A fare chiarezza è una recente sentenza del TAR del Lazio, la numero 14860/2024: non è possibile applicare il condono edilizio se non si rispetta la normativa urbanistica riguardante la distanza legale tra edifici.


Un residente, nella controversia in esame, ha visto respinto il suo ricorso contro il Comune per ottenere il permesso di sanatoria di alcuni abusi edilizi realizzati nella sua proprietà. Lo ha stabilito il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, con una sentenza emessa lo scorso 19 luglio.

La vicenda riguarda un immobile per il quale la proprietaria aveva inizialmente ottenuto un permesso di costruire nel 2004. Tuttavia, durante i lavori, erano state apportate diverse modifiche non autorizzate, come la chiusura di una tettoia, la realizzazione di un bagno interno e l’ampliamento di alcuni locali.

Di fronte a queste irregolarità, il Comune aveva emesso un’ordinanza di demolizione, cui era seguita la richiesta di sanatoria da parte della proprietaria. Ma il Comune aveva nuovamente respinto la richiesta, motivando la decisione con la violazione delle norme urbanistiche relative alle distanze minime tra le costruzioni e con la mancata conformità del “locale tecnico” realizzato.

La proprietaria aveva quindi presentato ricorso al TAR, contestando le motivazioni del Comune e sostenendo che gli interventi realizzati non pregiudicavano la sicurezza e l’igiene. Tuttavia, il Tribunale ha ritenuto infondato il ricorso, confermando la decisione dell’Amministrazione.

Niente condono se la distanza legale tra edifici non è rispettata

Il Tribunale Amministrativo Regionale ha sottolineato un principio fondamentale del diritto urbanistico: il rispetto delle distanze minime tra gli edifici è essenziale per garantire la sicurezza e la salubrità dell’ambiente costruito.

La distanza legale tra gli edifici è dettata principalmente dall’art. 873 del codice civile. Altri riferimenti normativi importanti sono gli art. 874, 875 e 877 del codice civile e l’art. 9 del D.M. 1444/1968.

Queste norme, infatti, servono a prevenire problemi come l’insufficiente aerazione, l’eccessiva ombreggiatura e il rischio di crolli, tutelando così sia gli abitanti dell’immobile interessato sia quelli degli edifici vicini.

Nel caso specifico, la proprietaria aveva sostenuto che l’ampliamento realizzato non rappresentava un pericolo per la salute pubblica. Tuttavia, il TAR ha ritenuto che le prove presentate non fossero sufficienti a dimostrare questa affermazione.

Inoltre, il Tribunale ha chiarito che la possibilità di sanare un abuso edilizio, ovvero di ottenere un permesso di costruire in sanatoria, non è automatica. La legge prevede infatti una serie di requisiti molto rigorosi che devono essere soddisfatti. Nel caso in esame, la proprietaria non è riuscita a dimostrare di aver rispettato queste condizioni, e quindi il suo ricorso è stato respinto.

In buona sostanza, la sentenza del TAR ci ricorda che le regole urbanistiche esistono per tutelare l’interesse collettivo e che non possono essere eluse facilmente. Chiunque voglia effettuare lavori edilizi deve attenersi scrupolosamente a queste norme, pena l’applicazione di sanzioni amministrative e, nei casi più gravi, penali.

Il testo della sentenza

Qui il documento completo.