Il ritardo nell’iscrizione del minore all’anagrafe, da parte dei genitori, «non può pregiudicare l’acquisto della cittadinanza italiana quando vi sia in concreto la residenza effettiva». Lo ha stabilito la Corte di cassazione, con la sentenza n. 12380/2017.
L’art. 4 della I. n. 91 del 1992 stabilisce al secondo comma :
“Lo straniero nato in Italia, che vi abbia risieduto legalmente senza interruzioni fino al raggiungimento della maggiore eta’, diviene cittadino se dichiara di voler acquistare la cittadinanza italiana entro un anno dalla suddetta data”.
La condizione dettata dalla norma relativa alla residenza in Italia fino al raggiungimento del diciottesimo anno di età, deve essere interpretata, coerentemente con quanto ritenuto dalla dottrina pressoché unanime, con specifico riferimento all’avverbio “legalmente” come permanenza in Italia non clandestina ovvero in violazione delle norme che regolano l’ingresso, la circolazione e il soggiorno dei cittadini stranieri. L’affacciarsi del fenomeno della migrazione al momento dell’entrata in vigore della legge sulla cittadinanza ha dettato l’esigenza di qualificare come “legale” la condizione costituita dall’ininterrotta residenza, utilizzando un termine del tutto eterogeneo rispetto alla qualificazione normativa della residenza desumibile dall’art. 43 del codice civile o dalle norme processuali sulle notificazioni degli atti. Secondo l’art. 43 la residenza è il luogo della dimora abituale.
Ugualmente, la definizione giuridica di residenza, mutuabile dalle disposizioni processuali sulla notificazione degli atti giudiziari, (artt. 138 e ss. del codice di rito) si fonda sul criterio dell’effettività, da ritenersi prevalente ove provata, sulla residenza anagrafica.
L’incidenza quantitativa del fenomeno dell’errore, a danno dei requisiti dell’acquisto della cittadinanza da parte del minore nato da genitori stranieri e residente in Italia dalla nascita, si è rivelata così frequente da richiedere l’intervento del legislatore. L’art. 33 del d.I. n.69 del 2013, conv. con modif. dalla L. n. 98 del 2013, rivolto proprio alla “semplificazione del procedimento per l’acquisto della cittadinanza per lo straniero nato in Italia” prevede espressamente che:
Ai fini di cui all’articolo 4, comma 2, della legge 5 febbraio 1992, n. 91, all’interessato non sono imputabili eventuali inadempimenti riconducibili ai genitori o agli uffici della Pubblica Amministrazione, ed egli puo’ dimostrare il possesso dei requisiti con ogni altra idonea documentazione.
Mentre gli ufficiali di stato civile sono tenuti al compimento del diciottesimo anno di età a comunicare all’interessato, nella sede di residenza, la possibilità di esercitare il diritto entro il diciannovesimo anno. E, in mancanza, il diritto può essere esercitato anche oltre tale data. In sede di rinvio, dunque, la Corte di Appello bolognese dovrà riesaminare la domanda «alla luce della crucialità dell’accertamento relativo alla residenza effettiva».