La Corte di cassazione, con la sentenza n. 10207 del 18 maggio 2016, dichiara la legittimità dell’accertamento ai fini Iva condotto nei confronti di una società capogruppo per un credito di imposta sorto in testa a una delle società controllate, in virtù del particolare istituto della compensazione Iva di gruppo, secondo cui le società controllate del gruppo perdono la disponibilità dei rispettivi saldi Iva, trasferendo i relativi crediti e debiti d’imposta alla società controllante. Il consolidamento del debito o credito tributario in capo alla società capogruppo, insieme al principio solidaristico che intercorre tra le società controllate e la controllante, rendono legittimo l’accertamento tributario condotto direttamente nei confronti della società madre, senza la necessità di dover risalire al punto dove il credito d’imposta è sorto.
Il caso trattato nella sentenza n. 10207/2016 dalla Corte di cassazione ha per oggetto, come detto, la rettifica della dichiarazione Iva presentata da una società capogruppo, il cui credito di imposta era maturato in capo a una delle società controllate. Detto credito erariale, oggetto di recupero da parte del Fisco, era stato coinvolto in molteplici e repentini trasferimenti di azienda ed era stato disconosciuto dall’Agenzia delle Entrate perché derivante da operazioni effettuate con altre società straniere che non avevano registrato i relativi acquisti.
I difensori della società controllante presentarono ricorso avverso l’avviso di accertamento notificato all’azienda, affidando la pretesa alle cure della Ctp territorialmente di competenza, non trovando però la aspirata soddisfazione. Diametralmente opposto il giudizio della Ctr Lombardia, adita in seconde cure, che ha ribaltato la sentenza di primo grado, aderendo alla tesi della società capogruppo ricorrente, dichiarando che l’Agenzia delle Entrate aveva basato l’accertamento sul rilievo di una prova definitiva, poi venuto a mancare. In sostanza, secondo la Ctr, l’avviso di accertamento era carente della fattispecie sulla quale si sosteneva e che, pertanto, doveva considerarsi privo della necessaria prova della fittizietà del credito Iva contestato e andava accolto il ricorso della società controllante.
L’Agenzia delle Entrate ricorre in Cassazione, evidenziando, di converso, la legittimità del recupero a tassazione dell’Iva indebitamente compensata all’interno del gruppo. Secondo l’Amministrazione finanziaria, gli uffici avevano correttamente emesso l’avviso di accertamento in testa alla capogruppo, evitando di effettuare ulteriori verifiche sulle società controllate. Infatti, secondo il sistema di liquidazione dell’Iva di gruppo, le posizioni Iva delle società controllate, una volta conferite alla controllante capogruppo e da questa dichiarate, divengono componenti della dichiarazione Iva di quest’ultima e, quindi, suscettibili di verifica e di accertamento in capo alla stessa. Da ciò ne deriva che la società capogruppo ha l’obbligo di presentare la dichiarazione dei redditi del gruppo e che le controllate rispondono in solido con la controllante delle somme risultanti dalle proprie dichiarazioni.
Inoltre, l’Agenzia delle Entrate evidenzia che la capogruppo era incorsa nell’abuso di diritto, non rilevato dalla stessa Ctr, avendo utilizzato fraudolentemente gli istituti consentiti dalla legge per ottenere indebiti vantaggi fiscali. Infatti, dall’accertamento fiscale erano emerse molteplici operazioni collegate tra loro, i cui benefici ricadevano proprio sulla capogruppo. La Corte di cassazione, con la sentenza in esame, ha chiarito che la liquidazione dell’Iva di gruppo costituisce una speciale modalità di compensazione, ed eventualmente di rimborso, dell’obbligazione tributaria, espressamente disciplinata con regole che, nel caso di specie, la Ctr ha erroneamente ritenuto non applicabili.
Va ricordato che l’Iva di gruppo è disciplinata dall’articolo 73, comma 3, Dpr 633/1972, il quale stabilisce che le “dichiarazioni delle società controllate” devono essere “presentate dall’ente o società controllante all’ufficio del proprio domicilio fiscale e che i versamenti di cui agli artt. 27, 30 e 33” devono essere effettuati “all’ufficio stesso per l’ammontare complessivamente dovuto dall’ente o società controllante e dalle società controllate, al netto delle eccedenze detraibili”. Chiarisce, inoltre, l’attuale normativa che, per poter considerare una società controllata, oltre metà delle sue azioni o quote devono essere possedute dalla società controllante.
Per quanto concerne l’assolvimento dell’Iva di gruppo, la Cassazione a sezioni unite, con la sentenza 1915/2016, ha evidenziato la peculiarità di questo istituto comportante la perdita, da parte delle società controllate, della disponibilità dei rispettivi saldi Iva e il trasferimento dei relativi crediti e debiti d’imposta alla società controllante, così da consentire alla capofila di compensare i saldi a credito o a debito risultanti dalle liquidazioni periodiche e dalle dichiarazioni annuali proprie e delle società partecipate e di restare, così, l’unico soggetto legittimato al versamento ovvero a effettuare la scelta annuale tra il rimborso o l’accredito nell’anno successivo dell’eccedenza detraibile del gruppo.
Per l’effetto di questo peculiare istituto, si viene a creare un consolidamento dei crediti e dei debiti di imposta delle società partecipanti al gruppo. Ciò comporta un evidente vantaggio finanziario all’interno del gruppo (procedura di rimborso accelerato – cfr, Cassazione 4843/2015 e 28692/2005), che consente di velocizzare il rimborso dell’Iva a credito della controllata per mezzo della compensazione dell’imposta a debito di un’altra controllata, posta anch’essa all’interno del gruppo.
All’atto della dichiarazione annuale Iva, il Dm 13 dicembre 1979, n. 11065, impone alla società capogruppo di presentare agli uffici finanziari anche le dichiarazioni delle società controllate con le dovute sottoscrizioni, allegando, nel contempo, un prospetto analitico con il risultato delle liquidazioni periodiche, sia della società controllante che delle controllate. Pertanto, ai sensi dell’articolo 6 del decreto, le controllate rispondono in solido con la capogruppo delle somme indicate in dichiarazione. Dunque, la peculiarità del sistema della liquidazione dell’Iva di gruppo sta nella compensazione dell’imposta all’interno del gruppo, attuata in capo alla controllante. La dichiarazione della controllante va a creare un tutt’uno con le dichiarazioni delle controllate.
Nel caso in esame, la Corte di cassazione ha chiarito che non può essere affatto condiviso il giudizio della Ctr nel punto in cui sostiene l’illegittimità dell’atto di accertamento perché privo di controllo dei precedenti passaggi del credito di imposta. Infatti, secondo il collegio, non è necessaria la ricostruzione del credito contestato fino ad arrivare alla sua origine, cioè non è necessario ricalcolare il credito in capo alla prima società dove questo si era formato. Ne consegue la legittimità degli atti accertativi posti in essere dai funzionari del fisco che hanno contestato alla capogruppo l’indebita compensazione Iva.