Il Consiglio di Stato, con la Sentenza del 07.07.2016 n. 3009, si è pronunciato sull’accertamento di elementi di colpevolezza o di responsabilità nei confronti dei soggetti a cui è rivolta l’interdittiva antimafia.
Le considerazioni espresse dal TAR riguardanti il «profilo sociologico del fenomeno mafioso» ed i principi affermati dalla Cassazione in ordine alle condotte punibili in sede penale, ed in particolare alla necessità del riscontro di un contributo causale alla conservazione o al rafforzamento dell’organizzazione mafiosa, non risultano attinenti all’oggetto della causa.
E’ infatti del tutto diverso e non equiparabile il contesto nell’ambito del quale si pone la valutazione del giudice penale rispetto a quello dell’esercizio dei poteri di contrasto dell’infiltrazione mafiosa, di cui è titolare il Prefetto.
La disciplina legislativa in materia non ha attribuito all’informativa antimafia un carattere punitivo: per l’emanazione della interdittiva non occorre l’accertamento di elementi di colpevolezza o di responsabilità nei confronti dei soggetti a cui è rivolta, trattandosi di una misura di tutela avanzata a presidio dell’ordine pubblico, che ben può basarsi su circostanze esclusivamente rilevanti sul piano oggettivo, aventi valore di elemento indiziario e sintomatico, in base alle quali risulti non illogico ed attendibile l’apprezzamento della sussistenza del pericolo di condizionamento dell’impresa derivante dalla infiltrazione mafiosa.
Un secondo profilo, rispetto al quale la valutazione del TAR non è condivisibile, è quello della considerazione separata degli elementi indiziari, laddove invece l’orientamento della giurisprudenza è pacifico nel senso che si debba operare una valutazione complessiva, valorizzando i collegamenti tra i diversi elementi, anche sulla base di deduzioni logiche basate sul principio del «più probabile che non», alla luce di una regola di giudizio, cioè, che ben può essere integrata da dati di comune esperienza, evincibili dall’osservazione dei fenomeni sociali, qual è, anzitutto, anche quello mafioso.
L’errore di partenza, in ordine ai criteri di valutazione del significato degli elementi riscontrati nei confronti dell’impresa e dei soggetti ad essa in qualche modo collegati, ha condotto il TAR a sottovalutare l’univoco significato indiziario e sintomatico degli elementi evidenziati nell’interdittiva.
In una corretta prospettiva, tali elementi assumono un significato ben diverso da quello, di sostanziale irrilevanza, ad essi attribuito dal TAR.
In allegato il testo completo della Sentenza.