Il Supporto giuridico del Servizio Contratti Pubblici del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (MIT) ha fornito, con il parere n. 2863 del 29 ottobre 2024, alcuni chiarimenti relativamente all’obbligatorietà del Codice identificativo di gara (CIG) anche per le società in house.


La questione verte sull’art. 7 del nuovo Codice Appalti, d.lgs. 36/2023 e sulla determinazione ANAC n. 4/2011, aggiornata dalla delibera n. 585 del 19 dicembre 2023, in particolare sul paragrafo 2.5 “Tracciabilità tra soggetti pubblici”. Questo paragrafo esclude dall’ambito applicativo della legge n. 136/2020 le transazioni finanziarie verso le società in house. La questione è se la pubblica amministrazione debba obbligatoriamente richiedere il codice identificativo di gara (CIG) per gli affidamenti a una società in house completamente controllata dalla stessa PA, soprattutto nel contesto degli interventi del PNRR.

Prima di procedere con l’analisi della risposta, è opportuno fare una breve premessa sulla fattispecie delle società in house.

Le peculiarità delle Società in House

L’affidamento in house consiste nell’autoproduzione di beni, servizi e lavori da parte della P.A., la quale si rivolge ad un soggetto esterno, nello specifico ad una persona giuridica di diritto pubblico o di diritto privato, mantenendo su di esso uno stretto controllo, derogando all’obbligo di ricorrere al mercato. Si può affermare, quindi, che è la stessa pubblica amministrazione a svolgere i lavori.

L’art. 3 co. 1 lett. e) dell’allegato I.1 del nuovo codice appalti definisce l’affidamento in house come: “l’affidamento di un contratto di appalto o di concessione effettuato direttamente a una persona giuridica di diritto pubblico o di diritto privato definita dall’articolo 2, comma 1, lettera o), del testo unico in materia di società a partecipazione pubblica, di cui al D.Lgs. 175/2016, e alle condizioni rispettivamente indicate dall’articolo 12, paragrafi 1, 2 e 3, della direttiva 24/2014/UE e dall’articolo 17, paragrafi 1, 2 e 3 della direttiva 23/2014/UE, nonché, per i settori speciali, dall’articolo 28, paragrafi 1, 2 e 3, della direttiva 24/2014/UE.

Presupposto dell’affidamento in house è la sussistenza di una stretta relazione tra chi affida e chi riceve l’affidamento. Questo legame dovrebbe permettere un affidamento diretto lecito dell’appalto o del servizio.

I chiarimenti del MIT: obbligo di CIG anche per le Società in house

Tornando al quesito, il MIT richiama quanto espresso dall’ANAC nelle FAQ riguardanti la digitalizzazione dei contratti pubblici e in particolare alcune specifiche sugli obblighi comunicativi e di classificazione degli affidamenti da parte delle amministrazioni nei confronti delle entità partecipate. Secondo quanto stabilito nell’art. 7 del d.lgs. 36/2023 e nell’art. 17 del d.lgs. 201/2022, gli affidamenti in house devono rispettare requisiti di trasparenza e obblighi di comunicazione riguardanti le procedure e l’esecuzione. In particolare, l’ANAC, nella FAQ B.10, ha chiarito che gli affidamenti in house sono soggetti agli obblighi informativi previsti dall’art. 23, co. 5 del Codice dei contratti pubblici.

Esso, infatti, dispone che “Con proprio provvedimento l’ANAC individua le informazioni che le stazioni appaltanti e gli enti concedenti sono tenuti a trasmettere alla Banca dati nazionale dei contratti pubblici attraverso le piattaforme telematiche di cui all’articolo 25. Gli obblighi informativi di cui al primo periodo riguardano anche gli affidamenti diretti a società in house di cui all’articolo 7, comma 2”. Questo implica che le amministrazioni sono tenute a richiedere il CIG anche per tali affidamenti, al fine di garantire la trasparenza necessaria.

È inoltre importante notare che il D.L. 13 del 2023, noto come “Decreto PNRR 3”, entrato in vigore il 25 febbraio, stabilisce che il CIG ordinario è obbligatorio per gli appalti PNRR-PNC con un importo superiore a 5.000 euro.

Pertanto, nel caso di affidamenti in house a una società interamente controllata dalla PA, l’obbligo di acquisire il CIG è valido, non solo per garantire la trasparenza, ma anche in conformità con le normative vigenti.

In merito alla digitalizzazione degli appalti, a partire dal 1° gennaio 2024, l’ottenimento del CIG sarà automatizzato tramite le piattaforme di approvvigionamento digitale certificate, le cosiddette PAD, che gestiranno l’intero ciclo di vita del contratto.

L’acquisizione del CIG sarà obbligatoria per tutti i contratti pubblici soggetti alla normativa del Codice e per le varie tipologie di contratti esclusi dalla stessa normativa, oltre a quelle sottoposte agli obblighi di tracciabilità dei flussi finanziari previsti dall’articolo 3 della legge n. 136/2010. Le amministrazioni avranno quindi a disposizione due opzioni per acquisire il CIG: attraverso le PAD certificate o utilizzando le funzionalità offerte dalla Piattaforma Contratti Pubblici (PCP).

Il parere n. 2863 del MIT chiarisce l’obbligo del Codice identificativo di gara (CIG) per le società in house, evidenziando l’importanza della trasparenza negli appalti pubblici. Con le recenti modifiche normative, le amministrazioni sono ora obbligate a richiedere il CIG per tutti gli affidamenti, anche quelli a enti completamente controllati, a partire da importi superiori a 5.000 euro. Questa misura non solo mira a garantire la tracciabilità delle operazioni finanziarie, ma rappresenta anche un passo significativo verso la digitalizzazione delle procedure di appalto, che saranno automatizzate a partire dal 2024.