piano spesa informatica pa aziendeTrasformare l’Italia con l’informatica, mettendo a frutto 6 miliardi di euro di spesa pubblica: questo l’obiettivo del piano triennale della spesa pubblica informatica (2017-2020) del Governo. Ma questo piano mette a rischio il mercato? Ecco la denuncia delle Aziende.


Il Piano Triennale per l’Informatica nella Pubblica amministrazione 2017–2019 è il documento indirizzo strategico ed economico con cui -per la prima volta- si definisce il modello di riferimento per lo sviluppo dell’informatica pubblica italiana e la strategia operativa di trasformazione digitale del Paese.

 

Il Piano definisce:

 

  • le linee operative di sviluppo dell’informatica pubblica;
  • il Modello strategico di evoluzione del sistema informativo della PA;
  • gli investimenti ICT del settore pubblico secondo le linee guida europee e del Governo.

 

Saranno condotte attività atte a garantire la gestione del Piano, mediante azioni di pianificazione, di monitoraggio e di coordinamento delle attività, e il supporto all’attuazione del Piano, con iniziative volte a rispondere alle domande sul Piano medesimo, a facilitare, sensibilizzare e formare le Pubbliche amministrazioni impegnate nel processo di trasformazione digitale.

 

Tuttavia, per le Aziende che occupano questo segmento qualcosa non torna. Assintel (Associazione Nazionale Imprese ICT), l’associazione delle (circa 130 mila) aziende informatiche del settore, denuncia il fatto che questo piano favorirebbe una concorrenza sleale da parte dello Stato e avvantaggerebbe le multinazionali.

 

Quali sono i motivi di queste critiche?

 

Il primo elemento critico è la nuova costituzione dei cosiddetti Poli di conservazione, sistemi realizzati dalle Pubbliche Amministrazioni per la conservazione perenne degli archivi digitali della PA. La norma crea ambiguità sui perimetri di competenza dei Poli e soprattutto taglia completamente fuori le oltre 70 imprese private accreditate AgID, che hanno speso decine di migliaia di euro per rientrare nel registro e per poterci restare, e alle quali il CAD stesso dà il diritto di fornire questi servizi.

 

Il secondo elemento critico riguarda la fatturazione elettronica B2B: sarebbe fondata l’ipotesi della costituzione di una fattura elettronica tutta italiana, veicolata da un unico provider di stato (SdI di Sogei) e conservata da un unico ente centralizzato governativo. Se si avverasse, andrebbe contro gli indirizzi di Bruxelles, che tutelano la libera concorrenza attraverso l’idea di access point certificati ma liberi.

 

Infine l’ultimo problema è ancor più grave: riguarda il fenomeno per cui alcune Pubbliche Amministrazioni scelgono di crearsi in-house i servizi IT per la fatturazione e la conservazione digitale ma successivamente li rivendono sul mercato con tariffe sotto costo, grazie alle particolari condizioni di tutela in cui operano.

 

In questo modo, commenta Giorgio Rapari, Presidente Assintelè come se utilizzassero i soldi dei contribuenti, tra i quali le aziende private IT, per fare concorrenza sleale alle stesse aziende, inquinando di fatto le dinamiche del libero mercato. Per queste ragioni abbiamo in programma una serie di iniziative, anche legali, per difendere i diritti delle imprese e del libero mercato”.

 

Le Aziende potrebbero presto riscoprirsi sul piede di guerra contro questo Piano del Governo. E questo potrebbe essere solo l’inizio di una situazione che si preannuncia già complicata.