli arbusti sono prevedibilmente in grado di rendere, all’esito del fisiologico sviluppo, quantità significative di prodotto dotato di effetti droganti, in quanto il coltivare è attività che si riferisce all’intero ciclo evolutivo dell’organismo biologico”.

 

In sostanza, al fine di ritenere integrata l’offensività della coltivazione, rileva la conformità della pianta al tipo botanico previsto e la sua attitudine, anche per le modalità di coltivazione, a giungere a maturazione e produrre la sostanza stupefacente.

 

L’inoffensività va, dunque, stimata in ragione dell’intervenuto processo di sviluppo delle piante e dell’apprezzabile consistenza dello stesso, anche ove questo non si sia tradotto nel completamento del ciclo di maturazione.

 

In allegato il testo completo della Sentenza.