Per discriminazione, il governo australiano fa un baffo anche ad Adolf Hitler, che si dimostrò più tollerante rispetto a Jesse Owens ai giochi olimpici di Berlino nel 1936.
I giornalisti inventarono a suo tempo anche un’ostilità da parte di Hitler verso Owens che di fatto non ci fu, tanto che lo stesso Owens raccontò come Hitler si alzò in piedi e gli fece un cenno con la mano e lui rispose al saluto.
Al contrario, il presidente statunitense dell’epoca Franklin Roosevelt, impegnato nelle elezioni presidenziali del 1936, cancellò un appuntamento alla Casa Bianca con Owens di ritorno dalle olimpiadi, perché preoccupato della reazione che avrebbero potuto avere gli elettori degli Stati del sud.
In entrambi i casi, i giornalisti anche a quei tempi fecero la loro parte, falsando i fatti, cercando di mantenere il politically correct.
RAI1 mantiene la linea aprendo il telegiornale delle 13.30 con la notizia dell’espulsione di Djokovic dall’Australia, attraverso Marco Franzelli, arrivato apposta in studio solo per parlare di questo, ostentando una certa soddisfazione, dipingendolo come esempio negativo, sottolineando che Djokovic pensava di essere al di sopra delle regole e che la TV australiana avrebbe detto che è stato buttato fuori a calci. Tutto questo per un vaccino dice Franzelli. Come per dire … per una cazzata!
Dopodiché parte un altro servizio che dipinge Djokovic come personaggio discutibile, perfino di aver colpito una giudice con una pallina lanciata per rabbia, come se lo avesse fatto apposta.
Ma non finisce qua, parla del danno di immagine che ha subito Djokovic, prevedendo una brutta reazione del pubblico e degli sponsor.
Quando un giornalista parla come un idiota e sembra un vero idiota, non bisogna farsi ingannare dalle apparenze, perché è proprio un vero idiota.
Sicuramente chi identifica la cultura, la morale e l’ideologia con la sua cultura, morale e ideologia, esprime già un certo insopprimibile razzismo verso coloro che vivono di un’altra cultura, un’altra morale e un’altra ideologia, vivendo la realtà con una forma riassuntiva più facile, dando anche una sua graduatoria dei valori, magari neanche sua, ma professata come cameriere del gruppo dominante.
Una critica ha una certa qualità, fondamentalmente per due motivi. Per la qualità di chi la fa e per il motivo per cui la fa.
In questa critica, c’è tutto quello che di peggiore si può ritrovare in un giornalista, sia per l’informazione a dir poco di parte, che per il suo metro di giudizio, che di fatto trasforma l’informazione in una propaganda politica.
Innanzitutto, il nostro Franzelli, avrebbe dovuto capire che principalmente stava parlando di sport e di uno sportivo. Per cui, avrebbe dovuto considerare il contesto di una attività dove la parte fisica e il mantenimento dell’integrità fisica di uno sportivo, oltretutto a quei livelli, non può essere decisa dal governo australiano, con tutto il rispetto per il governo australiano.
Sicuramente Djokovic avrà i suoi medici e i suoi preparatori atletici che lo possono consigliare meglio di un magistrato, di un politico o di un giornalista ignorante.
Quindi saprà lui, da sportivo se ritiene di “doparsi” con un vaccino o meno.
Il giornalista oltretutto dovrebbe comprendere cos’è lo sport, quella droga positiva che Pfizer non è in grado di creare, che dà il meglio di sé perché unisce, perché alla base dello sport c’è la lealtà, cosa sconosciuta ai giornalisti di regime, quella cosa a cui gli sportivi che diventano campioni danno tutto se stessi, che danno sempre il cento per cento e forse anche di più.
Il tennis in particolare è uno sport impegnativo, che richiede oltre al controllo, forza mentale, prontezza, velocità, resistenza, carattere e anche tanta intelligenza, che si misura in millimetri e secondi. Per cui far entrare in merito del contesto sportivo, qualcuno a cui viene il fiatone se compila un modulo o quando accede il fuoco della brace, senza capire tutto quello che Djokovic ci ha messo ogni giorno per amore del tennis e comunque dello sport, è come dare perle ai porci.
Se quei quattro politici e i tre magistrati della corte suprema australiana, avessero praticato uno sport ad alti livelli, avrebbero espresso un giudizio diverso e anche l’Australia sarebbe stata sicuramente diversa.
Pertanto, prima di entrare in merito alle scelte di Djokovic sul suo modo di garantire il suo stato di salute, ci si sarebbe aspettati che il telegiornale avesse dato con la stessa enfasi, la notizia della morte di Allison Coleman, bambina di 7 anni, morta per evento avverso di vaccino Pfizer inoculato giorno 11 gennaio, proprio a Sidney. Chi fa sport, sa che per vincere ci vuole la testa, la personalità, credere a sé stessi anche quando nessuno lo fa e soprattutto il cuore, per cui un atleta non gareggia con i soldi in tasca, ma con la voglia e la speranza di vincere. Per cui i soldi, che non fanno schifo a nessuno, per uno sportivo vengono dopo e non secondo le priorità di Franzelli che si preoccupa (per modo di dire) dei soldi degli sponsor di Djokovic.
Altra bestialità che sottende la notizia, è il danno di immagine di Djokovic. Ci si dovrebbe domandare intanto per chi? Evidentemente ha anche la presunzione di sapere cosa pensano tutti della scelta di Djokovic, oltre a leggere anche nei pensieri dell’atleta, che secondo lui si sarebbe ritenuto al di sopra delle regole.
Magari esiste anche qualcuno che non vive di immagine o che non dà la priorità all’immagine rispetto ad altre scelte, tra cui la dignità.
Il giornalista ha praticamente messo ai primi posti l’immagine e i soldi degli sponsor, come la maggiore perdita che Djokovic avrebbe subito per la sua scelta. Questo la dice lunga sulla personalità e fatale immaturità del giornalista, giudicando l’apparenza come una virtù da salvaguardare, più della sostanza. Il problema che hanno tutti quelli che vivono di apparenza e come sport leccano culi. Ognuno col suo cor l’altrui misura.
Ma Djokovic purtroppo per i tanti zombie, non ha successo per ciò che appare, ma è il numero uno nel suo sport a prescindere da tutto quello che si può pensare o dire, perché brilla di luce propria. Non ha bisogno di truccarsi la mattina o postare su Istagram, la sua fortuna più grande è proprio quella di non essere come gli altri lo vorrebbero.
Credo che lui, prima di mettersi una maschera che non gli appartiene, deve dare conto a chi lo stima per quello che è, non tradirli e dare un insegnamento ai suoi figli.
Per cui la critica sterile su Djokovic, sicuramente di bassa qualità sotto tutti i punti di vista, da chi è abituato a criticare e non fare nessuno sforzo mentale, per entrare in merito magari della battaglia personale che sta conducendo Djokovic, alle sue scelte personali, che possono essere di qualsiasi tipo, ma sempre e solo le sue.
Sicuramente Djokovic sa che deve pagare la tassa della critica che pagano tutti quelli che in qualche modo emergono dalla folla e che oltretutto significa anche che la sua azione conta ed è degna di attenzione, tanto da scatenare tutti quelli che con presunzione credono di poter nuocere in qualche modo alla sua immagine, che non sono spinti dall’amore del vero ma da arroganza, litigiosità, astio, gelosia e soprattutto in questo caso da becero servilismo.
Una critica che è solo una perversione del giornalismo, che critica per partito preso perché dovuto, critica come pregiudizio reso plausibile, che nasconde tutto quello che non si è capaci di capire, ritenendo che un vino di merda può diventare ottimo se bevuto in calici di cristallo.
Fonte: articolo di Roberto Recordare