Scoppia il caso sulla pesunta trattativa che avrebbe coinvolto Giorgia Meloni e Elon Musk per l’adozione del sistema Starlink in Italia: la smentita non sembra placare le polemiche.
La Presidenza del Consiglio ha categoricamente smentito la firma di contratti o la conclusione di accordi tra il Governo italiano e SpaceX per l’utilizzo del sistema satellitare Starlink.
Palazzo Chigi ha precisato che le interlocuzioni con SpaceX rientrano nei normali approfondimenti con aziende specializzate in connessioni protette per la crittografia di dati sensibili. È stata inoltre definita “ridicola” l’ipotesi che il tema SpaceX sia stato discusso durante l’incontro con Donald Trump, Presidente eletto degli Stati Uniti.
Nonostante le smentite da parte di Palazzo Chigi, lo scoop di Bloomberg, che ha parlato di trattative avanzate tra l’Italia e l’azienda di Elon Musk per un accordo del valore di 1,5 miliardi di euro per servizi di crittografia governativa e applicazioni militari, ha suscitato un’ondata di reazioni politiche.
La presunta trattativa tra Meloni e Musk per Starlink: infuriano le polemiche politiche
La segretaria del Partito Democratico, Elly Schlein, ha chiesto che Giorgia Meloni riferisca in Parlamento, precisando “Non pensi di cavarsela con qualche riga affidata alle agenzie di stampa e ai giornali amici. Giorgia Meloni e il suo governo vengano immediatamente a riferire in Parlamento sulle trattative con Musk. Se 1.5 miliardi di soldi degli italiani per portare i satelliti del miliardario americano nel nostro Paese è il prezzo che dobbiamo pagare per la sua amicizia noi non ci stiamo, l’Italia non si svende”. Secondo la Schlein, infatti, si tratta di servizi che potrebbero essere garantiti da imprese italiane o europee. I capigruppo dem, Francesco Boccia, Chiara Braga e Nicola Zingaretti, hanno denunciato i rischi di una svendita dei dati sensibili italiani.
Angelo Bonelli, co-portavoce di Europa Verde, ha definito la vicenda un “precedente gravissimo”, sollevando sospetti di possibili favori politici verso Trump e Musk. Matteo Renzi, leader di Italia Viva, ha evidenziato l’impossibilità di un accordo di tale portata senza una gara pubblica, affermando: “Se Musk vuole i soldi dei contribuenti italiani, Meloni deve spiegare perché, come e quando”.
Indiscrezioni e speculazioni
Le indiscrezioni suggeriscono un possibile via libera all’accordo da parte dei servizi di intelligence italiani e del Ministero della Difesa, nonostante le resistenze di alcuni funzionari preoccupati per l’impatto sugli operatori TLC. Questo alimenta perplessità sulle modalità con cui l’accordo sarebbe stato negoziato e approvato.
La visita di Giorgia Meloni a Mar-a-Lago per incontrare Trump ha generato ulteriori speculazioni. Sebbene Musk non fosse presente all’evento, una foto generata con intelligenza artificiale da Andrea Stroppa, referente di Musk in Italia, ha alimentato il dibattito online. Infatti, in un post sul social media X, Stroppa ha condiviso un’immagine raffigurante Trump e Meloni, insieme e con indosso abiti tipici degli antichi romani.
🇮🇹🇺🇸 pic.twitter.com/EJJ1ImzuJU
— Andrea Stroppa 🐺 Claudius Nero’s Legion 🐺 (@andst7) January 4, 2025
Cosa prevederebbe il potenziale accordo?
Ad ogni modo, i dettagli del potenziale accordo per la fornitura di “servizi di telecomunicazioni sicure per le istituzioni” rimangono attualmente non divulgati. Secondo alcune fonti, le trattative sarebbero iniziate a metà del 2023. Sebbene l’argomento non sia stato discusso ufficialmente tra la Premier Meloni e Trump, l’incontro a Mar-a-Lago ha stimolato le negoziazioni, con Musk descritto come il “regista occulto” di queste discussioni.
Secondo quanto riportato da Bloomberg, l’accordo avrebbe una durata di cinque anni e non sarebbe legato al servizio commerciale di Starlink, già attivo in Italia per la connettività domestica tramite satelliti. Il progetto da 1,5 miliardi di euro, considerato il più significativo del suo genere in Europa, prevede la fornitura di un pacchetto completo di connessione crittografata per i servizi di comunicazione utilizzati dal Governo, dall’esercito e dalle forze dell’ordine italiane.
Il piano include:
- copertura di comunicazione sicura: un sistema di comunicazione protetta per l’intera area del Mediterraneo;
- servizio Direct-to-Cell: un sistema di emergenza che garantirebbe la connettività diretta tra satellite e smartphone, utile in situazioni critiche come attacchi terroristici o disastri naturali. Questa tecnologia è attualmente in fase beta, in collaborazione con T-Mobile e richiede l’uso di smartphone di ultima generazione.
Secondo Bloomberg, inoltre, il governo italiano starebbe comunque considerando alternative all’accordo con SpaceX, come l’utilizzo del servizio IRIS², una rete di 290 satelliti in fase di sviluppo nell’Unione Europea, o l’idea di creare una propria costellazione satellitare. Tuttavia, entrambi i progetti comporterebbero investimenti superiori ai 10 miliardi di euro, un costo significativo per le finanze pubbliche italiane.
Gli interrogativi sull’accordo tra Governo italiano e SpaceX
Il potenziale accordo tra il Governo italiano e SpaceX solleva interrogativi di fondamentale importanza riguardo alla sicurezza delle informazioni sensibili del nostro Paese e alla sovranità tecnologica. L’idea di delegare la gestione di dati critici a un’entità straniera non può che generare preoccupazioni.
L’Italia possiede, infatti, significative eccellenze nel settore aerospaziale, come Leonardo S.p.A., un attore di rilevanza internazionale che potrebbe fornire soluzioni tecnologiche adeguate a garantire la sicurezza nazionale. In questo contesto, la scelta di avvalersi di un imprenditore statunitense piuttosto che di aziende italiane o europee appare non solo discutibile, ma potenzialmente rischiosa, poiché alimenta una dipendenza tecnologica esterna che potrebbe compromettere la nostra autonomia decisionale in ambiti critici.
Tale scelta, per quanto apparentemente vantaggiosa sul piano economico, potrebbe rivelarsi un errore strategico di portata rilevante, ponendo a rischio non solo la sicurezza delle informazioni, ma anche l’intera architettura della nostra sovranità digitale.
È, dunque, indispensabile una riflessione approfondita su queste dinamiche, affinché l’Italia possa evitare di svendere il proprio patrimonio tecnologico e garantire una gestione delle proprie infrastrutture critiche in linea con gli interessi nazionali e con le normative europee. L’interrogativo che sorge in questo contesto è: non sarebbe stato preferibile puntare sulle capacità delle aziende italiane, piuttosto che intraprendere un accordo con un imprenditore statunitense?