PERMESSI-legge104-lavoro-part-timeLa legge 104/92 come novellata dalla legge del 2010 ha posto delle restrizioni alla fruizione dei permessi per l’assistenza di parenti o affini  di terzo grado in situazione di handicap grave?


 

Vediamo nei particolari.

 

L’art. 24 della legge 4 novembre 2010, n. 183 ha modificato la disciplina dei permessi per l’assistenza di persone gravemente disabili prevista dall’art. 33 della legge n. 104/92.

 

A decorrere dal 2010 hanno infatti diritto a fruire dei 3 giorni di permesso al mese il coniuge, i parenti e gli affini entro il secondo grado (la previgente normativa includeva direttamente i parenti e gli affini fino al terzo grado).

 

Esistono però dei casi in cui anche i parenti o gli affini di terzo grado possono assistere il familiare e quindi fruire dei permessi.

 

La legge sopra richiamata prevede infatti un’eccezione: i parenti e gli affini di terzo grado possono fruire dei permessi qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti.

 

È importante sottolineare come questa sia l’unica condizione da rispettare, pertanto, per fare un esempio, se un docente richiede i permessi per assistere una zia in situazione di grave disabilità, ai fini della fruizione dei permessi basta che dimostri alla scuola che o il coniuge della zia o il genitore della zia abbiano compiuto i 65 anni oppure siano affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti.

 

Non vi è per esempio l’obbligo di dimostrare che anche altri parenti o affini fino al secondo grado, se presenti, non siano in grado di assisterla.

 

A tal proposito è utile richiamare l’Interpello del Ministero del Lavoro n. 19 del 26 giugno 2014 il quale ha precisato che “il parente o affine entro il terzo grado può fruire dei permessi anche qualora le condizioni sopra descritte si riferiscano ad UNO SOLO dei soggetti menzionati dalla norma in quanto, il legislatore utilizza la congiunzione disgiuntiva (“qualora i genitori o il coniuge”) per indicare le condizioni che consentono l’estensione del diritto ai permessi al terzo grado di parentela o affinità (cfr. Dip. Funzione pubblica circ. n. 13/2010 – punto 2).

 

Una diversa interpretazione – cioè consentire l’estensione al terzo grado solo quando tutti i soggetti prioritariamente interessati (coniuge, parente o affine entro il secondo grado) si trovino nella impossibilità di assistere il disabile – finirebbe per restringere fortemente la platea dei soggetti interessati”.

 

L’interpello così conclude:

 

si ritiene pertanto che al fine di consentire la fruizione dei permessi ex art. 33, comma 3, L. n. 104/1992 ai parenti o affini entro il terzo grado debba essere dimostrata esclusivamente la circostanza che il coniuge e/o i genitori della persona con handicap grave si trovino in una delle specifiche condizioni stabilite dalla medesima norma, A NULLA RILEVANDO INVECE, IN QUANTO NON RICHIESTO, IL RISCONTRO DELLA PRESENZA NELL’AMBITO FAMILIARE DI PARENTI O AFFINI DI PRIMO E DI SECONDO GRADO”.

 

In poche parole l’unica condizione per usufruire dei permessi da parte di parenti o affini entro il terzo grado è che il genitore o il coniuge della persona da assistere abbiano compiuto i 65 anni di età o siano affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti, a prescindere dalla presenza di altri familiari che siano nelle condizioni di assisterlo (non ha importanza se conviventi o meno con il familiare).

 

Qualunque altra richiesta in tal senso da parte della scuola (per esempio le autocertificazioni di non assistenza di altri parenti o affini) non ha quindi nessun fondamento giuridico e di conseguenza il dipendente potrà rifiutarsi di adempiervi e richiedere invece lui immediatamente il rispetto della legge così come è stata formulata.

 

La scuola, quindi, nel momento in cui il dipendente presenta la richiesta di fruizione dei permessi per assistere un parente o un affine di terzo grado, corredata ovviamente dalle certificazioni mediche obbligatorie (verbale in cui è indicato chiaramente l’art. 3 comma 3 legge 104/92), potrà negare i permessi solo qualora non sia dimostrata l’età oppure la patologia invalidante o la mancanza o il decesso del genitore o del coniuge (basta uno dei due) del parente di terzo grado che intende assistere.

 

Si riportano per chiarezza i gradi di parentela e affinità fino al terzo:

 

 

blank