Il TAR Roma, con la Sentenza del 14.11.2016, n. 11286, si è espresso sulle conseguenze relative alle false dichiarazioni sulla piattaforma MEPA, sui casi di falso innocuo e sulla legittimità della revoca e dell’esclusione da una gara d’appalto.
Con l’atto introduttivo del presente giudizio, notificato in data 20 novembre 2015 e depositato il successivo 3 dicembre 2015, i ricorrenti chiedono l’esecuzione del giudicato derivante dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 5614 del 2011, depositata in data 9 marzo 2011, munita di formula esecutiva il successivo 29 aprile 2011 e così notificata in data 28 settembre 2011, con cui il Ministero dell’Economia e delle Finanze è stato condannato al pagamento, in favore del sig. Tressanti, della somma di € 2.999,0, oltre “gli interessi legali”, a titolo di equa riparazione per irragionevole durata del processo, nonché alla rifusione delle spese di giudizio, liquidate “per il giudizio di merito” in “euro 50 per esborsi, euro 378,00 per diritti e euro 445,00 per onorari” e per il “giudizio di legittimità” in “euro 525,00, oltre spese generali ed accessori di legge”, con distrazione a favore dell’avv. De Paola, “difensore antistatario”.
Nelle gare pubbliche, non può operare la teoria del “falso innocuo” essendo la stessa incompatibile con l’obbligo dichiarativo posto dal cit. art. 38, comma 2, d.lgs. n. 163/2006. Pertanto, l’omissione e/o la falsa attestazione circa l’esistenza di precedenti penali, comporta senz’altro l’esclusione dalla gara in quanto viene impedito alla stazione appaltante di valutarne la gravità.
Il Collegio, inoltre, ritiene che sussistano i presupposti per nominare sin d’ora, per il caso di ulteriore inottemperanza dell’Amministrazione, un Commissario ad acta, ai sensi dell’art. 5 sexies, comma 8, della legge n. 89 del 2001, nella persona del Responsabile pro tempore dell’Ufficio X della Direzione Centrale dei Servizi del Tesoro del Dipartimento dell’Amministrazione Generale, del Personale e dei Servizi del Ministero dell’Economia e delle Finanze, con facoltà per lo stesso di delega ad altro soggetto dotato di adeguata competenza, il quale dovrà provvedere ad istanza di parte, anche in via sostitutiva, previa verifica dell’adempimento dell’obbligo di comunicazione sopra richiamato, entro il successivo termine di giorni 90 (novanta) dalla scadenza del termine già assegnato al Ministero intimato per provvedere al pagamento delle somme ancora dovute alla parte ricorrente, compiendo tutti gli atti necessari, a carico e spese dell’Amministrazione inadempiente.
Tenuto conto del fatto che le funzioni di commissario ad acta sono assegnate a un dipendente pubblico già inserito nella struttura competente per i pagamenti derivanti dall’applicazione della c.d. legge Pinto, l’onere per le prestazioni svolte rimane interamente a carico del Ministero dell’Economia e delle Finanze.