cullaPer il 62% dei medici specialisti i pazienti non sono adeguatamente informati sui problemi di infertilità e sterilità, e sulle tecniche di procreazione medicalmente assistita. Per il 76% la legge 40/2004 andrebbe modificata: troppe differenze sul territorio. I bambini concepiti in provetta venuti alla luce sono stati 9.800: +169% in sette anni

 

Il nostro Paese è afflitto dal grave problema della bassa natalità: è l’opinione diffusa tra l’88,7% di ginecologi, andrologi e urologi. E la scarsa propensione degli italiani ad avere figli è ricondotta principalmente a motivazioni economiche (75,3%). Il 75% degli specialisti è convinto anche che la crisi economica scoraggi le coppie che devono ricorrere alla procreazione medicalmente assistita. È quanto emerge da una ricerca del Censis, realizzata in collaborazione con la Fondazione Ibsa, su un campione di medici specialisti (ginecologi, andrologi e urologi).

 

Le coppie trattate in Italia con tecniche di procreazione medicalmente assistita erano 54.458 nel 2012 (ultimo dato ufficiale disponibile): +77% rispetto alle 30.749 del 2005. Nel 23,2% dei casi si arriva alla gravidanza. I bambini concepiti in provetta venuti alla luce sono stati 9.818 nel 2012: +169% rispetto ai 3.649 del 2005.

 

La metà degli specialisti consultati dal Censis ritiene che i problemi di infertilità colpiscano il 20-30% delle coppie italiane, a fronte delle stime dell’Organizzazione mondiale della sanità che parlano del 10-15%. Ed è certo che i problemi di infertilità e sterilità siano aumentati rispetto al passato: lo pensa il 91,3% dei medici interpellati.

 

La metà degli specialisti ritiene che una coppia dovrebbe iniziare a preoccuparsi tra i 12 e i 24 mesi dopo i primi tentativi di concepimento. Ma il 36% ritiene che bisognerebbe preoccuparsi prima, trascorsi da 6 a 12 mesi dai primi tentativi. Per il 4,7% è utile anticipare entro i 6 mesi, per il 9,3% aspettare almeno 2 anni. Tra la popolazione, invece, sale al 44% la percentuale di chi ritiene che si debba attendere oltre 2 anni dai primi tentativi prima di preoccuparsi. Secondo poco meno della metà degli specialisti, l’età in cui una donna che aspira a essere madre dovrebbe iniziare a preoccuparsi è oltre i 35 anni.

 

La maggioranza del campione individua dopo i 25 anni l’età giusta per iniziare a effettuare esami di screening dell’infertilità (l’impossibilità di portare a termine la gravidanza con la nascita di un bambino sano) e sterilità (l’incapacità a concepire). Il 77,3% si dice favorevole all’attivazione di programmi regionali e nazionali per lo screening dell’infertilità delle donne, mentre è favorevole allo screening per gli uomini una percentuale ancora più alta e pari all’81,3%.

 

I pazienti con problemi di infertilità sono seguiti in quasi la metà dei casi privatamente (46,6%), il 39,7% in strutture pubbliche e il 13,7% sia nel pubblico che nel privato. Quasi il 75% degli specialisti ritiene che le coppie con problemi di infertilità tendano a consultare più di uno specialista prima di affidarsi alle cure di quello scelto alla fine. Il 62% degli specialisti giudica i propri pazienti poco o per nulla informati sia sui problemi di infertilità e sterilità, sia sulle tecniche di procreazione medicalmente assistita.

 

I ginecologi, andrologi e urologi sono concordi nel sottolineare l’importanza della legge 40/2004 sulla procreazione medicalmente assistita (89,3%). Ma evidenziano la presenza di rilevanti differenziazioni territoriali nell’applicazione della legge. L’88,7% dei medici sottolinea che non in tutte le regioni italiane è assicurato lo stesso livello di qualità nei trattamenti per la procreazione medicalmente assistita e che, nonostante le dichiarazioni di principio, non in tutte le regioni è assicurata la gratuità dell’accesso alle cure per la Pma (83,3%). In Italia il 54% dei centri in cui si può effettuare la Pma iscritti al registro nazionale sono privati, e la percentuale arriva al 69% al Sud. Il 76% degli specialisti è d’accordo con una revisione della legge 40/2004. L’aspetto che andrebbe modificato prima di tutto riguarda la possibilità di offrire effettivamente alle coppie la possibilità di accedere all’eterologa (60,5%).

 

«La Fondazione Ibsa ha fortemente voluto questa seconda ricerca sulla infertilità che va idealmente ad affiancarsi a quella svolta l’anno scorso sulla popolazione tutta. Ci siamo posti la domanda sul vissuto dell’infertilità da parte di chi ne viene a contatto ogni giorno, quindi degli specialisti. E anche stavolta sono stati molti gli spunti interessanti e anche sorprendenti, a dimostrazione che molto spesso la realtà quotidiana è fonte di informazioni preziose troppo spesso sottovalutate. Come, ad esempio, la richiesta forte e univoca di attivare quanto prima programmi di screening dell’infertilità e sterilità, nazionali e regionali, sia per le donne che per gli uomini», ha detto Giuseppe Zizzo, Segretario della Fondazione Ibsa. «Un altro elemento che dimostra quanto l’infertilità crescente sia una reale criticità in Italia è l’appello degli specialisti affinché aumenti nella popolazione la consapevolezza sul problema, sia attraverso un confronto più allargato con il proprio ginecologo ben prima di decidere di avere un figlio, sia con un atteggiamento proattivo e di counseling di prima linea anche su questi temi da parte dei medici di medicina generale. L’auspicio della Fondazione Ibsa è che questi dati e le ricerche realizzate con il Censis siano un altro passo proprio in questa direzione, per una maggiore consapevolezza e informazione», ha concluso Zizzo.