Pensioni lontane e assegni più bassiSecondo una recente analisi, per milioni di lavoratori le pensioni sono sempre più lontane e gli assegni sono dimezzati: ecco una panoramica.


Lo scenario in Italia, in tema di pensioni, è sempre più cupo per i cittadini. Gli italiani, infatti, vanno in pensione sempre più tardi, con assegni sempre più bassi (circa il 30% in meno della retribuzione media durante la vita lavorativa, per gli statali) e con un gender gap sempre più ampio.

L’analisi è stata fatta da una società di consulenza finanziaria indipendente, sul futuro della previdenza italiana, che sembra ormai impantanata da anni.

Ecco nel dettaglio.

Pensioni lontane e assegni più bassi: la previdenza in Italia

Secondo le stime, nel 2024 in Italia il rapporto tra la spesa pensionistica e il Pil salirà dal 15,8% del 2023 al 16,2%.
L’aumento è dovuto alla rivalutazione delle pensioni, per effetto dell’inflazione e ciò influenzerà molto il futuro del sistema pensionistico.

Basti pensare che, nel 2010, si prevedeva un rapporto tra spesa pensionistica e Pil del 15%: un punto percentuale vale circa 19 miliardi all’anno di spesa pensionistica.

Nel 2024, il Governo ha modificato le regole sia per chi è vicino all’età pensionabile (con Quota 103 e Opzione Donna) e sia per chi ha iniziato a lavorare dal 1996 e che rientra nel sistema di calcolo contributivo.

Per questi ultimi, secondo l’analisi, si allontana la possibilità di andare in pensione anticipata tre anni prima del requisito di vecchiaia (fissato a 67 anni).
Il valore della pensione dovrà essere pari ad almeno 1320 euro netti al mese, ma la soglia scende leggermente per le lavoratrici con uno o due figli.

Inoltre, sempre per la seconda categoria, il gender gap si fa più ampio: secondo l’indagine, alle donne sarà versata una pensione fino al 26% inferiore di quella degli uomini.

Pensioni lontane e assegni bassi: il problema dei giovani

Secondo l’Ocse, chi entra oggi nel mondo del lavoro passerà circa un terzo della propria vita futura in pensione. Ma, a partire dal 2030 circa, la situazione per i conti pubblici potrebbe complicarsi a causa di un grande flusso di lavoratori verso la pensione.

La previdenza integrativa, però, è ancora poco diffusa a livello nazionale: secondo i dati, solo 26 italiani su 100 stanno mettendo da parte dei risparmi in strumenti di previdenza complementare. Inoltre, chi sottoscrive una forma di previdenza integrativa s’iscrive solitamente tardi e versa somme ridotte.

La situazione per i giovani si complica a causa dei contratti atipici (sempre più rari i contratti a tempo indeterminato) e i salari bassi: si tratta di due elementi che rallentano l’entrata nel mondo del lavoro da parte dei giovani e che, di conseguenza, allungano le tempistiche per la pensione.


Fonte: articolo di redazione lentepubblica.it