ispezioni, svolgimentoCon sentenza n. 8587/2016, le sezioni unite della Cassazione hanno stabilito che l’autorizzazione della Procura per l’ispezione fiscale può essere impugnata dal professionista soltanto di fronte al giudice ordinario, quando il procedimento non sfocia in un accertamento oppure quando l’atto impositivo non viene contestato. Rientrano invece nella giurisdizione del giudice tributario le controversie concernenti gli ordini di verifiche fiscali impartiti dall’Agenzia delle Entrate, poiché quella tributaria è una giurisdizione a carattere esclusivo.

 

Vicenda processuale

 

Nella sentenza del 2 maggio 2016, n. 8587, si narra che, nel corso di una verifica fiscale presso uno studio legale, veniva opposto il segreto professionale con riguardo alla corrispondenza con i clienti dello studio stesso. A tal fine, i verificatori hanno richiesto l’autorizzazione alla Procura, ai sensi dell’articolo 52, comma 3, Dpr 633/1972, la quale è stata successivamente impugnata dinanzi al Tar e appellata al Consiglio di Stato, i quali però declinavano la propria giurisdizione. In seguito, la vicenda approdava alle sezioni unite che, con sentenza n. 11082/2010, respingendo il ricorso, hanno confermato l’insussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo a favore di quello tributario. Nell’occasione è stato anche precisato che il giudice tributario è competente anche sulla legittimità dell’autorizzazione, nell’ipotesi di impugnazione del provvedimento impositivo conseguente.

 

La causa è quindi ritornata al vaglio del giudice tributario, ove la Commissione tributaria provinciale ha accolto parzialmente il ricorso, annullando il provvedimento di autorizzazione impugnato, mentre la Ctr ha dichiarato nuovamente la propria assenza di giurisdizione, in quanto il provvedimento successivo alla verifica fiscale emesso a carico dello studio non era stato impugnato, con la conseguenza che mancava l’imprescindibile collegamento per azionare la propria giurisdizione.

 

Nel conseguente ricorso per cassazione, lo studio deduceva violazione degli articoli 2 e 19 del Dlgs 546/1992, ritenendo che l’autorizzazione di cui si discute debba considerarsi, alla stregua del precedente esito delle sezioni unite, sempre impugnabile dinanzi al giudice tributario.

 

La decisione

 

Di contrario avviso la Cassazione che, nel confermare la sentenza impugnata, ha posto fine all’annosa controversia. Le sezioni unite, con la sentenza 8587/2016, nell’analizzare il materiale processuale di supporto e dando continuità agli approdi nomofilattici intervenuti sulla materia (sentenze 103/2001, 6693/2003, 6315/2009), ribadiscono la competenza del giudice tributario, ex articolo 2 del Dlgs 546/1992, che ha carattere pieno ed esclusivo e ratione materiae, indipendentemente dal contenuto della domanda e dalla tipologia di atti emessi dall’Amministrazione finanziaria (cfr Cassazione nn. 20889/2006 e 27209/2009). Inoltre, tale giurisdizione si estende non solo all’impugnazione del provvedimento impositivo, ma anche alla legittimità di tutti gli atti del relativo procedimento, ivi compresa l’autorizzazione (articolo 52, comma 3, Dpr 633/1972), sostanzialmente perché l’eventuale giudizio negativo in ordine alla legittimità (formale o sostanziale) su di un atto istruttorio prodromico può determinare la caducazione, per illegittimità derivata, dell’atto finale impugnato, con la conseguenza che gli eventuali vizi di atti istruttori prodromici possono essere fatti valere dinanzi al giudice tributario soltanto in caso di impugnazione del provvedimento che conclude l’iter di accertamento (cfrCassazione, sezione V penale, n. 15230/2001).

 

Infatti, in tema di contenzioso tributario, l’elencazione degli “atti impugnabili”, contenuta nell’articolo 19 del Dlgs 546/1992, pur dovendosi considerare tassativa, va interpretata in senso estensivo, fino a comprendervi “le notizie” o “note” comunicate dall’ufficio che, pur non rivestendo l’aspetto formale proprio di uno degli atti dichiarati espressamente impugnabili, portino comunque a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria, suscitandone l’interesse a chiederne il controllo di legittimità in sede giurisdizionale (cfr Cassazione 16100/2011 e 21392/2012).

 

Nel caso in cui, all’inverso, ed ecco il nodo della questione, l’attività di accertamento non sfocia in un atto impositivo, ovvero quando tale provvedimento non sia impugnato, come nella specie, l’autorizzazione in questione, siccome in ipotesi lesiva del diritto soggettivo del contribuente a non subire verifiche fiscali al di fuori dei casi previsti dalla legge, è autonomamente impugnabile dinanzi al giudice ordinario. Ma non è tutto, in quanto l’inoppugnabilità in sede tributaria non può evidentemente condurre a precludere l’accesso del cittadino alla tutela giurisdizionale ogni qual volta esista un atto che si riveli comunque idoneo, in ragione del suo contenuto, a far sorgere l’interesse ad agire (articolo 100 cpc), come avverrebbe qualora, da un lato, il giudice ordinario correttamente negasse la propria giurisdizione in favore di quello tributario e, dall’altro, quest’ultimo dichiarasse il ricorso improponibile per la non riconducibilità dell’atto stesso all’elenco dell’articolo 19 (cfr Cassazione 3773/2014).