L’APe sociale cesserà in caso di conseguimento della pensione anticipata o di raggiungimento dei requisiti per la pensione di vecchiaia?
Lo precisa l’Inps nelle Faq pubblicate il mese scorso in cui vengono analizzate alcune particolarità della misura che accompagna alla pensione i soggetti ultra 63enni in condizione di difficoltà. All’istituto era stato fatto presente che tra i motivi di decadenza, il comma 183 dell’articolo 1 della legge n. 232/2016, prevede che il beneficiario decade dal diritto all’indennità nel caso di raggiungimento dei requisiti per il pensionamento anticipato, mentre il decreto 88/2017, all’articolo 8, comma 2, ha stabilito che il titolare dell’aoe sociale decade dal diritto all’indennità, alla data di decorrenza del trattamento di pensione anticipato.
Le sedi territoriali avevano, pertanto, chiesto conferma circa il fatto che la decadenza si applica solo dalla decorrenza della pensione, cosicché verrebbe garantito all’assicurato che la pensione possa essere erogata senza soluzione di continuità con l’APE, nel caso di ritardo nella presentazione della domanda rispetto alla maturazione dei requisiti. L’Inps ha confermato l’interpretazione data nel decreto attuativo più favorevole per gli interessati. Pertanto in caso di maturazione dei requisiti per un altro trattamento pensionistico (es. pensione anticipata o pensione a 64 anni) il percettore dell’ape sociale non decadrà dall’indennità fino a che non abbia presentato la relativa domanda ed abbia conseguito il trattamento stesso.
In ogni caso la prestazione si interromperà alla data di raggiungimento del requisito anagrafico previsto per l’accesso alla pensione di vecchiaia (di regola pari a 66 anni e 7 mesi, salvo i successivi adeguamenti alla speranza di vita). Pertanto il pagamento dell’ape sociale (salvo che non intervengano ipotesi di decadenza dal beneficio) cesserà automaticamente dal mese successivo alla predetta scadenza “naturale”. A quel punto, dunque, il lavoratore dovrà necessariamente produrre domanda di pensione di vecchiaia per non restare con un vuoto economico tra la fine dell’ape e l’andata in pensione.
Tra i chiarimenti forniti dall’Inps uno riguarda la questione delle lavoratrici con contribuzione mista che maturano l’età pensionabile nel periodo nel quale questa è ancora diversificata (per il 2017). Qualora la lavoratrice abbia la contribuzione sufficiente per il conseguimento del diritto a pensione con un’età anagrafica più bassa, l’Inps ha indicato che si terrà conto di questa per la conclusione dell’APE. Si tratta di una interpretazione penalizzante per le dirette interessate nei casi in cui vi sia contribuzione FPLD e Gestione Pubblici e il requisito di contribuzione sia raggiunto nel FPLD.
Ad esempio una lavoratrice con 65 anni e 7 mesi e 20 anni di contributi nel FPDL e 10 anni nella gestione pubblica perderà l’ape sociale al raggiungimento dei 65 anni e 7 mesi e non al requisito anagrafico più elevato (66 anni e 7 mesi) necessario per l’esercizio del cumulo dei periodi assicurativi. A questo punto la lavoratrice o decide di andare in pensione di vecchiaia con i requisiti previsti nel FPLD avendo già perfezionato il diritto autonomo in tale gestione perdendo però la contribuzione nella gestione pubblica (dato che questa non potrà formare più oggetto di cumulo dei periodi assicurativi nè dare luogo ad una pensione supplementare) oppure dovrà restare per un periodo senza APE e senza pensione in attesa di raggiungere l’età anagrafica (66 anni e 7 mesi) per l’esercizio del cumulo tra le due gestioni. Fortunatamente questo problema è destinato a risolversi a breve dato che dal 2018 l’età pensionabile sarà pari per tutte le lavoratrici.
APE Sociale anche nel 2021: continua la sperimentazione.