La Corte di giustizia dell’Unione Europea si schiera in sostegno della libertà di stampa: ecco quanto ribadito in una recente occasione di pronunciamento su una disputa e richiesta danni per diffamazione.
L’occasione colta dalla Corte Europea per ribadire la necessità di tutelare, anzi incentivare il giornalismo di inchiesta e di approfondimento, viene da una recente sentenza della Giustizia spagnola che aveva condannato nel 2006, l’editore di Le Monde e il giornalista firmatario dell’articolo, al pagamento di 390 mila euro a favore del Real Madrid e di 33 mila euro per un membro del suo staff medico, a seguito di una richiesta danni per diffamazione.
Nel pezzo ‘incriminato’ e poi contestato fino al tribunale si denunciavano connessioni ‘sospette’ tra il Real Madrid e un’organizzazione che gestiva attività e traffico di doping nel ciclismo.
La Corte d’appello di Parigi nel 2020, alla quale la società si era rivolta chiedendo il pagamento della somma imputata aveva però negato l’esecuzione di questa condanna sottolineando che avrebbe avuto un pericoloso effetto dissuasivo sulla libertà di stampa.
La Corte Europea si pronuncia a favore della libertà di stampa
In completa linea con questo solco tracciato dalla corte Francese si è mossa la Corte Ue che ha di fatto confermato il rigetto della sentenza bloccando l’esecuzione della condanna ed il ricco risarcimento perché ritenuto ‘manifestamente sproporzionato’ rispetto al danno creato alla reputazione della società coinvolta. e al rischio insito in un pronunciamento tanto oneroso, di scoraggiare la stampa nello Stato membro dal trattare argomenti che presentano un legittimo interesse generale.
Una “violazione manifesta della libertà di stampa, tutelata dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea”, si legge nella sentenza che motiva così il non poter dar corso alla sua esecuzione, “tale violazione manifesta della libertà di stampa rientra infatti nell’ordine pubblico dello Stato membro interessato e costituisce un motivo eccezionale di rifiuto di esecuzione”.
Una presa di posizione precisa dunque, a tutela del lavoro di tanti giornalisti, che, come ci piace ricordare sono sempre obbligati dal proprio regolamento professionale a seguire il codice deontologico tracciato dall’Ordine, che impone linee guida serie e chiare, tra le altre incombenze, solo per citare alcuni esempi, il controllo della veridicità della notizia, un approfondimento sulle diverse voci e sui diversi attori coinvolti nel consenso e nel dissenso, il diritto di replica, il controllo delle proprie fonti, la ricerca della verità, il rispetto dei dati e delle informazioni sensibili.
Codice deontologico che guida l’attività solo dei giornalisti e non, purtroppo, di tutte le altre nuove e diffuse professioni della comunicazione, soprattutto digitale, che hanno quale unica bussola la propria coscienza ed il proprio discernimento.
Il testo della sentenza
Fonte: articolo di Rossella Angius