Era così arduo il confronto per  tutti  con  San  Francesco,  che  nessun  Papa  aveva mai osato darsi il nome Francesco. Evidentemente tutti avevano riconosciuto che era quasi irrispettoso assumere quel nome, per  quel  grande  personaggio considerato l’emblema della santità.

Ebbene, Bergoglio non si è fatto rosso per questo, prendendo a prestito quel nome. Ciliegina sulla torta per camuffare il più possibile lo spirito di quell’uomo, capace di dare una manata alla signora molto probabilmente orientale, minuscola e alta manco un metro e sessanta, messa in prima fila chissà da quante ore per potergli rivolgere una parola, una richiesta o chissà cosa.

Lo stesso Papa arrivato in Vaticano facendosi spazio, tanto che qualcun altro ha dovuto abdicare per lasciargli il posto. Il Papa al posto giusto nel momento giusto. Non si poteva più aspettare. La chiesa doveva esercitare il suo ruolo per il Great Reset pensato dal World Economic Forum, invenzione di quel Klaus Schwab, che si è arrogato il diritto di decidere sul futuro di miliardi di persone, senza la delega di nessuno.

La chiesa ha sempre avuto un ruolo importante in Italia e nel mondo, capace di condizionare un certo numero di persone,  quindi,  era  importante  dare  il  timone alla persona che avrebbe potuto affiancare il progetto globalista.

Il Papa con il nome di Francesco, che consiglia vaccinazioni, mascherine e distanziamento sociale, proprio in antitesi al comportamento di San Francesco che è arrivato a mangiare nello stesso piatto di un lebbroso, per dare un esempio di non emarginazione.

E’ anche vero che Bergoglio ha fatto un incontro con “gli invisibili” ripreso in mondovisione, per recitare quella parte che è bene pubblicizzare. Ha incontrato quattro persone considerate del mondo degli “ultimi”, che gli hanno posto delle domande e hanno potuto interloquire con lui un’oretta.

Ma non è andato in mondovisione l’incontro fatto con i Rothshild e i Rockefeller, durato molto più a lungo e con persone molto più mediaticamente interessanti, quando ha siglato con loro la partnership della chiesa per il “Concil for inclusive capitalism”.

Non essendo classificati tra gli ultimi, ma come i “primi” nel panorama globalista, forse non era il caso di fare una trasmissione in mondovisione.

Certo, stringere un accordo tra la chiesa e chi dovrebbe avere qualche difficoltà ad entrare nel regno di Dio, visto che è più facile per un cammello passare per la cruna d’un ago, non è proprio l’insegnamento della chiesa che tutti conosciamo, né di San Francesco e neanche di Gesù Cristo, ma il Bergoglio, va avanti come un treno.

Non avrebbe potuto farlo se in Italia, proprio in Italia, ci fosse stata una resistenza. “Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave sanza nocchiere  in gran  tempesta,  non donna di provincie, ma bordello!” Se Dante Alighieri, lo diceva già più di settecento anni fa, evidentemente c’è qualcosa che caratterizza  questa  nazione,  che  guardando indietro, storicamente ha avuto anni di libertà e secoli di servitù.

Una nazione che riesce a diventare serva a prescindere. Se non esiste un Dio, sarà in grado di crearselo, se non sarà serva di un Dio, sarà serva di una superstizione e quando tutto manca sarà serva delle singole ambizioni, che è la prima causa del servilismo, perché si sposa bene con la vigliaccheria e la pusillanimità, dove si può pascolare, magari mugugnando, nel prato dei regimi, raccogliendo le briciole e rosicchiando le ossa. Quella prostituzione delle coscienze, nel mercato dove porle all’incanto al prezzo migliore.

Tanto che ormai è diventato anche inutile studiare, basta qualche periodo di adulazione, servilismo e conformismo da mettere sul curriculum, cercando  di arrivare a leccare il culo al leone,  se ci si riesce ad arrivare,  per poter diventare un bel burocrate servo di corte.

Se la chiesa di Bergoglio apre le porte del Paradiso con il nuovo patto per il capitalismo, credo sia meglio essere padroni di sé stessi all’inferno.


Fonte: articolo di Roberto Recordare