Licenziamento per scarso rendimento: la Cassazione, con la Sentenza 2018, n. 31763, si pronuncia sul tema in maniera sorprendente.
La vicenda processuale tra origine dal licenziamento intimato ad una dipendente che era stata assente per brevi ma ripetuti periodi di malattia (157 giorni) senza, tuttavia, superare il periodo di comporto stabilito dal CCNL applicato, avendo ciò inciso in maniera negativa sull’organizzazione aziendale.
Secondo la Sentenza, mentre lo scarso rendimento è caratterizzato da inadempimento, pur se inconsapevole, del lavoratore, non altrettanto puo’ dirsi per le assenze dovute a malattia e la tutela della salute e’ valore preminente che ne giustifica la specialita’ (cfr. Cass. n. 15523/2018).
Solo il superamento del periodo di comporto, in un’ottica di contemperare gli interessi confliggenti del datore di lavoro (a mantenere alle proprie dipendenze solo chi lavora e produce) e del lavoratore (a disporre di un congruo periodo di tempo per curarsi senza perdere i mezzi di sostentamento e l’occupazione), e’ condizione sufficiente a legittimare il recesso e, pertanto, non e’ necessaria, nel caso, la prova del giustificato motivo oggettivo, ne’ della impossibilita’ sopravvenuta della prestazione lavorativa, ne’ quella della correlativa impossibilita’ di adibire il lavoratore a mansioni diverse.
Il giustificato motivo di licenziamento si pone, pertanto, in contrasto con la corretta applicazione dell’articolo 2110 c.c. che della L. n. 604 del 1966, articolo 3 rispetto ai quali non assumono rilievo le contestazioni fondate su una presunta eccessiva onerosita’ delle condizioni del rapporto contrattuale in relazione alla esistenza di un numero elevato di assenze discontinue per malattia.
La Cassazione dunque, censura la decisione della Corte d’Appello.
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