Il più grande problema delle società civilizzate è il “sovraffollamento delle carceri”, delle nostre carceri, dove siamo sia prigionieri che vigilanti, per cui diventa difficile evadere, visto che conosciamo le nostre mosse, anche se l’unica salvezza sta nell’evasione.

Prigionieri dei nostri condizionamenti, creati da noi stessi, singolarmente o attraverso la nostra organizzazione sociale, che costruisce una realtà piena di trappole a cui noi stessi rimaniamo intrappolati.

Trappole

Trappole di illusioni e percezioni autoreferenti, che incastrano uomini-prigionieri nel consenso degli altri e nella paura, inibendo il resto.

Organizzazioni sociali che diventano trappole come buchi neri che assorbono energie, dove non si distingue bene il rapporto tra individuale e collettivo, che limita le libertà della nostra psiche.

Il bisogno dell’approvazione sociale è una delle prigioni, perché esiste il bisogno innato degli altri e il bisogno di qualcosa di nuovo, per percepire un’evoluzione, un progredire della vita, che scontrandosi con il contesto sociale, significa anche nuotare nella merda, se questa è cosparsa di banconote, in modo da migliorare la nostra posizione contrattuale.

L’egoismo

Nel contempo, diventiamo impostori, facendo finta di essere qualcosa che non siamo, cercando di sedurre con menzogne, pretendendo di essere apprezzati per quello che siamo o che non siamo, cosa che esige uno sforzo di ipocrisia costante 24 ore su 24, riuscendo a fare pose anche di spontaneità. Per questo non sopportiamo l’ingratitudine, perché ci aspettiamo sempre un riconoscimento dagli altri, arrivando alla depressione se questo non accade o accettando di buon grado la moneta falsa dell’adulazione.

Prigioni supersicure come Alcatraz, costruite con i muri della morale, che non è altro che la regolamentazione egoista della nostra civiltà, quell’egoismo individuale innato che viene annacquato dall’egoismo collettivo, non per niente la generosità e l’altruismo bisogna insegnarli, sempre all’interno delle regole sociali, senza spingersi oltre, per non rischiare di essere derisi come sprovveduti.

Pertanto, riusciamo a infastidirci per piccolezze, come un piccolo diverbio di lavoro o di famiglia, ed essere indifferenti per le stragi. Quell’egoismo adesso ancora più marcato, che segna il confine fra uomo e uomo con il distanziamento sociale, quella grande mistificazione e incomprensibile contraddizione dei nostri tempi, dove l’egoismo e la paura si spaccia per tutela e protezione degli altri, come ogni “buon cristiano” difende prima di tutto la sua anima e la sua salute, essendo disposti per questo, anche a sperimentare i farmaci che un giorno saranno usati per cani e gatti.

Evadere dalle nostre prigioni

L’unico modo per evadere dalle nostre prigioni, solide e ben fortificate dalle nostre paure, è il trovare la ragione delle cose, ossia il ragionamento, per evitare che non trovando la causa e la ragione delle cose, si dia la colpa alla sfiga, al fato e a Dio, perché non accettiamo e non reggiamo alla frustrazione di aver pensato in modo ottuso.

Noi siamo condizionati, in base alla nostra cultura ed educazione, ma non conoscendo e accettando il nostro condizionamento, pensiamo che sia tutta farina del nostro sacco.

Invece bisogna elevarsi e guardarsi dal di fuori e dall’alto per uscire da questa condizione. Noi siamo liberi quando non abbiamo nessun attaccamento ad immagini di noi, perché se dobbiamo per forza difendere la nostra immagine e la nostra posizione, siamo prigionieri del condizionamento che ci siamo costruiti nel doverci difendere, per mantenere quella immagine che ci siamo costruiti. Rimanere prigionieri di questo è idiozia. Capire e sorridere dei propri errori diventa fondamentale.

Se pensiamo di dover compiacere gli altri, quando un giorno la nostra coscienza andrà alle votazioni, andando in maggioranza, può saltare il banco e a quel punto potranno scaturire quelle ossessioni che fanno disperdere energia, ammalandosi di paranoia, innamorandosi delle proprie catene o invece riuscire a capire che il grande scopo della vita è quello di togliere il nostro destino dalle mani degli altri e tentare la fuga. La libertà non è una cosa che qualcuno ci regala, ma si deve volere e conquistare, quel lusso che non tutti si possono permettere.

Senza un ragionamento che parta, per quanto possibile, da una tabula rasa, cancellando i vincoli che la società ci fa percepire, restringendo la libertà come qualcosa che sta tra il vietato e il consentito, non ci potremo permettere di annodare le lenzuola e calarci dal muro di cinta e darci alla fuga.

 


Fonte: articolo di Roberto Recordare