diffamazione facebookPost e commenti denigratori su Facebook fanno scattare il carcere?

 


Anche la diffusione di un messaggio con offese e calunnie su Facebook integra, a quanto pare, un’ipotesi di diffamazione “aggravata”. Post e commenti denigratori su Facebook fanno scattare il carcere: è questa la pena prevista per il reato di diffamazione che – a differenza di quello di ingiuria – non è stato depenalizzato e, anzi, se commesso su Facebook, implica un’aggravante ulteriore per via dell’uso del «mezzo di pubblicità».

 

Secondo la Cassazione, con la Sentenza n. 4873/2017 del 1.02.2017, però, il post offensivo su Facebook è diffamazione aggravata, ma non assimilabile al mezzo stampa, la cui aggravate è più “pesante”.

 

Reato aggravato sì, ma non quanto la diffamazione a mezzo stampa. Così è il delitto ex art. 595, commi 2 e 3, cod. pen. consumato attraverso Facebook con il messaggio offensivo e calunnioso nei confronti di un’altra persona pubblicato sul proprio profilo con l’attribuzione di un fatto determinato.

 

La versione più grave del reato di diffamazione è prevista per chi pubblica l’offesa sui giornali: la carta stampata ha ancora il primato dell’aggravante più pesante, quella appunto dell’uso della «stampa», cui un normale sito internet, ivi compreso Facebook, non può essere equiparato (salvo abbia requisiti di professionalità, come può essere la versione online di un quotidiano).

 

Differenza non da poco, quella sottolineata dal Gip: l’esclusione della legge 47/1948 (quella sulla stampa) di fatto dimezza la pena edittale (da 6 a 3 anni nel massimo) e, come conseguenza, determina processualmente la citazione diretta a giudizio – impugnata dal procuratore quale presupposto dell’ordinanza «abnorme» firmata dal Gip.

 

La Cassazione però ha bocciato il ricorso della Procura ligure, ribadendo un precedente del 2015 (31022) secondo cui la bacheca del social network può essere incasellata agevolmente nell’articolo 595 del Codice penale, ma solo nella seconda ipotesi del comma 3 (non «stampa» ma «altro mezzo di pubblicità»). Non è quindi applicabile la legge 47 del 1948 (Disposizioni sulla stampa, diffamazione, reati attinenti alla professione e processo penale) che per la diffamazione aggravata dal fatto determinato prevede da 1 a 6 anni di carcere (articolo 1 3).