E’ nullo l’avviso di accertamento tributario intestato al de cuius e notificato direttamente all’erede che non abbia preventivamente comunicato all’Agenzia delle entrate le proprie generalità e il proprio domicilio fiscale. In difetto della comunicazione, infatti, gli atti fiscali intestati al dante causa vanno notificati nel suo ultimo domicilio e devono essere diretti agli eredi collettivamente e impersonalmente.
La nullità non può essere sanata, considerata la gravità della violazione commessa dal fisco. Lo ha stabilito la commissione tributaria regionale di Bari, sezione staccata di Lecce (sezione XXII), con la sentenza n. 2100 del 20 ottobre 2014
L’Agenzia delle Entrate Direzione Provinciale di Brindisi ex Ufficio di Ostuni in data 18.4.2008 notificava al Signor C.G. – nella qualità di erede – l’avviso di accertamento n. RF (…), intestato al padre deceduto in data 14.7.2003 Signor C.Q. con il quale assoggettava a tassazione separata a titolo di “reddito diverso”, ex art.67 1 comma lett. b) del D.P.R. n. 917 del 1986, la plusvalenza realizzata a seguito della cessione a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria avvenuta nell’anno 2002.
Il contribuente impugnava il detto avviso di accertamento innanzi alla CTP di Brindisi per plurimi motivi. Eccepiva la totale inesistenza dell’avviso di accertamento per errata individuazione del soggetto passivo essendo lo stesso intestato al Signor C.Q., la nullità dello stesso per mancanza in capo al ricorrente della qualità di erede a seguito della rinunzia all’eredità, la nullità dell’avviso perché intestato a contribuente deceduto prima della notifica e prima della emanazione dell’atto, la nullità per vizio insanabile di notificazione, la intervenuta decadenza dell’attività accertativa.
L’adita CTP con sentenza n. 118/2/09 del 28.9.2009 dichiarava inammissibile il ricorso per tardiva costituzione.
Avverso la citata sentenza ha presentato appello il contribuente deducendone la illegittimità per i seguenti motivi: 1) Nullità della sentenza per vizio assoluto di motivazione avendo omesso di pronunciarsi sui vari motivi di merito prospettati dal ricorrente; 2) nullità della sentenza per vizio di ultrapetizione essendo fondata su un motivo non dedotto dalla parte interessata; 3) nullità della sentenza per violazione di legge essendo la costituzione avvenuta tempestivamente. 4) Ripropone i singoli motivi già prospettati in prime cure. Conclude per la riforma della impugnata sentenza con vittoria di spese del doppio grado di giudizio.
Resiste l’Agenzia delle Entrate con controdeduzioni depositate in data 7.3.2011 con le quali contesta le avverse ragioni e argomentazioni ribadendo la tardività della costituzione, la regolarità della notifica, nonché la corretta individuazione del soggetto passivo nella qualità di erede confermata dalla presentazione della dichiarazione Unico P.F. 2004. Conclude per il rigetto dell’appello con condanna dell’appellante al pagamento delle spese di giudizio.
Alla odierna udienza pubblica sono comparsi per il contribuente l’Avv. Giorgio Pasca e per l’Ufficio finanziario il Dott. Stefano Durante i quali si riportano ai rispettivi scritti difensivi dei quali ne chiedono l’accoglimento.
La Commissione decide come da separato dispositivo in atti.
MOTIVI DELLA DECISIONE
L’appello proposto dal contribuente è fondato e, pertanto, merita l’accoglimento.
Preliminarmente sono da rigettare, perché privi di consistenza giuridica, i primi due motivi di gravame attinenti rispettivamente alla asserita omessa motivazione nel merito e al presunto vizio di ultrapetizione.
In relazione alla prima censura, evidentemente, sfugge al contribuente che la impugnata sentenza si qualifica come sentenza di “rito”, essendosi limitata – a torto o ragione non importa – a rilevare una condizione di inammissibilità del ricorso introduttivo preclusiva dell’esame di merito. Correttamente, dunque, i primi giudici, al cospetto di tale pregiudiziale, si sono astenuti dall’esaminare i prospettati motivi di merito.
Quanto alla seconda eccezione con cui viene denunciato un vizio di ultrapetizione, giova rammentare che il termine di costituzione è previsto a pena d’inammissibilità del ricorso, di guisa che, ove ritenuta sussistente, come nella fattispecie, ancorchè erroneamente (per quanto si dirà in seguito), è rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio. Nella fattispecie, invero, i primi giudici erroneamente hanno dichiarato l’inammissibilità del ricorso introduttivo per tardiva costituzione, poiché nel computare il termine perentorio di 30 giorni previsto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, hanno considerato la data di spedizione del ricorso e non quella di ricevimento dello stesso.
Secondo il più recente e condivisibile orientamento, ai fini della costituzione in giudizio, il ricorso deve essere depositato nella segreteria della commissione tributaria, a pena d’inammissibilità, entro trenta giorni dalla ricezione da parte del destinatario e non dalla spedizione da parte del ricorrente.
In tal senso è l’autorevole insegnamento della Suprema Corte di Cassazione secondo il quale “in un procedimento a carattere latamente impugnatorio come il processo tributario, non può non valere il principio generale, più volte affermato riguardo agli artt.347 e 165 c.p.c., secondo cui il termine per la costituzione decorre dal momento del perfezionamento della notificazione dell’atto di gravame nei confronti del destinatario e non dal momento della consegna di tale atto all’ufficiale giudiziario, che rileva, invece, solo ai fini della tempestività dell’impugnazione” (Cass. Civ. 21.4.2011 n. 9173). Vedasi anche Ordinanza Cass.n. 14010 del 3.8.2012 per la quale i trenta giorni dalla proposizione del ricorso che l’art.22 del decreto sul contenzioso tributario prescrive a pena d’inammissibilità, per la costituzione in giudizio della parte ricorrente, “decorrono dalla ricezione del plico da parte dell’ufficio finanziario e non da quella della spedizione”.
Onde, in accoglimento del motivo di cui al punto 3), la tempestività del ricorso introduttivo avuto riguardo alla data della sua ricezione da parte dell’A.F. avvenuta in data 24.10.2008 e a quella del suo deposito effettuato il 24 novembre 2008, cadendo il termine ultimo del 23 novembre in giornata domenicale.
Parimenti accoglibili sono le doglianze di merito nei diversi profili prospettati, atteso che, in primo luogo, la pretesa tributaria risulta rivolta a soggetto privo della qualità di erede, tenuto (doverosamente) conto dell’atto di rinuncia espressa all’eredità sottoscritta dal Signor C.G. in data 11.7.2008 innanzi al Cancelliere del Tribunale Ordinario di Brindisi, prodotto agli atti di causa.
Né lo “status” di erede è diversamente acquisibile in ragione di atti e fatti che non siano inequivocabilmente espressivi di accettazione tacita dell’eredità di cui all’art. 476 c.c. a mente del quale “l’accettazione è tacita quando il chiamato all’eredità compie un atto che presuppone necessariamente la sua volontà di accettare e che non avrebbe il diritto di fare se non nella qualità di erede”. In tale ambito normativo non rientra la circostanza dedotta dall’ufficio finanziario che annette la qualità di erede in capo al C.G., odierno appellante, in ragione del solo fatto di aver presentato il Mod Unico 2004 del padre C.Q.. Trattasi, invero, di adempimento a prevalente contenuto fiscale che, al pari della denuncia di successione, il pagamento delle relative imposte, la richiesta di registrazione del testamento etc., non è idoneo a manifestare in modo certo l’intenzione univoca di assumere la qualità di erede.
Secondariamente, la notifica dell’avviso di accertamento intestato al de cuius ed effettuata direttamente nei confronti dell’odierno appellante presso il proprio indirizzo, è da ritenersi insanabilmente nulla, giacchè, in difetto della comunicazione prevista dall’art.65 del D.P.R. n. 600 del 1973, come nel caso, gli atti intestati al dante causa possono essere notificati nell’ultimo domicilio dello stesso, ma devono essere diretti agli eredi collettivamente e impersonalmente. L’inosservanza di tale procedimento notificatorio, incidendo sul rapporto tributario, perché relativo ad un soggetto non più esistente, implica la nullità insanabile della notifica e dell’avviso di accertamento. In tal senso la giurisprudenza consolidata della Suprema Corte di Cassazione. Vds da ultimo Cass. 29 novembre 2013 n. 26718.
Le assorbenti considerazioni che precedono rendono ultroneo l’esame delle restanti eccezioni.
Ricorrono giusti motivi per compensare interamente fra le parti le spese di giudizio in considerazione della reciproca soccombenza correlata alla reiezione delle eccezioni preliminari sollevate dal contribuente.
P.Q.M.
La CTR, in riforma dell’impugnata sentenza, accoglie l’appello del contribuente. Spese compensate.
FONTE: Commissione Regionale Tributaria di Bari