Il Consiglio dei Ministri ha approvato un pacchetto normativo che introduce significative modifiche in materia di cittadinanza italiana e immigrazione irregolare che entreranno in vigore durante il 2025.
Il governo punta così a rivedere profondamente il sistema di acquisizione della cittadinanza, introducendo criteri più restrittivi e incentivando il ritorno dei discendenti italiani. Parallelamente, la riforma dei servizi per gli italiani all’estero e il rafforzamento delle misure contro l’immigrazione irregolare segnano un cambiamento significativo nella politica migratoria e consolare del Paese.
Scopriamone di più e vediamo anche quali sono state le reazioni politiche a questo testo.
- Restrizioni dal 2025 sulla trasmissione automatica della Cittadinanza Italiana
- Riforma del processo di acquisizione e perdita della Cittadinanza
- Riorganizzazione dei servizi consolari
- Nuove misure per il contrasto all’immigrazione irregolare
- Il commento del Ministro Foti
- Le reazioni da parte delle opposizioni
Restrizioni dal 2025 sulla trasmissione automatica della Cittadinanza Italiana
Un decreto-legge approvato dal governo stabilisce nuovi criteri per il riconoscimento della cittadinanza iure sanguinis. Sebbene il principio della trasmissione per discendenza rimanga in vigore, viene introdotto un limite generazionale: la cittadinanza automatica sarà garantita solo ai figli e ai nipoti di italiani. Per ottenere il riconoscimento, sarà necessario dimostrare un effettivo legame con il Paese, che si concretizza attraverso la residenza in Italia per almeno due anni da parte di uno dei genitori prima della nascita del figlio.
Queste nuove restrizioni si applicano esclusivamente a chi possiede un’altra cittadinanza, evitando situazioni di apolidia. Sono inoltre garantiti i diritti acquisiti per coloro che hanno già ottenuto il riconoscimento della cittadinanza e per chi ha presentato domanda entro il 27 marzo 2025.
Parallelamente, vengono introdotte nuove norme per la gestione delle controversie sulla cittadinanza e sull’apolidia. Il richiedente dovrà dimostrare con prove documentali la sua idoneità a ottenere la cittadinanza, senza possibilità di ricorso a testimonianze o giuramenti.
Riforma del processo di acquisizione e perdita della Cittadinanza
Oltre al decreto-legge, il governo ha approvato un disegno di legge che amplia le disposizioni sulla cittadinanza, introducendo il principio del “legame effettivo” come condizione essenziale per l’acquisizione e il mantenimento dello status di cittadino italiano.
Tra le novità principali, si prevede che i discendenti di italiani nati all’estero dovranno registrare il proprio atto di nascita in Italia entro i 25 anni di età. In caso contrario, sarà presunta la mancanza di un vincolo con il Paese, rendendo impossibile la richiesta di cittadinanza.
Viene inoltre introdotta la possibilità di perdita della cittadinanza per “desuetudine”. Gli italiani nati all’estero che non risiedono in Italia e che per almeno 25 anni non esercitano alcun diritto o dovere connesso alla cittadinanza potranno perderla automaticamente, salvo prova contraria.
Per favorire il ritorno dei discendenti di italiani, sono previste agevolazioni per l’acquisizione della cittadinanza da parte di chi risiede in Italia per un periodo minimo di due anni. Inoltre, i coniugi di cittadini italiani potranno ottenere la cittadinanza solo se residenti in Italia.
Vengono infine fissati in 48 mesi i tempi massimi per il riconoscimento della cittadinanza, introducendo criteri più chiari per la trasmissione della cittadinanza per via materna ai nati dopo il 1° gennaio 1927.
Riorganizzazione dei servizi consolari
Un ulteriore disegno di legge mira a riformare l’erogazione dei servizi per gli italiani all’estero. In particolare, le richieste di cittadinanza non saranno più gestite dai consolati, ma da un ufficio centralizzato presso il Ministero degli Affari Esteri. Per agevolare la transizione, è previsto un periodo di adeguamento di un anno, durante il quale i consolati continueranno a trattare un numero limitato di richieste.
Questa riorganizzazione è finalizzata a rendere più efficienti le procedure, consentendo alle rappresentanze consolari di concentrarsi su altri servizi essenziali per i cittadini, come il rilascio di passaporti e carte d’identità. Sono inoltre previste misure per migliorare l’assistenza alle imprese italiane operanti all’estero.
Nuove misure per il contrasto all’immigrazione irregolare
Oltre alle riforme sulla cittadinanza, il governo ha approvato un decreto-legge volto a rafforzare i controlli sull’immigrazione irregolare. Le nuove norme prevedono il potenziamento delle strutture in Albania, frutto dell’accordo bilaterale siglato nel novembre 2023. Questi centri saranno utilizzati non solo per accogliere migranti soccorsi in mare, ma anche per trasferire individui trattenuti nei Centri di Permanenza per il Rimpatrio (CPR) in Italia.
Le autorità italiane avranno il potere di assegnare i migranti ai CPR più vicini e, in caso di necessità, disporne il trasferimento in strutture analoghe, comprese quelle albanesi. L’obiettivo è velocizzare le procedure di espulsione e garantire una gestione più efficiente dei flussi migratori irregolari.
Il commento del Ministro Foti
“Il decreto legge approvato dal governo Meloni, che rafforza l’accordo con l’Albania sull’immigrazione ampliando l’uso del Centro per rimpatri (CPR) di Gjader, rappresenta un significativo passo avanti nel contrasto all’immigrazione irregolare. La misura consente l’utilizzo della struttura già esistente in Albania non solo per il trasferimento di migranti a seguito di operazioni di soccorso in mare, come previsto inizialmente, ma anche per chi è destinatario in Italia di un provvedimento di espulsione e trattenimento. Un segnale chiaro da parte del governo Meloni: tolleranza zero verso l’immigrazione clandestina. Questo provvedimento – che rappresenta un modello preso da esempio in Europa – segna un cambio di passo netto rispetto alle fallimentari politiche del passato e rafforza il ruolo sempre più centrale dell’Italia nel contesto europeo”. Così in una nota il ministro per gli Affari europei, le Politiche di coesione e il PNRR, Tommaso Foti.
Le reazioni da parte delle opposizioni
Dure le reazioni da parte delle opposizioni.
“Ora verranno a raccontarci che serviranno comunque per mandarci persone che sono già in Italia ma colpite da provvedimento di rimpatrio. La normativa europea vigente non consente di delocalizzare un centro di rimpatri in un Paese terzo. Inoltre il protocollo prevede che solo una piccola parte dei centri albanesi possa essere utilizzato come CPR, quindi per convertirli bisognerebbe comunque rivedere il protocollo con l’Albania e la legge. Dire che questa conversione non avrebbe costi maggiori è ridicolo. In ogni caso uno dei due centri, a Shengjin, non è attrezzato per alloggi e quindi sarebbe già da buttare.” Così la segretaria del Pd Elly Schlein.
“Attualmente il governo non può portare in Albania persone già ospitate dai Cpr presenti in Italia. Per farlo deve riscrivere il Protocollo con l’Albania e farlo approvare dai parlamenti dei due Paesi. Inoltre, non potrebbe mai rimpatriarli direttamente da lì. Basta con questo accanimento su un progetto fallimentare che già ha sprecato un miliardo di euro degli italiani e che se riconvertito comporterebbe altri sprechi oltre a essere del tutto inutile per la gestione del dossier immigrazione“. Lo afferma il deputato M5S Alfonso Colucci, capogruppo in commissione Affari Costituzionali.