La clausola sociale impone al gestore entrante di assorbire il personale di quello uscente; ma non già di destinarlo all’esecuzione di quel medesimo contratto. Questo il contenuto della pronuncia del Consiglio di Stato, Sez. V, 7/6/2016 n. 2433.
Nel caso davanti ai giudici di Palazzo Spada, veniva contestata l’aggiudicazione di un servizio di distribuzione del gas all’impresa che avrebbe assorbito tutti i 13 addetti al servizio impiegati nella precedente gestione, collocandone solo 6 alla gestione del servizio medesimo.
Secondo la costante giurisprudenza del Consiglio di Stato (da ultimo: III, 30 marzo 2016, n. 1255, 9 dicembre 2015, n. 5598, 5 aprile 2013, n. 1896; V, 25 gennaio 2016, n. 242; VI, 27 novembre 2014, n. 5890) la clausola sociale va interpretata conformemente ai principi nazionali e comunitari in materia di libertà di iniziativa imprenditoriale garantita dall’art. 41 della Costituzione.
La conseguenza è che , fermo l’obbligo di riassorbimento dei lavoratori alle proprie dipendenze, il nuovo gestore del servizio può collocarne alcuni in altri contratti da esso eseguiti (e anche ricorrere agli ammortizzatori sociali previsti dalla legge allorché in esubero), quando nell’organizzazione prefigurata per quello in contestazione gli stessi risultino superflui.
Pertanto la clausola sociale funge da strumento per favorire la continuità e la stabilità occupazionale dei lavoratori, ma nel contempo non può esser tale da comprimere le esigenze organizzative dell’impresa subentrante che ritenga di potere ragionevolmente svolgere il servizio utilizzando una minore componente di lavoro rispetto al precedente gestore, e dunque ottenendo in questo modo economie di costi da valorizzare a fini competitivi nella procedura di affidamento.