Quando un governo ha la presunzione di poter fare anche quello che sa benissimo di non poter fare, aggiungendo a questa presunzione anche quella di essere l’unica fonte di intelligenza e di saggezza, credendo di poter dominare tutti, attraverso gabbie e guinzagli, supportato da un Papa che a sua volta ha anche la ridicola presunzione di essere ispirato da Dio e che quindi sa quello che Dio vuole o non vuole, sarebbe il momento di scappare e anche velocemente.
Forse la presunzione non è il più grave dei difetti, ma sicuramente quella cosa che fa irritare di più. Specialmente quando qualcuno si proclama come luce che illumina il cammino e questo qualcuno dovrebbe essere un governo fallimentare da tutti i punti di vista, fatto da personaggi che sembrano palloncini riempiti di acqua, proprio per compensare il vuoto che hanno dentro, che tentano di prendersi sul serio e purtroppo sono presi sul serio da molti altri, che li sopravvalutano per una irresponsabile speranza che ha sempre più presa sui fatti concreti o perché ascoltatori freddi e impassibili a qualunque riflessione.
Il tutto avallato da un mondo dei media, che tollera la presunzione di chi comanda, riuscendo anche ad applaudire senza commentare, mentre si dovrebbe scandalizzare, quando qualcuno come Mario Draghi ha la sfacciataggine di autocandidarsi, tra le righe, a Presidente della Repubblica o a dire che “si fa come dice lui o niente”. Forse quest’uomo si dovrebbe un po’ rilassare, visto che viene dal mondo dei gesuiti e quindi magari crede in Dio, ma dovrebbe anche convincersi che non è lui.
Il protagonismo e l’importanza che dà a sé stesso, gli fa credere quello che vorrebbe essere o che i camerieri gli fanno credere di essere, e lo fa sentire offeso da eventuali critiche, atti e iniziative dei suoi simili che non sono allineati ai suoi progetti a cui si potrebbe soprassedere solo quando questi siano privi di significato per gli altri. Purtroppo, questo modo di pensare e agire ha un impatto su tutti quelli che sono discriminati in quanto non condividono la linea di questo governo, oggetto della discriminazione data dall’assoluta arbitrarietà della morale comune, che qualcuno si arroga il diritto di dettare, come una religione che divide i fedeli dagli infedeli, utilizzando una falsa scienza. Falsa per lo stesso fatto che la vera scienza è qualcosa che unisce e non divide.
La discriminazione non ha mai avuto una base scientifica, anche se degli uomini in epoche passate hanno provato a servirsi della scienza per giustificare le loro idee di discriminazione. Quella discriminazione che mette un confine, senza badare che al di qua e al di là del confine, ci sono sempre sia imbecilli che grandi menti.
Discriminazione messa in atto per creare una categoria immaginaria applicata a gruppi umani reali, che serve a nominare differenze di potere e di status.
Una discriminazione che si sta tentando in tutti i modi di farla diventare la norma, tanto che le richieste di parità di trattamento, sono viste come richieste “speciali” da concedere o meno, infatti, questa discriminazione spesso non viene più percepita neanche dagli stessi discriminati, in quando la discriminazione che si radica nella società è sempre meno visibile e rischia di diventare normale.
Potremmo anche affermare che tutti noi abbiamo dei pregiudizi, anche chi pensa di avere una mente aperta. Ma il problema è sempre la conseguenza di tutto questo, ossia se questo pregiudizio diventa violenza per affermarlo o meno. Violenza intesa nel senso più allargato, ossia sia fisica, attraverso i manganelli e gli idranti delle forze dell’ordine o verbale, denigrando e censurando tutti i non allineati.
E’ ormai scomparsa quella democrazia del riconoscimento del singolo, dell’individuo, della persona umana. Tutto deve essere rapportato ad una classe, per cui la persona deve essere etichettata e giudicata non per quello che è singolarmente, ma per frame di appartenenza, in modo da poterla facilmente relegare ad un concetto, più facile da giudicare in modo spregiativo.
Una discriminazione che nasce da una perversione del concetto di democrazia, nei suoi principi di generalità e di singolarità, per escludere gruppi di persone che si oppongono a regole specifiche, per fare in modo che venga completamente oscurata la battaglia per il rispetto, la dignità, l’integrità e il riconoscimento del singolo con la sua propria storia, che rappresenta la più grande eguaglianza nell’accettazione delle singolarità.
In una democrazia compiuta, non servirebbero neanche delle leggi a tutela della singola posizione, ma solo il riconoscimento reale, che in Italia esiste già nella Costituzione, dei diritti fondamentali e della tutela della dignità dei singoli.
E’ su tutto questo impianto incivile che si radica la violenza, in questa politica senza etica e senza la consapevolezza dei principi fondamentali che stanno alla base della persona umana. Quella violenza che serve a sentirsi grandi, quando si ha paura delle idee altrui e poca fiducia nelle proprie, perché è la cosa più semplice per le menti vuote, in quanto le alternative sono più complesse e bisognerebbe mettere a moto il cervello.
Quella violenza data dall’idea che il problema e il dolore deriva dagli altri e che, di conseguenza, essi meritano di essere puniti. Magari solamente affermando attraverso i media, che i manifestanti hanno aggredito le forze dell’ordine tirando testate contro i manganelli della polizia o tacciando di neofascismo chi non ha intenzione di vaccinarsi, attuando quella aggressione verbale o reale usata proprio da chi è in errore e non ha la possibilità di prevalere con la realtà dei fatti e la coerenza della logica.
Violenza non è solo quella organizzata in nome di un Dio, della società o della patria, ma è molto più sottile, è la più flagrante manifestazione del potere, con le parole della propaganda che sono le prime armi a disposizione per ferire e negare la vita di qualcun altro, costretto ad obbedire per paura o per ricatto, togliendogli la sicurezza, in modo da farlo balbettare anche nella mente.
Essere pedinati, controllati o aver paura di uscire, anche questa è violenza, che ti toglie il fiato e la libertà. Lo Stato non può essere violenza sociale organizzata e chiamare “legge” la propria violenza, chiamando invece “crimine” i diritti fondamentali dell’individuo.
Ma ancora peggio di questa violenza c’è l’indifferenza, sia delle vittime, sia di quelli che in questo momento si sentono tutelati o non toccati, non rendendosi conto che la neutralità e il silenzio non favoriscono mai le vittime, e se una società fa vittime, un giorno lo saranno anche quelli che oggi non lo sono.
Dall’indifferenza è anche più difficile difendersi e genera la risposta violenta dei pochi che si sentono isolati e con le spalle al muro. Perché la violenza genera presto o tardi altra violenza.
La vera civiltà consiste proprio nel ridurre la violenza, che dovrebbe essere la funzione principale della civilizzazione, al di sopra di ogni cosa, pertanto, bisogna sempre schierarsi in qualunque situazione in cui degli esseri umani siano costretti a subire sofferenze e umiliazioni. Chi non lo fa, un giorno dovrà rimpiangere sé stesso.
Fonte: articolo di Roberto Recordare