La Cassazione ha deciso, sulla questione migranti, per lo stop alle espulsioni dei prefetti: con la sentenza n. 11309/2019 la Suprema corte ha ricordato che solo la Commissione territoriale può verificare le condizioni di ammissibilità alla protezione internazionale.
Nel caso specifico, i giudici nell’esaminare uno dei ricorsi, sempre più numerosi, contro il no all’accoglienza, ha accolto la tesi della difesa di un cittadino senegalese espulso dal prefetto di Milano, dopo che il questore gli aveva trasmesso gli atti dando una valutazione negativa.
Il questore si era informato sulle motivazioni della domanda di asilo e non le aveva trovate sufficienti: il passaggio successivo era stata la trasmissione degli atti direttamente al prefetto per l’espulsione.
La decisione
Per la Cassazione, l’ufficio di polizia di frontiera e la questura sono competenti soltanto a ricevere la domanda.
Chi ha proposto domanda di protezione internazionale è poi autorizzato a rimanere nel territorio dello Stato, ai fini esclusivi della procedura, fino alla decisione della commissione territoriale sulla domanda stessa, con la sola salvezza delle ipotesi di cui al comma secondo dell’art. 7 d.lgs. n. 25 del 2008 (v. Cass. n. 19819-18, seppure in tema di asilo).
Tutto ciò comporta che, da un lato, sussiste il divieto di espulsione in presenza della rituale proposizione della domanda di protezione e, dall’altro, che non la questura (come implicitamente ritenuto dal giudice di pace nel caso di specie) ma unicamente la commissione territoriale è legittimata a esaminare il merito della suddetta eventuale domanda.
La Corte, pertanto, accoglie il ricorso, cassa il provvedimento impugnato e, decidendo nel merito, annulla il decreto di espulsione; condanna l’amministrazione alle spese processuali.
A questo link il testo completo della Sentenza.