spreco-alimentareMentre aumentano i costi dello spreco alimentare in Italia, si moltiplicano le iniziative e buone pratiche messe in campo.


Lo spreco alimentare è un fenomeno globale che riguarda l’utilizzo inefficiente delle risorse destinate all’alimentazione. Un fenomeno particolarmente significativo anche in Italia che da anni viene  contrastato con iniziative ad ampio spettro messe in campo dalle istituzioni politiche, amministrazioni locali, associazioni di categoria, società civile.

Spreco alimentare in Italia: i dati

Il 5 febbraio scorso è stata la Giornata nazionale per la prevenzione dello spreco alimentare e, stando agli ultimi dati forniti dal Rapporto ‘Il caso Italia’ dell’Osservatorio Waste Watcher International, la situazione in Italia è peggiorata con ben 13 miliardi di cibo che viene buttato. Rispetto a un anno fa lo spreco alimentare è aumentato dell’8,05%, per un costo l’anno a famiglia di 290 euro  (126 euro procapite). Dal rapporto emerge che si spreca di più nelle città e nei grandi Comuni (+ 8%) e meno nei piccoli centri e a buttare più cibo sono le famiglie senza figli (+ 3%) e i consumatori a basso potere d’acquisto (+17%); un fenomeno più accentuato al Sud (+ 4% rispetto alla media nazionale) e meno a Nord (- 6%).

Cosa fare dunque per invertire queste tendenze?

Le proposte per contrastare questo fenomeno

E’stata presentata lo scorso 10 gennaio dal On. Gatta la proposta di legge per l’”Obbligatorietà della doggy bag” con l’obiettivo dichiarato di contrastare lo spreco alimentare, come previsto dall’Agenda ONU 2030. Lo scopo non è semplicemente di obbligare i ristoranti a mettere a disposizione dei clienti contenitori per portare a casa i resti del pasto (con sanzioni minime tra i 25 e i 125 euro «con scopo educativo, non vessatorio» in caso di mancato rispetto) ma sensibilizzare verso nuove abitudini di consumo, dentro e fuori casa. In buona sostanza, si rende obbligatorio quel che in gran parte dei ristoranti si verifica già, in modo volontario.

Eppure che manchi una cultura ed una sensibilità diffusa verso questo tema emerge dall’indagine presentata recentemente da Fipe Confcommercio e Comieco secondo la quale solo il 15,5% degli italiani porta a casa il cibo non consumato durante un pranzo o una cena al ristorante percentuale che scende addirittura all’11,8% se consideriamo il vino.

Diversi Comuni in linea con la legge Gadda 166/2016 (Antisprechi) riconoscono alle attività commerciali e industriali che producono o distribuiscono beni alimentari e che li cedono, a titolo gratuito, un abbattimento della parte variabile della tariffa sui rifiuti. Una finalità, quella perseguita a livello territoriale, che incentiva grandi e piccole imprese a donare prodotti di prima necessità rimasti invenduti o inutilizzati promuovendo un’economia di tipo circolare.

Accanto a tali incentivi, il legislatore ha poi previsto la facoltà per i Comuni di applicare un coefficiente di riduzione della tariffa sui rifiuti proporzionale alla quantità, debitamente certificata, di beni e prodotti ritirati dalla vendita e oggetto di donazione (articolo 17, legge 166). Tra i Comuni virtuosi che hanno scelto di incentivare la cultura del dono vi sono, ad esempio, le città di Milano, Bergamo, Varese, Roma, Messina e Lecce che prevedono una riduzione della Tari basata sulla parte variabile con percentuali differenti.

Le buone pratiche nei comuni

Oltre a sgravi, incentivi e premialità, esistono poi iniziative che intervengono sugli aspetti pratici legati al recupero e alla redistribuzione del cibo.

Il comune di Pesaro ha assegnato in comodato gratuito alla Fondazione Banco Alimentare Onlus, un furgone refrigerato anti spreco  per aumentare il recupero giornaliero di cibo e la sua redistribuzione a enti caritatevoli e a famiglie indigenti. Lo scopo è ridurre gli sprechi, sensibilizzare alla tutela dell’ambiente, sostenere le famiglie in difficoltà.

Potenza invece si sta concentrando sull’educazione alimentare introducendo prodotti locali a chilometro zero nei menu delle mense scolastiche. A Carpi (Modena), il progetto “Il pane in attesa” si ispira al concetto del “caffè sospeso”, consentendo ai clienti di donare il pane in eccesso.

In provincia di Ancona, 14 comuni stanno collaborando con aziende e associazioni per fornire cibo a quasi 2.500 persone bisognose, compresi bambini e donne.

In tante province di Firenze sono molti i progetti attivi per recuperare cibo in eccesso. A Collegno e Grugliasco (Torino), il progetto “Fa bene” consente ai cittadini di accedere a cibo fresco in cambio di attività di “restituzione”, promuovendo la solidarietà tra commercianti e acquirenti.  A Valsamoggia (Bologna) è stata introdotta nelle scuole la family bag: a 1600 alunni sono stati distribuiti 1600 zainetti di cotone e un vademecum per portare a casa il cibo avanzato dalla mensa scolastica.

Le iniziative dei privati

Ma nel  recupero del cibo anche i privati giocano un ruolo importante. L’azienda Too Good To Go, che si occupa della diminuzione delle eccedenze alimentari, grazie alla sua app offre la possibilità agli esercenti di salvare il cibo invenduto e agli utenti di usufruire di tale cibo a prezzi super scontati.

Per regolarsi in maniera più consapevole rispetto a quanto cibo sprechiamo nelle nostre case, è stata creata dall’Università di Bologna  l’app Sprecometro (gratuitamente scaricabile su IoS e Android), pensata appositamente per permetterci di calcolare la quantità di cibo che sprechiamo ogni giorno e l’impatto che questa spreco ha sull’ambiente. Va ricordato infatti che lo spreco alimentare è causa di circa il 10% delle emissioni di gas serra totali.

Dal punto di vista della comunicazione, si distingue la campagna permanente Spreco Zero, nata nel 2010 per sensibilizzare sul tema dello spreco alimentare. Promossa da Last Minute Market (a cui aderisce anche Masterchef Italia, donando tutto il cibo in eccesso dopo le puntate) e realizzata in stretta partnership con il Ministero dell’Ambiente. Sul sito Spreco Zero è possibile trovare ma anche segnalare iniziative, informazioni, attività legate al contrasto dello spreco alimentare.

Insomma esistono tante azioni e modalità per contribuire alla riduzione dello spreco alimentare. Comuni, Istituzioni, imprese, associazioni, ristoratori, esercenti, cittadini, sono tutti chiamati a fare la propria parte per favorire una più equa redistribuzione del cibo verso i più bisognosi ma anche per rendere più salubre e vivibile  l’ambiente in cui viviamo promuovendo la sostenibilità come gesto quotidiano.

 


Fonte: articolo di Francesca Liani