Lo sostiene una recente sentenza del Tar della Toscana: una famiglia ha vinto il ricorso e può far saltare l’ora di religione alla figlia, anche se erano scaduti i termini per presentare la richiesta.
La vicenda ha preso l’avvio in una quarta elementare di una scuola di Firenze dove una studentessa, all’inizio di marzo ha comunicato ai suoi genitori il desiderio di iscriversi all’ora di educazione alternativa, rinunciando alla lezione facoltativa di religione cattolica, a partire dalla quinta classe, quindi dal prossimo anno scolastico.
La dirigente scolastica ha spiegato che non poteva accogliere la richiesta poiché i termini stabiliti dalla circolare d’istituto erano scaduti. La data ultima, secondo la circolare, era fissata al 30 gennaio.
Nonostante le proteste della famiglia la preside ha mantenuto la sua decisione senza cambiare idea, e così la famiglia ha deciso di avviare una battaglia legale davanti al Tar.
Ora di religione, si può saltare anche se sono scaduti i termini per opporsi
Si ricorda che l’attuale disciplina dell’insegnamento della religione cattolica discende dalla revisione del Concordato fra lo Stato italiano e la Chiesa cattolica (L.121/1985) e dalle Intese fra lo Stato italiano e le diverse confessioni religiose.
All’insegnamento della religione cattolica e agli aspetti connessi sono dedicati gli articoli 309, 310 e 311 del Testo Unico in materia di istruzione (Decreto legislativo 297/1994).
Questa vicenda ha sollevato questioni cruciali riguardo alla libertà di scelta nell’ambito educativo e ha evidenziato possibili rigidità procedurali che possono ostacolare le decisioni individuali e familiari.
La sentenza del Tar ha stabilito che il termine fissato dalla scuola era inadeguato e ha riconosciuto il diritto della studentessa di optare per un percorso educativo alternativo.
Di conseguenza, il Tar ha dato ragione alla famiglia: la frequenza dell’ora alternativa non può essere soggetta a limitazioni non previste dalla legge, ma deve essere garantita a livello costituzionale.
Inoltre, la dirigente scolastica è stata condannata a pagare tremila euro di spese legali e il rimborso delle spese, compreso il contributo unificato, poiché nel ricorso era stata evidenziata la violazione della libertà religiosa della minore e del suo diritto di fruire dell’ora di educazione alternativa.
In conclusione, secondo i giudici amministrativi, la libertà di non seguire l’ora di religione a scuola è un diritto fondamentale che sottolinea l’importanza di rispettare le scelte individuali e familiari nell’ambito educativo. Riconoscere e tutelare questa libertà promuove una società inclusiva, rispettosa delle diversità e consapevole dell’importanza della laicità nella formazione dei giovani cittadini.
Fonte: articolo di redazione lentepubblica.it